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Trasmissione telematica dei Certificati per malattia, fino al 31 gennaio 2011 le Amministrazioni non contesteranno l'inadempienza ai Medici

Intervista con il dott. Vincenzo Caridi, capo della Direzione centrale delle Risorse umane e, a interim, della Direzione centrale Previdenza dell'INPDAP.

La nuova normativa si applica a tutti i pubblici dipendenti?

Non a tutti: solo al personale ad ordinamento privatistico. La norma non riguarda il personale in regime di diritto pubblico: magistrati, avvocati di Stato, professori universitari, forze armate, forze di polizia, vigili del fuoco, carriera diplomatica e prefettizia. Per tutti costoro resta in uso il tradizionale certificato cartaceo.

Quali medici sono obbligati a utilizzare la trasmissione telematica?

Sono i medici: 1) dipendenti del servizio sanitario nazionale; 2) convenzionati con tale servizio: medicina generale, specialisti, pediatri di libera scelta; 3) liberi professionisti.

E se il lavoratore è ricoverato in una struttura di pronto soccorso o in ospedale?

In questo momento l’applicazione della trasmissione telematica dei certificati di pronto soccorso, ricovero e dimissione presenta alcune criticità, per cui il ministro Brunetta ha disposto che i medici continuino a rilasciare i certificati cartacei. In questi casi è il lavoratore che deve farsi carico di recapitare o consegnare i certificati e gli attestati al l ’amminist razione di appartenenza.

Il certificato ricevuto dal datore di lavoro non indica il tipo di malattia del lavoratore. L’Ente conosce solo la prognosi, cioè quanti sono i giorni di malattia riconosciuti dal medico e basta. Ma questa non conoscenza della diagnosi non crea difficoltà gestionali all’Ente?

In alcuni casi sicuramente sì. Per alcune malattie infatti non è prevista la decurtazione dello stipendio e il dipendente non è tenuto a essere reperibile per le visite medico- fiscali. In queste ipotesi il lavoratore ha tutto l’interesse a che il datore di lavoro applichi correttamente la normativa a lui favorevole e che quindi conosca la natura della malattia.
La circolare ministeriale 2/2010 precisa che in queste evenienze il medico, nell’elaborare il certificato in forma telematica per poi inviarlo all’Inps, debba inserire anche i dati e le informazioni necessarie (nell’apposita finestra dedicata alle “note”) per conoscere la tipologia della malattia.

E debba anche stampare e consegnare copia del certificato cartaceo al lavoratore, cui farà carico di farlo pervenire, entro i termini di legge, all’amministrazione secondo le modalità di sempre: pec, fax, raccomandata, consegna a mano.

In questo modo: a) l’assenza del dipendente dal servizio è giustificata dal documento informatico; b) il regime giuridico dell’assenza è condizionato dalla ricezione del documentocartaceo.
La corrispondenza tra il certificato cartaceo e quello telematico può essere accertata dall’Ente datore di lavoro consultando il sito Inps.

Per i medici che non si attengono alle disposizioni sulla trasmissione telematica scattano sanzioni?

Certamente. L’inosservanza costituisce illecito disciplinare. Se è ripetuta, può giungere:

1) al licenziamento, se si tratta di medici dipendenti del servizio sanitario nazionale,

2) alla decadenza dalla convenzione, se si tratta di medici convenzionati.

Ad esempio, il contratto collettivo nazionale di lavoro del 6 maggio 2010 per la dirigenza medica e veterinaria prevede inizialmente la sospensione dal servizio senza busta paga per un periodo da tre giorni a sei mesi.
Per i liberi professionisti – per i quali la normativa non prevede specifica sanzione – c’è la segnalazione al Consiglio dell’Ordine.
Ma in questi mesi di prima messa a punto della normativa non è facile, per applicare in modo corretto il quadro sanzionatorio, accertare e qualificare eventuali responsabilità del medico. Ed è per questo che il ministro Brunetta, in attesa del collaudo finale del sistema, ha disposto – fermo restando per i medici l’obbligo di trasmettere i certificati in via telematica se le condizioni organizzative e tecniche lo rendano possibile – che le amministrazioni competenti, fino al 31 gennaio del prossimo anno, “si astengano dalla contestazione degli addebiti”.
(B.B.)