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Inpdap: con la Totalizzazione la Pensione si allontana di 18 mesi


La novità introdotta dalla legge 122/2010.

Pensione di Vecchiaia: 20 anni di contributi e 65 anni  d'età (uomini e donne)

Pensione di Anzianità: 40 anni di contributi e qualsiasi età

Chi chiede la pensione con la totalizzazione dei contributi dovrà attendere 18 mesi dopo il raggiungimento del diritto per averla. L’attesa è dovuta alla legge 122/2010 che ha introdotto la finestra (per l’esattezza quella riservata ai lavoratori che vanno in pensione con contributi da lavoro autonomo) in una materia nella quale non c’era mai stata.
L’attesa riguarda i lavoratori che, avendo svolto più attività e versato contributi in diverse Casse di previdenza, devono riunire i versamenti per raggiungere il diritto a una pensione.

Esempio: lavoratore allo Stato per 16 anni (Inpdap), poi all’Inps (17 anni), quindi alla Cassa dottori commercialisti (7 anni). Tenendo separate le assicurazioni non sorge diritto a pensione in nessuna delle tre assicurazioni. Mettendo insieme i periodi (40 anni) si ottiene la pensione da tutte e tre.

Requisiti: Per la pensione di vecchiaia occorre raggiungere almeno 20 anni complessivi di contributi e 65 anni di età (uomini e donne).

Per la pensione di anzianità bisogna avere 40 anni di contributi complessivi, qualunque sia l’età.

Per queste pensioni è necessario un terzo requisito: in ogni ente occorre avere versato almeno tre anni  di contributi. Ed è inoltre necessario che la persona abbia cessato di lavorare in forma dipendente.

Per le pensioni di inabilità e ai superstiti (con i requisiti minimi chiesti dalle leggi) non c’è alcuno stop: le
pensioni decorrono dal mese successivo alla domanda o all’evento.

Il calcolo della pensione. Il vantaggio che si ottiene dalla totalizzazione viene in larga parte mitigato dal sistema di calcolo della pensione “totalizzata”. La norma infatti impone che la pensione venga calcolata solo con il sistema contributivo, anche se l’interessato avrebbe teoricamente diritto al più favorevole sistema retributivo avendo versato almeno 18 anni di contributi entro l’anno 1995.

Si può continuare ad applicare il calcolo retributivo solo se il lavoratore ha raggiunto in un determinato fondo i requisiti minimi per avere tale calcolo. Facciamo l’esempio di un lavoratore che sia stato assicurato con l’Inps per 26 anni; poi abbia vinto un concorso nello Stato e abbia versato contributi Inpdap per altri 14 anni. Ora ha 65 anni e chiede la pensione con il sistemadella totalizzazione (senza di essa non avrebbe diritto alla pensione Inpdap).
Ebbene, la quota di pensione a carico Inps – avendo il soggetto raggiunto l’anzianità minima di 20 anni – viene calcolata con il sistema retributivo. La quota Inpdap con il sistema contributivo.
Se si tratta di pensione di anzianità il calcolo retributivo è possibile solo se l’interessato abbia raggiunto 35 anni di contributi in Inpdapo Inps (per seguire l’esempio di prima).

La domanda. Si fa la domanda di totalizzazione all’ente o cassa di previdenza presso cui il lavoratore da ultimo è stato o è iscritto. Questo ente si fa carico di contattare gli altri per l’esame congiunto della domanda.
Se tutto è okay ogni ente liquida in pro-quota la parte di pensione che gli spetta in base ai contributi ad esso versati. E comunica la quota parte all’Inps per unificare tutti gli spezzoni e fare un unico pagamento mensile.

Chi paga. Paga l’Inps, anche nei casi in cui il lavoratore abbia contributi solo in altre gestioni.

DAL 2011 IL PUBBLICO IMPIEGO PASSA AL TFR, RESTA IL TFS PER I PERIODI FINO AL 2010

Le indicazioni Inpdap sulla legge 122/2010 in materia di trattamento di fine servizio e di fine rapporto.
Il calcolo della liquidazione diventa doppio: vecchie regole (Tfs) fino al 2010, nuove regole (Tfr) dal 2011. Per le anzianità maturate fino al 2010 il calcolo del Tfs resta legato alla retribuzione annua percepita al momento del collocamento a riposo. Per le anzianità maturate dal 2011 si accantona ogni anno il 6,91% della relativa retribuzione.

Apartire dalle anzianità utili maturate dal 1° gennaio 2011 il calcolo dei trattamenti di fine servizio (tfs) del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche si effettua secondo le regole del trattamento di fine rapporto (tfr) con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento.
La nuova disciplina si applica:
1) ai dipendenti delle amministrazioni e degli enti datori di lavoro rientranti nell’elenco di quelli individuati dall’Istat e inseriti nel conto economico consolidato, iscritti all’Inpdap ai fini del tfs, assunti a tempo indeterminato entro il 31/12/2000;
2) al personale in regime di diritto pubblico. Ai lavoratori che hanno al 31 dicembre 2010 un’anzianità utile al pagamento del tfs (nel caso dei lavoratori in regime di diritto pubblico è, ad esempio, sufficiente anche un’anzianità di 6 mesi e un giorno, a condizione che nel corso del 2011 essi compiano almeno un anno di iscrizione a fini tfs) sarà pagata, al momento della cessazione dal servizio, una prestazione costituita dalla somma di due importi:
a) il primo calcolato in base alle modalità previste dalla specifica normativa del tfs sull’anzianità maturata al 31 dicembre2010,
b) il secondo calcolato in base alle regole dettate per il Tfr.

Prima e seconda quota.

Per stabilire la misura dell’indennità di buonuscita e dell’indennità premio di servizio si procede ai seguenti
calcoli.

A - Il calcolo della “prima quota” di tfs, relativa all’anzianità maturata al 31 dicembre 2010, rimane invariato,
continuando ad applicarsi le vecchie disposizioni (Dpr 1032/1973 e legge 152/1968) a seconda che si tratti di una buonuscita o di una indennità premio di servizio (Ips), che individuano quale base di calcolo, la retribuzione contributiva annua percepita al momento del collocamento a riposo ( 1 - retribuzione dell’ultimo giorno di servizio, espressa su base annuale, per l’indennità di buonuscita; 2 - retribuzione degli ultimi dodici mesi di effettivo servizio per l’indennità premio di servizio).

B - Il calcolo della “seconda quota” di Tfs, a partire dalle anzianità maturate dal 1° gennaio 2011, si effettua
attraverso l’applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento alla retribuzione contributiva utile a fini Tfs per ciascun anno di servizio; l’importo risultante viene rivalutato secondo i parametri indicati ogni anno dall’Istat.

Un esempio.

Ad esempio, un dipendente statale assunto a tempo indeterminato il 1° gennaio 1990 e che cesserà dal servizio il 31 dicembre 2030 avrà diritto ad una prestazione di fine servizio calcolata nel seguente modo.

A - “Prima quota”: anzianità dal 1° gennaio 1990 al 31 dicembre 2010 pari a 21 anni. Tfs calcolato sulla base di un 1/12esimo dell’80% della retribuzione utile ai fini dell’indennità di buonuscita, computata su base annuale e comprensiva della tredicesima mensilità, percepita al momento del collocamento a riposo, moltiplicata per 21 anni.

B - “Seconda quota”: anzianità dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2030 pari a 20 anni. Importo risultante
dall’applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento alla retribuzione utile per ciascun anno di servizio; l'accantonamento annuale è soggetto alla rivalutazione prevista dall’art. 2120 del codice civile.

Riscatto periodi o servizi.

1 - I riscatti ai fini Tfs, la cui domanda è presentata successivamente al 31 dicembre 2010 ma relativa a periodi e/o servizi prestati in data antecedente al 1° gennaio 2011 influiscono, ai fini del calcolo degli anni utili, sulla individuazione della “prima quota” Tfs, contribuendo ad aumentare l’anzianità utile.

2 - I riscatti di periodi e/o servizi prestati successivamente al 31 dicembre 2010 hanno l’effetto di trasformare
i relativi periodi in quote di retribuzione da accantonarsi unitamente a quelle calcolate in base alle modalità previste per la “seconda quota” Tfs e da valorizzare nell’anno di presentazione della domanda di riscatto.

Relativamente a quest’ultimo aspetto i mesi riscattati si trasformano in altrettante quote di Tfs che, dalla data della domanda, si rivalutano unitamente agli accantonamenti del 6,91 per cento.

Anni arrotondati.

A - Per il Tfs i periodi superiori a 6 mesi si arrotondano ad anno intero. Questa regola continua ad applicarsi
ai fini dell’individuazione della “prima quota” Tfs. Se nell’anzianità utile al 31 dicembre 2010, comprensiva
dei servizi o periodi riscattati, risulta una frazione di anno superiore a 6 mesi, questa si arrotonda ad anno intero; la frazione uguale o inferiore a sei mesi si trascura. La medesima regola si applica anche ai casi di anzianità superiore a sei mesi al 31 dicembre 2010.

B - Per individuare la “seconda quota” Tfs le frazioni dell’ultimo anno di servizio devono essere proporzionalmente ridotte e l’aliquota del 6,91% è applicata alla retribuzione contributiva utile mensile. Le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni sono calcolate come mese intero.

ETA’ PENSIONABILE: DAL 2015 IL LIMITE DEI 65 ANNI SALE OGNI TRE ANNI

L’aumento triennale riguarda anche le “quote”. Il primo aumento non potrà superare i tre mesi. Gli enti non possono risolvere i rapporti di lavoro con i dipendenti che hanno chiesto la pensione, finchè non si apra la prima “ finestra” utile. La riduzione delle retribuzioni superiori a 90 mila euro annui non riguarda la pensione e i trattamenti di fine servizio.
Dal 1° gennaio 2015 i requisiti di accesso al sistema pensionistico sono adeguati agli incrementi della speranza di vita. Gli adeguamenti - aggiornati ogni tre anni - riguardano:

1 - i requisiti di età e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva (cosiddetto sistema delle quote);

2 - i requisiti anagrafici di 65 anni e 60 anni per la pensione di vecchiaia;

3 - il requisito di 65 anni per la pensione contributiva;

4 - il requisito di 65 anni per l’assegno sociale Inps.

Si inizia con tre mesi. In sede di prima applicazione, l’incremento dei requisiti in vigore, pari all’incremento
della speranza di vita accertato dall’Istat in relazione al triennio di riferimento, non può essere superiore a 3
mesi.
L’adeguamento dei requisiti anagrafici è applicato anche ai regimi sostitutivi dell’assicurazione generale
obbligatoria, agli altri regimi e gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti
nell’assicurazione generale obbligatoria e al personale delle Forze armate, Forze di polizia, il personale del servizio antincendi, e rispettivi dirigenti.

No all’aumento
L’adeguamento non opera per i lavoratori peri quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per il raggiungimento di tale limite di età, quali, ad esempio, controllore del traffico aereo, pilota, operatore radiomisure, esperto di assistenza al volo e meteo.
Servizio prolungato. Dal 2011 la finestra delle pensioni di vecchiaia e anzianità si apre con un “ritardo” di
12 mesi - ovvero 18 mesi per le pensioni il cui diritto è raggiunto con la totalizzazione - dalla maturazione dei
prescritti requisiti.

Al fine di garantire un’adeguata tutela previdenziale ed evitare soluzioni di continuità tra stipendio e pensione,
le amministrazioni e gli enti datori di lavoro mantengono in servizio i dipendenti, che cessano per limiti di età ovvero di servizio, fino alla data di decorrenza del trattamento pensionistico.

Retribuzioni ridotte
La legge 122/2010 stabilisce che, per il periodo dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici complessivi dei pubblici dipendenti che superano 90.000 euro sono ridotti del 5 per cento, per la parte eccedente il predetto importo e fino a 150.000 euro, e del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro.
Per esplicita previsione normativa, questa riduzione non opera ai fini previdenziali (pensione e trattamento di fine servizio). Perciò le amministrazioni e gli enti datori di lavoro sono tenuti a versare i contributi sulle
intere retribuzioni virtualmente spettanti, senza tener conto delle riduzioni operate in busta paga, sia per la parte a loro carico, sia per quella a carico dei dipendenti. E questo discorso vale anche per il contributo
dovuto alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali.

fonte: ilGiornale inpdap novembre

Massimo Gramellini - l'Ultima Riga delle Favole

Tomàs è una persona come tante. E, come tante, crede poco in se stesso, subisce la vita ed è convinto di non possedere gli strumenti per cambiarla. Ma una sera si ritrova proiettato in un luogo sconosciuto che riaccende in lui quella scintilla di curiosità che langue in ogni essere umano. Incomincia così un viaggio simbolico che, attraverso una serie di incontri e di prove avventurose, lo condurrà alla scoperta del proprio talento e alla realizzazione dell'amore: prima dentro di sé e poi con gli altri. Con questa favola moderna che offre un messaggio e un massaggio di speranza, Massimo Gramellini si propone di rispondere alle domande che ci ossessionano fin dall'infanzia. Quale sia il senso del dolore. Se esista, e chi sia davvero, l'anima gemella. E in che modo la nostra vita di ogni giorno sia trasformabile dai sogni.

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Paolo Crepet - Un'anima Divisa

In una piccola città di provincia, dove tutti sanno e nessuno dice, una storia senza tempo che svela l'anima di un mondo condannato. Sara non sa liberarsi da un padre che la detesta. L'illusione della fuga è ciò che le rimane, mentre la sua famiglia di diabolici avvocati, che stringe nel pugno la città intera, celebra la propria dissoluzione. Sara vive la cattiveria, la grettezza, l'aridità di cui sono capaci gli uomini quando si tratta di tenere le donne nel ruolo che per secoli hanno costruito per loro. La storia di Sara ci fa attraversare questo inferno domestico, affascinati da una ragazza che ne porta, con tenerezza e coraggio, le stimmate. Una metafora della cecità del potere.


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CHE FINE HANNO FATTO TRE ANNI LAVORATIVI AI FINI DELL’ANZIANITA’ DI CARRIERA?

Pubblichiamo il comunicato sindacale dei Cobas Scuola Terni sul furto di tre anni nel calcolo dell’anzianità di servizio.
GLI SCATTI DI ANZIANITA’ VERRANNO CORRISPOSTI ANCHE NEL PROSSIMO BIENNIO MA RIMANE IL FURTO DI TRE ANNI LAVORATIVI AI FINI DELL’ANZIANITA’ DI CARRIERA
Prima il segretario generale della CISL Bonanni ed ora la segretaria provinciale della CISL Scuola cantano vittoria e rivendicano all’azione del loro sindacato il merito del ripristino nella scuola degli scatti di anzianità e della progressione di carriera. Ma le cose stanno veramente così?
Il comma 14 dell’art. 8 della finanziaria ha previsto che il (30%) dei cosiddetti “risparmi di sistema” devono essere comunque destinati al settore scolastico e che la destinazione di quelle risorse è stabilita con successivo decreto interministeriale. “Fermo restando qua.....continua a leggere

Nuove norme in materia disciplinare rivolte al personale della scuola (circolare 88 dell'8/11/2010)

Oggetto: Indicazioni e istruzioni per l'applicazione al personale della scuola delle nuove norme in materia disciplinare introdotte dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, "Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni". Trasmissione circolare.

Scarica circolare 88 dell'8/11/2010 (WinRAR)

Scuola: premiare il merito o punire il demerito?

Tanto tuonò che piovve, il preannunciato progetto di premiare il merito è stato finalmente varato, anche se in via sperimentale e su un numero limitato di scuole.

Ma…era così necessario? Per quale motivo nella scuola bisogna individuare i “migliori”?

Io credo che nella Scuola tutti debbano essere i migliori e chi non lo è debba essere allontanato.

Il concetto che sottintende la volontà di premiare i migliori è che la massa dei docenti sia mediocre, solo una parte emerge e per questo deve essere premiata.

Il concetto che invece sottintende la volontà di allontanare chi demerita è che la massa dei docenti sia brava e solo una parte, da individuare e punire, sia mediocre.

Qual’ è il punto di vista più giusto?

Un’analisi a parte, a mio avviso, andrebbe fatta per capire esattamente cosa significa e/o cosa si intende per merito.

Certo non può essere il semplice impegno temporale, giustamente riconosciuto e retribuito con il Fondo d’Istituto, in nome del “chi lavora di più guadagna di più”.

Ho l’impressione però, ascoltando questi giorni alcuni politici, che molti confondano le due cose. Annunciando la riforma ho sentito dire, da un eminete uomo politico con un foglietto in mano davanti ad un microfono, “E’ giusto che chi lavora di più guadagni di più”.

Eh no!…attenzione!…Non vorrei che chi dà la sua disponibilità con ore aggiuntive nella scuola, magari perché non ha una famiglia da accudire o perché nel pieno delle sue energie, prenda il soldi del fondo d’Istituto e il premio al merito e chi invece non è in queste condizioni non prenda né l’uno né l’altro.

Se proprio deve esistere il “Merito” deve essere altra cosa. Il merito deve riguardare la “Qualità” non la quantità del tempo trascorso a Scuola.

Ma, è facile valutare la qualità? Non credo.

E soprattutto, è giusto che in un servizio offerto alla comunità ci sia chi ne riceve uno “migliore” e chi ne riceve uno “peggiore”?

Ve l’immaginate i dialoghi delle mamme di fronte alla scuola?

- Tuo figlio in che classe è stato assegnato?

- Mio figlio in IB e il tuo?

- Mio figlio in IA, ho saputo che ci sono ben tre insegnanti meritevoli e delle materie più importanti.

- Che fortuna…e come lo hai saputo?

- Qui nel quartiere si sa tutto…

- Va bene, domani vado dal Preside e chiedo di spostarlo…

Non meno inquietanti sarebbero i discorsi tra colleghi, sul perché e per come a Tizio o a Caio è stato dato il premio…E non credo che ci sarà la corsa ad emularli…anzi!

E’ facile anche presagire un aumento delle sindromi depressive e del burnout, di cui già la categoria soffre e che è già stata oggetto di una interrogazione Parlamentare.

In conclusione, non dico che tutto debba rimanere così com’è, un monitoraggio più efficace è necessario sia a livello di comportamenti che di carico di lavoro.

Se penso a certi insegnanti del Liceo di mia figlia dico che non solo è necessario ma è addirittura indispensabile:
la professoressa d’Inglese, responsabile delle gite, che in 5 anni non ha insegnato un’H perché perennemente impegnata nelle sue mansioni extracurricolari;
il professore di Filosofia che per 5 anni ha parlato solo della strage di piazza Fontana;
e così via…

Bene, certe persone non debbono rimanere neanche allo stipendio base, debbono essere licenziate.

C’è poi il discorso del carico di lavoro, assolutamente diverso da materia a materia. Mia moglie insegna inglese e l’ho vista con i miei occhi passare i sabati e le domeniche a correggere i compiti in classe. Abbiamo fatto un conto approssimativo delle ore passate  a casa per la correzione delle verifiche e ne sono risultate ben 100 in un anno scolastico. Tutte le materie hanno questo carico di lavoro? Non credo. Eppure tutti gli stipendi sono uguali.

Perché prima di parlare di un generico e fantomatico “Merito” non si parla di carico di lavoro? Perché non si perseguono i comportamenti fraudolenti?

Forse perché sono cose troppo addentro alla Scuola, troppo peculiari. Chi va in cerca di consenso dal popolo ha bisogno, ovviamente, di argomenti più demagogici.

Notizie su 3500 Musei divisi per Regione

Museionline, frutto di una partnership tra Microsoft e Adnkronos Cultura, raccoglie informazioni costantemente aggiornate su oltre 3.500 musei. Il sito nasce con l'obiettivo di valorizzare e promuovere nel mondo il patrimonio culturale italiano. Oltre a dettagliate informazioni di servizio su ogni singolo museo, il sito fornisce informazioni su eventi culturali e artistici e aggiornamenti su novità e iniziative culturali, mostre e sulla realtà museale italiana. Un utile riferimento online per i turisti amanti dell'arte.

fonte: fol

200.000 in piazza contro i tagli alla Scuola

MILANO, 17 novembre 
Migliaia tra studenti, insegnanti e genitori sono scesi oggi nelle piazze di molte città italiane, in occasione della giornata mondiale di mobilitazione per il diritto allo studio, in una protesta mirata soprattutto contro i tagli alla scuola pubblica.
"Più di 200 mila gli studenti che hanno invaso le strade di tutto il paese, oltre 100 le città dove gli studenti hanno manifestato", si legge in un comunicato della Rete degli studenti e Unione degli universitari, organizzatori della protesta.

Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha detto che l'adesione allo sciopero è stata del 3,8% del personale.

Gli studenti organizzatori delle manifestazioni sostengono che "dopo l'ultimo, sconcertante, aumento dei fondi alle scuole private... ci sembra palese che la scelta di tagliare sulla scuola pubblica non sia una necessità, ma nasconde un'intenzione ben precisa: eliminare l'alternativa culturale e il pensiero critico nel nostro paese, consegnarci un futuro fatto di precarietà, assenza di diritti, crisi", si legge in una nota.

Qualche giorno fa, il governo ha fatto sapere che il maxiemendamento alla legge di Stabilità destina 245 milioni nel 2011 alle scuole non statali. Tra le misure previste dalla legge di Stabilità inoltre c'è il fondo per il finanziamento ordinario dell'Università che viene incrementato di 800 milioni (500 milioni dal 2012) e anche un credito di imposta a favore delle imprese che affidano attività di ricerca o sviluppo alle Università, per il quale è previsto un finanziamento di 100 milioni. Altri 100 milioni vanno al Fondo di intervento integrativo per i prestiti d'onore e le borse di studio.

"Vogliamo fondi per la scuola pubblica da investire prima di tutto sull'edilizia scolastica, basta morire sotto le macerie delle scuole, su una nuova didattica, fatta di insegnanti competenti e preparati, non licenziati, più democrazia e partecipazione nelle scuole, via il riordino delle secondarie che taglia tutto il possibile portando al collasso le nostre scuole", scrivono ancora gli studenti nella nota.

La protesta di oggi giunge dopo le molte organizzate quest'autunno contro i tagli di orario, materie e posti di lavoro nel settore della scuola.

fonte: Reuters