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Criteri ed indicazioni per l’attribuzione del 5 in condotta

Siamo in tempo di scrutini ed è il momento di valutare oltre che il rendimento scolastico degli alunni anche il loro comportamento in questo primo quadrimestre. Molti di noi aspettavano con ansia questo momento per stigmatizzare con un bel 5 in condotta l'indisciplina di taluni ma...siamo sicuri che sia così semplice?. Riporto di seguito il Decreto Ministeriale 16 gennaio 2009, n. 5, riguardante i criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento. Può essere utile per riflettere su quello che è stato o non è stato fatto per giustificare un 5 in condotta.

Decreto Ministeriale 16 gennaio 2009, n. 5


Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento
(omissis)

Articolo 1


Finalità della valutazione del comportamento degli studenti

1. La valutazione del comportamento degli studenti di cui all’art. 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, risponde alle seguenti prioritarie finalità: -accertare i livelli di apprendimento e di consapevolezza raggiunti, con specifico riferimento alla cultura e ai valori della cittadinanza e della convivenza civile; -verificare la capacità di rispettare il complesso delle disposizioni che disciplinano la vita di ciascuna istituzione scolastica; -diffondere la consapevolezza dei diritti e dei doveri degli studenti all’interno della comunità scolastica, promuovendo comportamenti coerenti con il corretto esercizio dei propri diritti e al tempo stesso con il rispetto dei propri doveri, che corrispondono sempre al riconoscimento dei diritti e delle libertà degli altri; -dare significato e valenza educativa anche al voto inferiore a 6/10. 2. La valutazione del comportamento non può mai essere utilizzata come strumento per condizionare o reprimere la libera espressione di opinioni, correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità, da parte degli studenti.

Articolo 2

Caratteristiche ed effetti della valutazione del comportamento

1. La valutazione del comportamento degli studenti nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria di secondo grado è espressa in decimi.

2. La valutazione, espressa in sede di scrutinio intermedio e finale, si riferisce a tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica e comprende anche gli interventi e le attività di carattere educativo posti in essere al di fuori di essa. La valutazione in questione viene espressa collegialmente dal Consiglio di classe ai sensi della normativa vigente e, a partire dall’anno scolastico 2008-2009, concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla valutazione complessiva dello studente.

3. In attuazione di quanto disposto dall’art. 2 comma 3 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, la valutazione del comportamento inferiore alla sufficienza, ovvero a 6/10, riportata dallo studente in sede di scrutinio finale, comporta la non ammissione automatica dello stesso al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo di studi.

4. La votazione insufficiente di cui al comma 3 del presente articolo può essere attribuita dal Consiglio di classe soltanto in presenza di comportamenti di particolare ed oggettiva gravità, secondo i criteri e le indicazioni di cui al successivo articolo 4.

Articolo 3

Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento

1. Ai fini della valutazione del comportamento dello studente, il Consiglio di classe tiene conto dell’insieme dei comportamenti posti in essere dallo stesso durante il corso dell’anno.

2. La valutazione espressa in sede di scrutinio intermedio o finale non può riferirsi ad un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico. In particolare, tenuto conto della valenza formativa ed educativa cui deve rispondere l’attribuzione del voto sul comportamento, il Consiglio di classe tiene in debita evidenza e considerazione i progressi e i miglioramenti realizzati dallo studente nel corso dell’anno, in relazione alle finalità di cui all’articolo 1 del presente decreto.

Articolo 4

Criteri ed indicazioni per l’attribuzione di una votazione insufficiente

1. Premessa la scrupolosa osservanza di quanto previsto dall’articolo 3, la valutazione insufficiente del comportamento, soprattutto in sede di scrutinio finale, deve scaturire da un attento e meditato giudizio del Consiglio di classe, esclusivamente in presenza di comportamenti di particolare gravità riconducibili alle fattispecie per le quali lo Statuto delle studentesse e degli studenti - D.P.R. 249/1998, come modificato dal D.P.R. 235/2007 e chiarito dalla nota prot. 3602/PO del 31 luglio 2008 - nonché i regolamenti di istituto prevedano l’irrogazione di sanzioni disciplinari che comportino l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per periodi superiori a quindici giorni (art. 4, commi 9, 9 bis e 9 ter dello Statuto).

2. L’attribuzione di una votazione insufficiente, vale a dire al di sotto di 6/10, in sede di scrutinio finale, ferma restando l’autonomia della funzione docente anche in materia di valutazione del comportamento, presuppone che il Consiglio di classe abbia accertato che lo studente:

1. nel corso dell’anno sia stato destinatario di almeno una delle sanzioni disciplinari di cui al comma precedente;

2. successivamente alla irrogazione delle sanzioni di natura educativa e riparatoria previste dal sistema disciplinare, non abbia dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel comportamento, tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento nel suo percorso di crescita e di maturazione in ordine alle finalità educative di cui all’articolo 1 del presente Decreto.

3. Il particolare rilievo che una valutazione di insufficienza del comportamento assume nella carriera scolastica dell’allievo richiede che la valutazione stessa sia sempre adeguatamente motivata e verbalizzata in sede di effettuazione dei Consigli di classe sia ordinari che straordinari e soprattutto in sede di scrutinio intermedio e finale.

4. In considerazione del rilevante valore formativo di ogni valutazione scolastica e pertanto anche di quella relativa al comportamento, le scuole sono tenute a curare con particolare attenzione sia l’elaborazione del Patto educativo di corresponsabilità, sia l’informazione tempestiva e il coinvolgimento attivo delle famiglie in merito alla condotta dei propri figli.

Articolo 5

Autonomia scolastica

1. Ciascuna istituzione scolastica autonoma, nel rispetto dei principi e dei criteri di carattere generale previsti dal presente Decreto e dalla normativa vigente, può determinare, in sede di redazione del Piano dell’Offerta formativa, ulteriori criteri e iniziative finalizzate alla prevenzione, tenendo conto di quanto previsto dal Regolamento di istituto, dal Patto educativo di corresponsabilità e dalle specifiche esigenze della comunità scolastica e del territorio.

IL MINISTRO

Mariastella Gelmini

Alle scuole serve un miracolo

Ci sono scuole che hanno interrotto i contratti di supplenza e hanno smistato gli studenti su più classi. Quelle che non stanno più pagando i fornitori, e rischiano il pignoramento.
E poi ci sono quelle che fanno le pulizie a giorni alterni, per risparmiare sulle spese. Alcuni dirigenti, poi, sono pronti addirittura a non approvare il bilancio interno, a costo di farsi commissariare. Questi, e tanti altri, i casi segnalati da insegnanti, dirigenti e sindacati. A un mese dall'inizio del 2010, la situazione finanziaria degli istituti è al tracollo (si vedano per esempio le segnalazioni raccolte dal forum messo in piedi su flcgil.it). Sul territorio imperversa l'arte di arrangiarsi, dopo i tagli inferti a tutte le amministrazioni dalla legge 133/2008, la riduzione della Finanziaria 2010 di 73 milioni di euro per il funzionamento didattico e amministrativo, il taglio ai fondi della 440 (un taglio di quasi 40 milioni di euro), la riduzione del 25% per gli appalti di pulizia. E poi soprattutto ci sono i crediti vantati dai singoli istituti nei confronti del ministero dell'istruzione, per spese anticipate dai bilanci interni e mai restituite, che ammontano a quasi un miliardo di euro. E che rischiano di essere radiati. Oggi si terrà un vertice al ministero dell'istruzione tra i responsabili della direzione bilancio e i sindacati. Cgil, Cisl e Uil scuola chiedono che sulla materia ci sia un intervento politico, perché la questione possa essere sbloccata con nuovi finanziamenti, magari in sede di assestamento di bilancio. Ma anche un correttivo tecnico, che escluda che i crediti vantati siano assorbiti a bilancio generale, come lascerebbe prefigurare la circolare del ministero guidato da Mariastella Gelmini del 14 dicembre scorso. Nel frattempo, la direzione scolastica regionale dell'Emilia Romagna, per esempio, suggerisce alle scuole del territorio di fare le pulizie a giorni alterni nei locali dove maggiore è il fabbisogno, aule e bagni, invece che quotidianamente. Mentre i presidenti dei consigli di circolo e di istituto di Bologna e provincia denunciano che sempre più frequentemente, in caso di malattia dell'insegnante, invece che chiamare il supplente, la scuola smisti i ragazzi su altre classi: mancano i soldi per pagare le supplenze. E in alcuni casi, si è stati costretti a interrompere anche contratti già stipulati. Tanto che da Pisa arriva la richiesta di trasferire a carico del Tesoro (NYSE: TSO - notizie) anche le supplenze brevi, come già avviene per quelle fino al termine delle lezioni o dell'anno scolastico.
Dall'altra parte d'Italia, a Potenza, i direttori amministrativi denunciano di non poter predisporre il bilancio di previsione 2010: l'importo dei crediti verso il ministero per spese anticipate supera in molti casi il budget disponibile, e inserendo i crediti tra i residui attivi si rischia il paradosso di vedere radiate le relative spettanze. Situazione analoga quella delle scuole di Piacenza, che hanno crediti verso il ministero per circa 6 milioni, e ora potrebbero essere costrette, per far fronte alle spese ordinarie (comprese lavagna e gessetti), ad aumentare la richiesta di contributi alle famiglie.

di Alessandra Ricciardi

fonte: ItaliaOggi

Chi vigila sui fondi pensione?

La COVIP, Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, vigila e controlla le forme pensionistiche complementari. E’ sottoposta all’alta vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, pur godendo di un’ampia autonomia operativa nello svolgimento dei compiti.

Opera a tutela degli iscritti alle forme di previdenza complementare, con lo scopo di perseguire la trasparenza, la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari. A tal fine la Commissione dispone di ampi poteri di normazione secondaria, di regolazione e controllo, anche attraverso accertamenti ispettivi. In particolare, la COVIP autorizza le forme pensionistiche complementari all’esercizio dell’attività dopo aver verificato il rispetto delle condizioni previste dalla legge e dalle istruzioni generali fornite dalla stessa Commissione. Le forme autorizzate sono iscritte nell’apposito “albo delle forme pensionistiche complementari” curato e gestito dalla stessa Commissione.
Definisce inoltre le regole volte a garantire la trasparenza delle forme pensionistiche complementari in modo che siano chiare e comprensibili per l’aderente: il funzionamento del fondo, la politica di investimento delle risorse, l’ammontare della posizione individuale, le spese per la gestione amministrativa e finanziaria, i diritti che possono essere esercitati dagli aderenti (trasferimento, riscatto, anticipazioni e prestazioni).
La COVIP vigila attraverso la verifica e l’analisi dei documenti, delle informazioni, dei bilanci e rendiconti annuali che le forme pensionistiche complementari sono tenute a trasmettere alla Commissione, nonché attraverso ispezioni effettuate presso le sedi delle stesse.
Pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della previdenza complementare e ha il potere di formulare proposte di modifica legislativa in materia.

MariaGrazia Briganti

fonte: Mornigstar

Che cos'è il TFR ?

Il trattamento di fine rapporto (anche conosciuto come “liquidazione”) è la somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente.

Il TFR si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91 % della retribuzione lorda. La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo Istat.
Al momento della liquidazione, il TFR è tassato, in linea generale, con l’applicazione dell’aliquota IRPEF media del lavoratore nell’anno in cui è percepito. Per la parte di TFR che si riferisce agli anni di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2001, l’amministrazione finanziaria provvede poi a riliquidare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del lavoratore degli ultimi 5 anni.

Destinazione del TFR

Dal primo gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente, ad eccezione dei lavoratori domestici e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, può scegliere di destinare il proprio TFR maturando, cioè futuro, alle forme pensionistiche complementari oppure di mantenerlo presso il datore di lavoro. Per i lavoratori già assunti alla data del 31 dicembre 2006 il termine per effettuare la scelta è scaduto il 30 giugno 2007. Per i lavoratori assunti in data successiva, il termine scade dopo sei mesi dall’assunzione. Non deve scegliere il lavoratore che già in data antecedente al 1 gennaio 2007 aderiva a un fondo pensione versando integralmente il TFR. La scelta sulla destinazione del TFR deve essere effettuata compilando il modulo TFR 2 allegato al decreto del Ministero del lavoro 30 gennaio 2007 che deve essere consegnato dal lavoratore, compilato e sottoscritto, al datore di lavoro. Il modulo TFR 2 dovrà essere compilato dai lavoratori assunti dopo il 31.12.2006, che non abbiano già espresso una scelta in merito alla destinazione del Tfr in relazione a una precedente attività lavorativa. Se entro il termine di sei mesi dalla data di assunzione il lavoratore non consegna il modulo al datore di lavoro si realizza un’adesione automatica ai fondi pensione tramite il meccanismo del tacito conferimento del TFR, (silenzio assenso). In relazione alla data di assunzione e all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori.

Rivalutazione netta del TFR

L'importo del TFR viene rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno di una percentuale pari al 75% dell'aumento dell'indice ISTAt dei prezzi al consumo + una percentuale fissa dell'1,5%.

MariaGrazia Briganti

fonte: Morningstar

Cosa sono le Casse di previdenza, (INPS, ecc.)?

Un interessante articolo per capire i vari organismi che gestiscono la previdenza in Italia.

Quando si parla di casse di previdenza ci si riferisce a quegli enti che come principale attività esercitano quella relativa alla riscossione e gestione dei contributi previdenziali e assistenziali dei loro iscritti.
Sotto il profilo previdenziale le casse provvedono alla corresponsione delle pensioni mentre dal lato assistenziale si occupano del pagamento delle prestazioni aggiuntive finalizzate a sostenere il reddito dei loro iscritti (come gli assegni familiari, gli assegni di disoccupazione, gli assegni comunali per la maternità e così via) e delle prestazioni di natura prettamente assistenziale (come la copertura sanitaria degli iscritti e dei loro familiari).
Poiché l’iscrizione ad un ente previdenziale è obbligatoria, con il passare del tempo, sono nate delle casse per molte professioni.
Per chi svolge una professione non rappresentata da una “cassa” autonoma è previsto l’obbligo di iscrizione presso l’INPS per quanto riguarda il profilo previdenziale.

INPS
L'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) si definisce come il più grande ente previdenziale italiano.
Sono assicurati all'INPS la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore privato e alcuni del settore pubblico e la maggior parte dei lavoratori autonomi.
L'attività principale dell'Inps consiste nella liquidazione e nel pagamento delle pensioni che sono di natura previdenziale e di natura assistenziale.
Come chiarisce lo stesso istituto l'INPS non si occupa solo di pensioni, ma provvede anche ai pagamenti di tutte le prestazioni a sostegno del reddito quali, ad esempio, la disoccupazione, la malattia, la maternità, la cassa integrazione, il trattamento di fine rapporto. L’INPS eroga inoltre le prestazioni che agevolano coloro che hanno redditi modesti e famiglie numerose: l'assegno per il nucleo familiare, gli assegni di sostegno per la maternità e per i nuclei familiari concessi dai Comuni.
L' Istituto Nazionale della Previdenza Sociale è in grado di fare fronte a tutte le sue prestazioni tramite il prelievo dei contributi e si occupa:

- dell'iscrizione delle aziende;

- dell'apertura del conto assicurativo dei lavoratori dipendenti ed autonomi;

- della denuncia del rapporto di lavoro domestico;

- del rilascio dell'estratto conto assicurativo e certificativo;

fanno anche parte dell'attività dell'Istituto le visite mediche per l'accertamento dell'invalidità e dell'inabilità;

- le visite mediche per le cure termali;

- l'emissione dei modelli di certificazione fiscale.

I compiti delle casse di previdenza
Oltre l'Inps esistono anche casse di previdenza specifiche per alcune categorie professionali e per lavoratori autonomi che ad esse fanno riferimento.

Tra le più importanti:

- la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense

- la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti

- la Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri

- la Cassa Geometri

- l'Inarcassa (Cassa Nazionale Previdenza e Assistenza Ingegneri ed Architetti)

- l'Enpapi (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della professione infermieristica)

- l'EPAP ovvero l’Ente di previdenza e assistenza pluricategoriale (Attuari, dei Chimici , dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali, dei Geologi)

- la CASAGIT: Cassa Autonoma di Assistenza Integrativa dei Giornalisti Italiani

- l'INPGI - Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani

I compiti delle casse di previdenza sono principalmente quelli relativi alla riscossione e gestione dei contributi previdenziali e assistenziali degli iscritti, ma non si limitano a questi. Infatti tra le attività delle casse possono essere ricomprese, sebbene l’attività svolta cambi da ente ad ente, la corresponsione di provvidenze straordinarie e di indennità di maternità, nonché la concessione di mutui. Tra gli altri compiti anche alcuni strettamente amministrativi, ma non meno importanti, come le ricongiunzioni contributive, i rimborsi e gli sgravi per contributi non dovuti, la consegna di atti e documenti, il rilascio di certificati e la rettifica di dati anagrafici, contributivi e reddituali.

fonte. Borsa Italiana

Il Sistema Contributivo e il Sistema Retributivo

I sistemi pensionistici più diffusi sono principalmente di due tipi: il sistema contributivo e il sistema retributivo. Molto spesso, però, viene adottato un sistema misto che accoglie alcune caratteristiche di entrambi e le integra per ottenere il massimo dei vantaggi e dell’efficienza.

Il sistema pensionistico contributivo si basa sulla somma dei contributi versati dai lavoratori durante l’intera vita assicurativa. Alla somma dei contributi versati all’ente previdenziale di riferimento vengono apportate in un secondo momento diverse modifiche per evitare delle distorsioni.

Per esempio i contributi vengono rivalutati generalmente ogni anno in base all’andamento del Pil (Prodotto interno lordo) in modo da bilanciare l’inflazione che altrimenti ne logorerebbe il potere di acquisto. Oltre a questa “indicizzazione”, le somme versate dal lavoratore sono ricalcolate spesso sulla base di coefficienti specifici di aggiustamento che calibrano sui vari soggetti le prestazioni previdenziali. Uno dei fattori sui quali vengono ricalcolati i contributi è, per esempio, quello dell’età del soggetto al momento del pensionamento: chi va in pensione più tardi otterrà, infatti, un coefficiente più generoso e dunque erogazioni più sostanziose di chi è andato in pensione prima.

Il sistema retributivo adotta invece un altro criterio, ossia quello del pagamento di una percentuale degli ultimi redditi percepiti. Esistono per varie categorie e fasce diverse percentuali sulle ultime buste paga sulle quali gli enti previdenziali debbono fare i propri calcoli. Una determinata categoria professionale può avere, per esempio, il diritto di ricevere una pensione pari almeno al 75% dell’ultimo reddito percepito. Questa somma viene dunque corretta con coefficienti specifici e aggiornata sulla base dell’inflazione e del Pil come nel caso delle pensioni calcolate con il sistema contributivo.

Come detto nella maggior parte dei casi viene adottato un sistema pensionistico misto che garantisce una percentuale sull’ultimo reddito percepito ricalibrando la somma sull’ammontare dei contributi versati. A tale calcolo si aggiungono poi gli aggiustamenti già visti per gli altri due sistemi.

fonte: Borsa italiana

Pensioni: Sacconi, meglio agganciarle ad aspettative di vita che alzarle a 67 anni

"Non dimentichiamo che c'e' stato da poco in Italia un intervento sull'eta' pensionabile che, a regime, puo' rivelarsi anche piu' robusto" di quello ipotizzato ora in Spagna. Lo afferma il titolare del Lavoro, Maurizio Scconi, a margine del Consiglio informale Ue dei ministri del Welfare a Barcellona, commentando la proposta del governo di Madrid di alzare a 67 anni l'eta' pensionabile. In questa occasione il ministro sottolinea l'importanza della misura introdotta dall'esecutivo italiano che prevede l'aggancio automatico dell'eta' di pensione all'aspettativa di vita a partire dal 2015 ma cominciando il calcolo gia' nel 2010.


fonte: Adnkronos

Montezemolo: puntare su Scuola e formazione per battere la crisi

L'Italia e' sempre piu' povera, ed e' ormai "agli ultimi posti in Europa per reddito pro-capite". Dal 2000 ad oggi "il nostro Paese si e' impoverito" al punto che oggi "e' avanti solo a Cipro e alla Grecia". Per questo deve puntare "sulla formazione, la responsabilita' e la professionalita' delle persone, a partire dalla scuola, fin dalle elementari". Dunque serve "rivalutare il ruolo fondamentale del maestro e della maestra che, devono essere adeguatamente pagati, ma motivati e preparati". Dalla scuola, infatti, "comincia la formazione dei nostri futuri professionisti". Lo ha detto il presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo, intervenuto oggi a Roma, al convegno nazionale dell'Associazione italiana medici cattolici (Amci) dal titolo: "Caritas in veritate: voce profetica per una medicina dell'accoglienza".

fonte: Adnkronos