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Africa: quanta sete di insegnanti !

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È una delle poche risorse che l’Africa, ricolma di ogni ricchezza naturale, non possiede a sufficienza. Ed è anche quella, probabilmente la sola, che potrebbe innescare con decisione la marcia di uno sviluppo concreto del continente. Questa preziosa quanto rara "merce" che scarseggia a sud del Sahara ha un volto umano: quello degli insegnanti.
I maestri di villaggio, così come i professori impiegati nelle scuole delle grandi capitali, non sono abbastanza. E, se la situazione non cambierà al più presto, l’Africa mancherà clamorosamente uno dei più importanti obiettivi del Millennio: l’istruzione primaria per tutti entro il 2015. L’allarme viene dall’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), secondo cui, per non perdere la sfida cruciale che si gioca nelle aule scolastiche, l’Africa subsahariana avrebbe bisogno di quasi altrettanti insegnanti – 2,4 milioni – in più di quelli su cui può contare attualmente, che sono 2,8 milioni.
Una situazione che purtroppo da queste parti non è nuova, anche se la sua origine viene collegata, di volta in volta, a fattori diversi: dai piani di aggiustamento strutturale, che dagli anni Ottanta hanno imposto tagli drastici alle spese per la funzione pubblica, alle politiche più recenti – ma non abbastanza innovative – di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, fino al malgoverno (e alla corruzione) dei leader locali, più propensi a investire eventuali proventi delle ricchezze nazionali in armi piuttosto che in maestri.

Oggi, la mannaia che si sta abbattendo sui bilanci destinati all’istruzione di numerosi Paesi africani si chiama crisi economica internazionale. E minaccia di colpire così duro che il numero degli analfabeti, invece che azzerarsi, rischia addirittura di aumentare. Nel 2009, secondo lo staff dell’Unesco che monitora i progressi verso la meta dell’istruzione per tutti, la recessione globale ha provocato una diminuzione delle entrate fiscali in 27 dei Paesi più lontani dal raggiungimento di questo obiettivo, con la conseguenza di vanificare anche i successi ottenuti negli ultimi anni: «C’è il pericolo reale che nazioni che avevano compiuto dei progressi, come Mozambico, Etiopia, Mali, Senegal e Ruanda, ora subiscano nuovi arretramenti».
Perché, tradotti in pratica, budget più bassi per il sistema scolastico significano paghe sempre più inadeguate e condizioni di lavoro estreme per maestri e professori, con classi troppo numerose e un aumento massiccio dell’orario di lavoro, per compensare i tagli di personale. Tagli che avvengono mentre, secondo i calcoli dell’Unesco, per arrivare al 2015 con le cattedre piene Paesi come Repubblica Centrafricana ed Eritrea dovrebbero incrementare il numero di insegnanti rispettivamente del 18,5 e del 16% ogni anno.
Un "divario educativo" che in Ciad tocca il 14%, in Niger il 12,5% e in Burkina Faso il 12%. E mentre in molte parti del continente le famiglie sono costrette a ricorrere a maestri "comunitari" (pagati cinque o sei volte meno di quelli statali), vari governi stanno reagendo all’emergenza reclutando personale a termine e spesso non diplomato, quindi meno costoso. Una strategia che, oltre ad aver suscitato l’ira delle associazioni di categoria – con scioperi di massa dal Gabon al Burkina Faso – è fortemente stigmatizzata da Education International, federazione globale di insegnanti, che in Africa riunisce 116 corporazioni di 51 Paesi. «Il ricorso a personale non professionale mina l’offerta di istruzione di qualità – sottolinea l’organizzazione –. Al contrario, è necessario delineare politiche per la formazione, di base e continua, dei docenti, così da assicurare a ogni bambino una cultura adeguata».
E non solo, se è vero che – come ha riconosciuto la stessa Unesco – «il sistema educativo può giocare un ruolo attivo ed efficace anche nella lotta all’Aids, attraverso l’insegnamento e la presa di coscienza sui comportamenti a rischio». Un elemento tutt’altro che marginale, visto che nell’Africa subsahariana circa il 9% dei bambini sotto i 15 anni sono sieropositivi, o hanno perso i genitori a causa del virus dell’Hiv.
Anche per questo la recessione, lungi dall’essere una buona scusa per abbassare gli standard scolastici, rappresenta una sfida che proprio il settore educativo può aiutare a vincere: «Investire nella scuola rappresenta una risposta strategica alla crisi – sostengono gli esperti di Education International –. Chiediamo ai governi di darci gli strumenti per costruire la società del futuro, basata sulla conoscenza: noi siamo parte della soluzione».

Chiara Zappa

fonte: Avvenire.it

Progetto "Scambi professionali" Docenti tra Italia e Francia

Progetto promosso nell’ambito delle iniziative di cooperazione bilaterale fra Italia e Francia. Termine per la presentazione della disponibilità a partecipare: 11 maggio 2010

Guarda la circolare e il formulario di candidatura

Libri di testo: modalità di adozione e quadro normativo

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Modalità di acquisizione e trasmissione telematica dei dati riguardanti le nuove adozioni e le conferme. In linea sul sito del MIUR la nota operativa per l'anno scolastico 2010/2011 con le modalità di adozione e il quadro normativo.

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Festival del corto prodotto nelle scuole

Prima edizione sul tema dell’intercultura. Il concorso nazionale è aperto a tutte le classi degli Istituti scolastici di Scuola secondaria di primo e secondo grado


REGOLAMENTO E BANDO DI CONCORSO

Concorso per il Simbolo di Science for Peace

Concorso nazionale promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi per l’ideazione del simbolo del progetto Science for Peace. L’iniziativa è rivolta agli studenti delle scuole secondarie di II grado


Guarda il bando e la scheda di partecipazione

La scuola che piace alla Borsa

Gli istituti quotati a Wall Street fanno studiare il 23% degli alunni americani.
Un buon investimento nell'educazione scolastica passa anche dalla Borsa. Per lo meno negli Stati Uniti dove alcuni gruppi specializzati nell'educational sono presenti a Wall Street. Il loro mercato di riferimento continua a crescere. Secondo i dati del Department of Education (DoE) le scuole private quotate in Borsa nel periodo che va dal 2005 al 2009 hanno fornito i loro servizi al 23% della popolazione scolastica americana. "Si tratta di un dato impressionante", spiega uno studio firmato da Todd Young, analista azionario di Morningstar. "E questa tendenza potrebbe continuare". La crisi economica che ha colpito gli Usa, infatti, sta spingendo sempre più famiglie a cercare un'educazione migliore per i propri figli, nella speranza che in futuro possano trovare un buon posto di lavoro.
L'esplosione delle scuole private è confermata anche dal calo degli iscritti in quelle pubbliche. Secondo uno studio della American School and University (un'associazione che raccoglie le società attive nell'educational) nel decennio 1998-2008 le seconde hanno registrato un aumento degli iscritti dell'1,6%. Un dato inferiore anche a quello previsto dal DoE che si attendeva un incremento del 2,6%. "Questo indica che la scuola tradizionale non riesce a mantenere la sua quota di mercato mentre il numero degli alunni potenziali sta crescendo", continua Young. "La colpa è anche delle politiche di iscrizione di questi istituti che spesso sono molto restrittive per mantenere alto il profilo del proprio nome". Il risultato è una crescita della richiesta per le scuole private, che non hanno regole particolari e punteggi minimi per la selezione degli studenti.
Tutto questo non significa che le private quotate non abbiano concorrenza. La più forte è rappresentata dai cosiddetti community college (si tratta di scuole biennali che accettano studenti della comunità locale e sono sovvenzionate da tasse comunali) che stanno aumentando la loro quota di mercato. Secondo uno studio del Department of Higher Education nello stato del Connecticut questo sistema scolastico nel 2008 e nel 2009 ha visto crescere del 7,8% la popolazione delle superiori. Nello stesso periodo, quella universitaria è aumentata dell'1,7%. "La minaccia da parte di queste istituzioni per le private, tuttavia, non è molto seria. I community college, infatti, danno una preparazione di soli due anni, mentre le quotate permettono di completare i diversi cicli di studi", continua lo studio di Young. "Molti community college, inoltre, stanno firmando convenzioni particolari con gli istituti privati per permettere ai propri alunni di continuare a studiare".
Dal punto di vista operativo l'analista consiglia prudenza. "Il settore delle scuole private quotate è destinato a crescere nel lungo termine", dice Young. "Ma, nei prossimi due trimestri, potrebbe esserci una frenata. Se è vero infatti che la crisi economica sta spingendo molte persone senza lavoro sui banchi di scuola, bisogna anche tenere conto che una ripresa della congiuntura provocherà il movimento inverso. A loro vantaggio gioca la scarsità di risorse delle scuole tradizionali e la mancanza di volontà nel cercare nuovi iscritti". Fra i gruppi che operano nel settore, l'analista segnala Apollo. "All'interno del comparto education è in grado di fornire una buona diversificazione", spiega lo studio. "A livello geografico, le sue scuole sono presenti in molti stati americani. Gli istituti che controlla, inoltre, riescono a coprire tutti i livelli della scala educativa statunitense, dalle scuole primarie fino ad arrivare alle università".

fonte:  Mornigstar



Iniziative e Innovazione per una scuola più moderna

Il 2 ottobre 2009 sono state lanciate dal Governo alcune iniziative che io ritengo ancora poco conosciute. Oltre alla ben nota LIM sono state proposte altre iniziative non meno interessanti ed avrei piacere di sapere in quante scuole e in quali forme sono state sviluppate.
 Per una panoramica sulle iniziative proposte rimando al sito della Presidenza del Consiglio

Porta la Sporta: mai più sacchetti di plastica

Diffondere l'utilizzo della borsa riutilizzabile invece dei sacchetti in plastica e monouso. E’ questo l’obiettivo della settimana nazionale “Porta la Sporta” promossa dall’ Associazione dei Comuni Virtuosi, Wwf, Italia Nostra, Fai e Adiconsum che dal 17 al 24 aprile coinvolgera' piu' di 100 comuni italiani.
La campagna è stata lanciata nel marzo 2009 con l'intento di sensibilizzare non solo i consumatori, ma anche i commercianti, aziende, imprese, associazioni e organizzazioni no profit, scuole di ogni grado, enti e istituzioni nazionali e locali a divulgare la cultura del non uso del sacchetto di plastica, come esempio emblematico di uno stile di consumo “usa e getta” non più sostenibile.
Le iniziative di partecipazione alla settimana nazionale “Porta la Sporta”, che promuove l'adozione delle borse riutilizzabili, comprendono azioni di sensibilizzazione e informazione sull'impatto ambientale del sacchetto di plastica.
Portare la sporta può diventare qualcosa di più di una semplice abitudine, può rappresentare il primo atto di consapevolezza ecologica che apre un percorso di atti ulteriori di rispetto verso l'ambiente.
Cosi' come il sacchetto, seppur biodegradabile, è diventato l'icona di uno stile “usa e getta” la borsa deve diventare segno distintivo di quanti non hanno solamente adottato un oggetto ma uno stile di vita di cui essere orgogliosi.