google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 TUTTOPROF. google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Obama vuole tagliare le tasse ad imprese e classe media

  Assediato da una perniciosa assenza di ripresa dell'occupazione Obama è arrivato finalmente ad una conclusione tanto banale quanto ovvia: se si vuole far ripartire l'occupazione bisogna far ripartire la ripresa economica, che a sua volta  viene messa in moto dai consumi, che a loro volta hanno il maggiore propulsore nella classe media. Ergo "bisogna tagliare le tasse alla classe media".
  Obama finalmente ci è arrivato, quando ci arriveranno anche i governanti europei che stanno facendo esattamente il contrario? Con una visione dell'economia primordiale hanno penalizzato i lavoratori del settore pubblico in nome di un roboante quanto effimero e controproducente risanamento dei bilanci pubblici, beccandosi, per contro, da una parte una contrazione dei consumi e dall'altra addirittura un declassamento del rating sovrano con tutte le conseguenze esposte in un precedente post.
  Quando capiranno che in questi periodi di crisi (il '29 insegna) l'economia va rilanciata allentando i cordoni della borsa e non stringendoli, attraverso opere pubbliche, in primis, e sgravi fiscali poi. Finora non lo hanno capito, massacrando in primo luogo gli impiegati statali, che sono il cardine della classe media e pubblicizzando l'esilirante slogan: "Coniugare il rigore dei conti pubblici con la ripresa" . Auspichiamo che anche i politici europei seguano l'esempio americano e cancellino le iniziative prese negli ultimi mesi per poi, gradualmente, aumentare il potere d'acquisto della classe media. Ne beneficerebbero tutti.
Purificatori d'Aria

I “piagnistei” dei precari della scuola

Tra le tante cose che i docenti debbono sopportare se ne è aggiunta una, forse inaspettata e per questo ancor più fastidiosa. E’ accaduto che in un afoso “post prandium” di fine agosto, quando si è in procinto di andare a fare la pennichella, all’improvviso un giornalista che fa “il punto” al TG1 economia si lamenta con tono ironico dei “piagnistei”, come lui stesso li ha definiti (prego guardare il video), che come ogni inizio anno scolastico esternano i precari “ben serviti” della scuola.

Già questo basterebbe per indignarsi, visto che si sta parlando di decine di migliaia di persone che perdono il posto di lavoro ma è tutto il suo intervento che indigna per quanto è strampalato e fuorviante.

L’ esperto (pagato con denaro pubblico dalla RAI) non sa che se ne parla ad inizio anno scolastico perché è questo il momento in cui si decidono gli organici, non per tendere le trappole come lui le definisce. E poi, quali sarebbero le trappole di cui si sente in dovere di avvisare i telespettatori? “Tradizionalmente la produttività della scuola e dell’università è misurata da quanti posti di lavoro garantiscono” pontifica con il ditino alzato da Ayatollah. Ma chi lo ha detto? Dove è scritto? A me non risulta. La produttività della scuola, ovvero i risultati che ha ottenuto la trasmissione della conoscenza si effettua a fine anno scolastico o a fine di un corso di studi. Si potrebbe dire: “Bei risultati, siamo tra gli ultimi posti in Europa”. Ma non è tagliando posti di lavoro che si migliora la situazione, questo è un argomento che meriterebbe ben altra trattazione e saprei raccontarne di motivazioni…

Ma torniamo all’intervista. Prima definisce “piagnisteo” quello dei precari che ambiscono alla trasformazione del loro rapporto a tempo indeterminato e poi dice che ha “profondo rispetto per loro”…ma mi faccia il piacere…

E’ il ragionamento di chi ha un lavoro (e che lavoro!…vogliamo parlare de privilegi dei giornalisti…?) che non ha rispetto per chi lo cerca o lo difende, atteggiamento che ben si adegua al clima generale in cui chi sta bene non sopporta “i piagnistei” di chi sta male, chi gode non sopporta “i piagnistei” di chi soffre, ecc.. Ma nel ragionamento “minestrone” ci sono altri elementi sconcertanti che improvvisamente appaiono. La retribuzione. Visto che vengono citate le statistiche europee, ha conoscenza costui di quanto sono retribuiti gli insegnanti in Europa?.

Il numero dei docenti in Italia è troppo elevato. Chi lo dice? Esistono statistiche aggiornate sull’argomento? Ho consultato il sito Eurydice ( la rete d’informazione sull’istruzione in Europa) e non ho trovato nulla al riguardo, non sarà l’ennesimo luogo comune?

Per tagliare corto, è il solito discorso di chi non conosce la scuola ma si sente in diritto di parlarne solo per averla frequentata come alunno e giustifica il suo intervento erigendosi a paladino dei diritti di studenti e genitori cercando un facile applauso con argomentazioni arbitrarie . Per quanto riguarda i precari si vorrebbe, con la logica aziendale che ormai impera, ridurli a impiegati con contratto “a chiamata”, con buona pace della loro possibilità di costruirsi un’esistenza ed un futuro degni di tale nome.


Moody's: le misure fiscali in Europa riducono la crescita e quindi il Rating sovrano

Con un comunicato che sembra più la scoperta dell'acqua calda che un'analisi di macroeconomia, come gli competerebbe, l'agenzia di rating Moody's ha pontificato che le misure di rigore fiscale messe in atto in Europa (leggi tagli di stipendio agli statali)  pesano sulla crescita a breve termine e quindi sul rating sovrano di alcuni Paesi.
Cosi' gli esperti di Moody's nel rapporto semestrale sulle prospettive dei Paesi europei: "Senza dubbio - afferma lo studio - le deboli prospettive di crescita hanno rappresentato una spinta importante per la decisione di Moody's di declassare i rating di Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda e, di recente, Ungheria. Tuttavia, Moody's ritiene ben posizionati i rating Aaa di Francia, Germania e Regno Unito anche se la distanza verso il downgrade si e' ridotta di molto". Pur non facendo esplicito riferimento all'Italia l'agenzia mette finalmente in luce quella che da questo blog andiamo dicendo dalla prima ora. Tagliare o congelare gli stipendi degli statali in Europa è stata una mossa infelice ed ignorante delle elementari regole del buon senso prima ancora che delle regole di macroeconomia. E' semplicemente una contraddizione in termini. Un declassamento del rating sovrano significa un aumento del costo di rifinanziamento del debito, quindi: da una parte prendono i soldi agli statali per ridurre il deficit, dall'altra ne spendono il doppio per pagare il maggiore costo del denaro e non fanno neanche ripartire i consumi e l'occupazione. Ma si può essere più imbecilli di così?

BUONI LAVORO per il lavoro occasionale accessorio, un buon sistema anche per arrotondare la pensione

Negli ultimi due anni varie fonti normative hanno disciplinato la regolamentazione delle prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio, individuando nell’INPS il ruolo di concessionario del servizio, estendendo progressivamente l’ambito di utilizzo di questa modalità di lavoro.

Il sistema dei ‘buoni’ (voucher)

Il pagamento delle prestazioni di lavoro occasionale accessorio avviene attraverso il meccanismo dei ‘buoni', il cui valore nominale è pari a 10 euro.

E’, inoltre, disponibile un buono ‘multiplo’, del valore di 50 euro equivalente a cinque buoni non separabili ed un buono da 20 euro equivalente a due buoni non separabili.

Il valore nominale è comprensivo della contribuzione (pari al 13%) a favore della gestione separata INPS, che viene accreditata sulla posizione individuale contributiva del prestatore; di quella in favore dell'INAIL per l'assicurazione anti-infortuni (7%) e di un compenso al concessionario (Inps), per la gestione del servizio, pari al 5%.

Il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è quindi pari a 7,50 euro. Il valore netto del buono ‘multiplo’ da 50 euro, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del lavoratore, è quindi pari a 37,50 euro; quello del buono da 20 euro è pari a 15 euro.

Attenzione: Se le prestazioni occasionali accessorie sono svolte per imprese familiari di cui all’art. 70, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 276/03 - per cui trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato - il valore nominale del voucher è comprensivo della contribuzione (pari al 33%) a favore del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, di quella in favore dell’INAIL (4%) e di una quota al concessionario (INPS) pari al 5%, per la gestione del servizio.

Pertanto, il valore netto del voucher da 10 euro nominali, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è in tal caso pari a 5,80 euro.

I buoni (voucher) sono disponibili per l'acquisto su tutto il territorio nazionale, presso le Sedi INPS.

I buoni 'cartacei' acquistati dal committente, e non utilizzati, sono rimborsabili esclusivamente restituendoli presso le Sedi Inps, le quali emetteranno a favore del datore di lavoro un bonifico domiciliato per il loro controvalore e rilasceranno una ricevuta.

Acquisto buoni lavoro

L’acquisto dei buoni-lavoro può avvenire mediante le seguenti procedure:

- la procedura cartacea

- la procedura telematica

- l’acquisto presso i rivenditori di generi di monopolio autorizzati

La procedura telematica è accessibile dalla pagina ‘Accesso ai servizi’ di questa sezione oppure dal sito istituzionale http://www.inps.it/, nella sezione Servizi On-Line/Per il cittadino/Lavoro occasionale accessorio/Accesso ai servizi.

Attenzione: Per le prestazioni occasionali accessorie rese nell’ambito dell’impresa familiare di cui all’art. 70, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 276/03 – per cui si utilizzano i ‘buoni a contribuzione ordinaria’ - è previsto esclusivamente l’utilizzo della procedura con voucher telematico.

Riscossione buoni lavoro
La riscossione dei buoni cartacei da parte dei prestatori/lavoratori può avvenire presso tutti gli uffici postali sul territorio nazionale.

Per consentire la riscuotibilità del voucher presso gli uffici postali e il corretto accredito dei contributi previdenziali e assistenziali, si raccomanda di indicare tutte le informazioni richieste dal buono lavoro, compilando i campi relativi al codice fiscale del committente/datore di lavoro, codice fiscale del prestatore/lavoratore, data di inizio e di fine prestazione.

Per quanto riguarda la procedura telematica, si evidenzia che in caso di cambio di indirizzo da parte del prestatore, l’Istituto non risponde delle conseguenze del mancato ricevimento di comunicazioni, INPSCard, bonifici domiciliati e dei conseguenti ritardi nella riscossione.

Per comunicare un indirizzo diverso rispetto a quello registrato nella procedura in origine e confermato al Contact Center, si invita a recarsi presso una Sede INPS provinciale per la sostituzione in archivio e l’automatico invio della comunicazione corretta a Posteitaliane.

I voucher acquistati presso i rivenditori di generi di monopolio autorizzati – individuabili tramite un’apposita vetrofania – possono essere riscossi nella relativa ‘rete tabaccai’.

fonte: http://www.inps.it/

I "pensionamenti forzosi" del personale scolastico con 40 anni di contributi sono incostituzionali e illegittimi


Cari Signori, 
Vi invio il testo sottoriportato e, in attachment,  l'elenco di 62 miei colleghi firmatari dello stesso

Con preghiera di urgente pubblicazione

grazie e cordiali saluti

contattatemi per organizzare una protesta / denuncia collettiva a :

prof. Giovanni Falcetta, docente di ruolo di Lettere nella Scuola Secondaria di II grado, con 37 anni di servizio effettivo, 40 anni di servizio "contributivo",  "rottamato" dal 1° Settembre 2010

g_falcetta@hotmail.com

tel. 0373 / 23 03 04

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6000 insegnanti licenziati dal 1 Settembre 2010, solo con "circolari truffa", dal Ministro Mariastella Gelmini

I "pensionamenti forzosi" del personale scolastico con 40 anni di contributi
                            sono incostituzionali e illegittimi



di Giovanni Falcetta
I “pensionamenti forzosi” del personale scolastico con 40 anni di contributi sono incostituzionali e illegittimi una bieca operazione di “macelleria sociale” o “darwinismo sociale”del tutto priva di valide e coerenti motivazioni, realizzata con delle circolari Miur che violano la forma e la sostanza delle stesse leggi 133/2008 e 102/2009, che regolano tale pensionamento. Infatti, mentre le leggi presuppongono l’accertamento di esubero in organico, le circolari “impongono” ai dirigenti scolastici di licenziare il personale anche in condizioni di non esubero. 
Senza l’attenuante di far posto a giovani docenti precari, in attesa di immissione in ruolo, perchè la Finanziaria 2008 e la recente manovra economica correttiva hanno tassativamente bloccato nuove assunzioni. altre ulteriori discriminazioni:
1) alcuni dirigenti scolastici hanno licenziato o non licenziato i propri dipendenti per simpatia o antipatia o in base alla paura o meno di improbabili sanzioni disciplinari che sarebbero loro arrivate (a loro dire, se non licenziavano) dagli Uffici provinciali, regionali o nazionali del Miur.

2) si sono già avute, da parte dei giudici del lavoro di tutt’Italia sentenze difformi sui ricorsi inoltrati loro dai docenti rottamati. Fino a questo momento almeno 15 giudici hanno accolto i ricorsi dei ricorrenti, altrettanti li hanno respinti. I dirigenti, nel licenziare il personale docente e Ata, con 40 anni di contributi, oggettivamente, hanno agito in una condizione di evidente “conflitto di interessi”, perchè, essi, all’ultimo momento, sono stati furbescamente, esclusi dal “pensionamento coatto”; In una scomoda ed ambigua posizione di palese “conflitto di interessi ” si son venuti a trovare anche tutti i giudici del lavoro che si sono occupati e si stanno occupando ancora dei numerosi ricorsi, perchè anch’essi, dalle leggi 133/2008 e 102/2009, che regolano la materia, sono stati furbescamente esclusi dal “pensionamento coatto”. 
E’ totale l’incostituzionalità sia della legge 133/2008 che della successiva legge 102/2009, perchè esse confliggono palesemente con l’art. 3, comma 1, Cost. in quanto escludono dalla “risoluzione forzosa del rapporto di lavoro” i magistrati, i professori universitari (art. 72, comma 11, legge 133/2008), i dirigenti medici di strutture complesse (art. 17, comma 35 novies, legge 102/2009) e i dirigenti scolastici. Incostituzionalità che (essendo tali norme “eccezionali” relative ai soli anni 2009, 2010 e 2011, termine oltre il quale non sarà più possibile la “risoluzione forzosa del rapporto di lavoro” nella P.A.), si paleserà maggiormente, allo scadere del 2011, perchè si creerà un’altra disparità di trattamento (altro conflitto con l’art. 3, comma 1, Cost.) tra i soggetti ai quali la “risoluzione forzosa del rapporto di lavoro” oggi si applica e i loro colleghi ai quali, pur trovandosi nelle medesime condizioni dei primi, dopo il 2011, non sarà più possibile applicarla.

La “risoluzione forzosa del rapporto di lavoro” del personale, in presenza di uno stato di servizio contributivo di 40 anni, si basa sul presupposto legislativo di accertamento della condizione di esubero in organico, come novellano le leggi citate che attribuiscono alla PA la facoltà di “risoluzione forzosa e unilaterale del rapporto di lavoro” ma solo ” nell’ambito degli interventi per il contenimento della spesa per il pubblico impiego…con la riduzione di un rilevante numero di posti di docenti….” con la raccomandazione che “dovrà essere evitata ogni forma di aggravio erariale connesso al formarsi di ruoli in esubero” (vedi art. 64 legge n. 133/2008 e Direttiva Miur n. 94 del 4 dicembre 2009, pag. 1). 
La “risoluzione forzosa del rapporto di lavoro”, anche in condizioni di non esubero, per gli insegnanti con 40 anni di servizio contributivo, è prescritta come obbligatoria solo dalla nota Miur prot. n. AOODGPER 1053 del 29/1/2010 e dalla nota Miur prot. AOODGPER 2261 del 25/2/2010. Ma tali note, come tutti sanno, non hanno alcuna cogenza di legge (vedi, ad esempio, sent. Cassazione n. 35 del 5 gennaio 2010: “….“La violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo le circolari norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali…”). 

Esse, quindi, sono solo un’interpretazione arbitraria delle leggi 133 /2008 e 102/2009 da parte dell’Amministrazione del Miur, centrale e periferica, e configurano a loro carico un grave abuso di potere (comportamento illegittimo). Ciononostante il Ministero della Pubblica Istruzione, gli Uffici scolastici regionali e provinciali, con queste circolari (Direttiva Miur n. 94 del 4 dicembre 2009 e successive nota Miur Prot. n. AOODGPER 1053 del 29/1/2010 e nota Miur prot. AOODGPER 2261 del 25/2/2010, citate) hanno imposto ai dirigenti scolastici, su tutto il territorio nazionale, l’obbligo inderogabile di procedere al “pensionamento coatto” dei loro dipendenti che hanno maturato, entro il 28 febbraio 2010, 40 anni di servizio contributivo, con un comportamento autoritario che ha annullato, di colpo, le facoltà discrezionali propri del loro ruolo dirigenziale, le prerogative dell’autonomia scolastica e del decentramento amministrativo. 

Un provvedimento questo che confligge anche con una recente Direttiva della UE che vieta, ai fini del licenziamento, la discriminazione per età. Vista la polemica e il violento antagonismo che il “pensionamento forzoso” ha provocato negli insegnanti precari contro i loro colleghi “anziani” di ruolo da rottamare, che stanno ricorrendo al Giudice del Lavoro contro il loro “pensionamento coatto” (colpevoli, ai loro occhi, di togliere loro la possibilità di avere un posto di ruolo stabile) faccio presente una notizia poco nota alla maggioranza dei docenti e dell’opinione pubblica : Sia la Finanziaria 2008 che l’attuale manovra economica correttiva, testè approvata definitivamente alla Camera, escludono, almeno fino al 2013, tassativamente, nuove assunzioni, anche in sostituzione di docenti pensionati o pensionandi. Le immissioni in ruolo di docenti precari (pare 10.000) promesse dalla Gelmini fanno parte di posti già occupati dagli stessi precari, posti diversi da quelli che occupano attualmente i docenti con 40 anni contributivi. Questi ultimi non saranno assegnati a nessuno, si perderanno e basta (vedi Italia Oggi di pochi giorni fa). E gli alunni, che sarebbero stati affidati ai docenti pensionati, saranno “spalmati” sulle classi dei loro colleghi rimasti in servizio, andando ad incrementare ancor più, in aggiunta agli effetti dei tagli di cattedre già avvenuti, il rapporto proporzionale docenti / allievi che, ad esempio, per le scuole secondarie superiori, da Settembre 2010, potrebbe mediamente arrivare a 30 studenti per 1 docente, accrescendo notevolmente il carico di lavoro degli insegnanti. Con buona pace dell’efficacia della didattica e dei processi di apprendimento! 


Questo è il grande inganno e la crudele beffa dell’attuale Governo e del suo Ministro dell’Istruzione, con la complicità dei “compagni socialisti” Brunetta e Tremonti (SIC!): hanno scatenato cinicamente ed artatamente (divide et impera!) una guerra tra poveri, mettendo i precari contro i loro colleghi di ruolo, con il tacito consenso di tutte le forze politiche di maggioranza ed opposizione, della stampa, e di tutti i sindacati della scuola. Alla faccia di tutte le periodiche raccomandazioni dell’Unione Europea e dell’OCSE che, ricordando i deficit di bilancio dei vari Stati, invitano da tempo i Paesi membri ad innalzare l’età pensionabile, anche su base volontaria, fino a 67/70 anni (In Spagna Zapatero ha proposto di innalzarla a 67 anni). 
Alla faccia di analoghe raccomandazioni fatte, di recente, a Bruxelles, dal nostro Presidente del Consiglio. Alla faccia dei consigli pressanti dati al nostro governo, anche recentemente, dal dott. Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia e dalla dott.ssa Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che hanno ancora sottolineato l’esigenza urgente di innalzare l’età pensionabile fino a 67 anni e oltre. Alla faccia dell’emendamento alla manovra economica correttiva, testè approvata dall’attuale governo, in cui si afferma la correlazione graduale dell’età pensionabile con la cosìddetta “speranza di vita”, misurabile in base agli indicatori periodicamente forniti a riguardo dall’Istat. 


Alla faccia del disegno di legge, a firma, tra gli altri, dell’on. Giuliano Cazzola (PDL), tutt’ora in discussione alla Camera, che propone l’innalzamento “sperimentale” dell’età pensionabile, oltre i 65 anni, su base volontaria. Alla faccia delle recenti dichiarazioni del ministro Brunetta rilasciate alla radio RTL. 102, in cui lo stesso affermava che “il pensionamento forzoso” era “una norma intelligente che va applicata con intelligenza”. Che cosa sta accadendo da mesi, invece, in tutt’Italia? 
Molti dirigenti scolastici, adducendo di eseguire ordini gerarchici tassativi, temendo di ricevere sanzioni disciplinari dai loro superiori, entro il 28 febbraio 2010, hanno inviato, in tutta fretta, ai loro dipendentii con 40 anni contributivi, il “preavviso di risoluzione forzosa unilaterale del rapporto di lavoro”, a decorrere dal 1° settembre 2010, imponendolo loro implacabilmente, in modo totalmente indiscriminato. In taluni casi, i dirigenti, nella loro ansia di far presto per compiacere i loro superiori, hanno pure violato gravemente le leggi vigenti, innescando centinaia di ulteriori ricorsi da parte dei dipendenti pensionati contro la loro volontà. Infatti, mentre le leggi citate danno loro la facoltà di licenziare i pubblici dipendenti con 40 anni di contributi effettivi e figurativi realmente e definitivamente pagati, con avvenuta registrazione del pagamento presso gli Uffici della Ragioneria provinciale e dell’Inpdap (inclusi il riscatto degli anni di laurea, dei servizi preruolo, dei servizi prestati all’estero, etc.), in molti casi, nonostante tali precondizioni legislative non esistessero, i dirigenti hanno ugualmente licenziato i loro dipendenti, senza prendere in considerazione tali elementi ostativi.

Ci sono state anche altre situazioni in cui, per omissioni o negligenza continuate nel tempo della P.A., pur non essendo stata definitivamente chiarita la posizione giuridica degli insegnanti da licenziare, ed essendosi, perciò, avviato (anche senza una formalizzazioine istituzionale), un contenzioso tra questi ultimi e gli uffici centrali e periferici del Miur (per esempio, conosciamo un caso in cui, in base ad atti ufficiali dell’Amministrazione Scolastica, non è chiaro se l’insegnante, oggetto del provvedimento di pensionamento, appartenga giuridicamente alla Scuola Secondaria di I o di II grado), i Dirigenti, senza porsi alcun dubbio, e senza considerare le ragioni degli interessati, li hanno licenziati ugualmente in tutta fretta, ledendo gravemente il loro diritto alla difesa giurisdizionale dei loro legittimi interessi lesi dall’Amministrazione, seppure in regime di autotutela amministrativa già avviata. 
Addirittura, in alcuni casi, vista la resistenza opposta al pensionamento coatto da insegnanti e Ata, i dirigenti hanno chiesto in modo autoritario a questi ultimi di firmare una lettera di autolicenziamento. In alcune scuole i dirigenti, dopo aver loro consegnato la lettera di “preavviso di licenziamento”, hanno inviato ai loro dipendenti una diffida scritta, con minacce di sanzioni disciplinari in caso di non ottemperanza da parte loro, nella quale li sollecitavano a compilare, con la massima urgenza, i vari moduli necessari per richiedere all’Amministrazione l’erogazione della pensione e della buonuscita a decorrere dal 1 settembre 2010. Ovviamente, in questa loro decisione ha influito sicuramente anche il fatto che essi, grazie anche ai loro sindacati, successivamente all’approvazione delle leggi nn. 133/2008 e 102/2009, sono stati esclusi dal “pensionamento forzoso”. 

D’altronde, proprio l’attuale Governo ha da pochi giorni firmato con tutte le OO.SS. della dirigenza scolastica il nuovo contratto di lavoro che attribuisce ai dirigenti un aumento stipendiale medio di 350 euro lorde mensili più gli arretrati di vacanza contrattuale dal 2006 al 2009 da riscuotere entro il mese di agosto 2010. Di converso, ha bloccato per 3 anni il rinnovo del contratto di lavoro, già scaduto, degli insegnanti e del personale Ata (aveva programmato di dar loro 20 euro lorde di aumenti mensili !), stabilendo anche che gli anni 2009/2012 non saranno validi ai fini della maturazione degli scatti stipendiali di anzianità. Per questi motivi, i dirigenti, nel licenziare il personale docente e Ata, con 40 anni di contributi, oggettivamente, hanno agito in una condizione di evidente “conflitto di interessi”. Altri Dirigenti, in base ai loro insindacabili criteri, compresi la simpatia o antipatia personali verso gli interessati (altra discriminazione) e, quindi, utilizzando, di fatto, le facoltà discrezionali propri del loro ruolo dirigenziale, le prerogative dell’autonomia scolastica e del decentramento amministrativo, escluse in modo autoritario, come abbiamo visto, dalle Note e dalla Direttiva Miur summenzionate, non hanno inviato ai loro insegnanti la lettera di “preavviso di licenziamento”. Le centinaia di ricorsi ai giudici del lavoro, promossi dai dipendenti pubblici, insegnanti e non, contro i “pensionamenti coatti”, stanno avendo risultati difformi in tutti i Tribunali italiani. 

Almeno una ventina di giudici si sono già schierati a favore della Pubblica Amministrazione, altrettanti contro (altra discriminazione verso i pubblici dipendenti !), con grande intasamento delle aule giudiziarie (come se non fossero già abbastanza ingolfate!) ed enorme spreco di risorse umane ed economiche da parte dei ricorrenti (altra ingiustizia!) e, talora, anche dello Stato, quando esso viene (e, in alcune ordinanze, già lo è stato) condannato a pagare le spese processuali.
Per non parlare, poi, della scomoda ed ambigua posizione di palese “conflitto di interessi “in cui si son venuti a trovare tutti i giudici del lavoro che si sono occupati e si stanno occupando ancora dei numerosi ricorsi avverso i pensiionamenti forzosi, visto che essi dalle leggi citate (vedi sopra) sono stati esclusi da tale provvedimento. Non sarebbe stato meglio, nella L. n. 133 /2008, e nella n. 102 /2009, invece che dire che “l’amministrazione ha la facoltà di procedere unilateralmente alla risoluzione forzosa del rapporto di lavoro”, affermare che “l’amministrazione ha la facoltà, in base alle sue esigenze organizzative ed operative, di procedere, con accordo bilaterale con gli interessati, o su base volontaria degli stessi, alla risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti con 40 anni di contributi”? 

Ci sono, infatti, migliaia di dipendenti pubblici che vorrebbero andare in pensione con 40 anni ed anche meno di contributi. Ma perchè imporre a tutti di andare in pensione per forza, anche a quelli che se la sentono ancora di lavorare (per la passione che hanno sempre transfuso in questa difficile professione, per l’entusiasmo e l’amore per la cultura che hanno cercato, con impegno e fatica, spesso riuscendoci, di comunicare ai loro studenti, per continuità didattica a vantaggio delle classi loro affidate) e anche a quelli, magari monoreddito, con figli e mogli a carico, con il mutuo casa da pagare, che fanno fatica ad arrivare a fine mese (come la maggior parte delle famiglie italiane con reddito mediobasso da lavoro dipendente), ai quali 100-150 euro in più nello stipendio, rispetto alla pensione, in questa fase di grave crisi economica, aiutano un po’ a tirare avanti? 

E, poi, qual è il risparmo che lo Stato ricaverà da questa operazione? Secondo Italia Oggi ed altri quotidiani, il Tesoro risparmierebbe, su 10.000 appartenenti al personale scolastico, comprendenti anche i presidi, una cifra che si aggira, più o meno su 450.000.000 di euro l’anno. Essendo i presidi, come abbiamo visto sopra, stati esclusi dal provvedimento di pensionamento, rimarranno da pensiionare, press’a poco, 6000 docenti su un totale complessivo di 700. 000. 
Dal loro pensionamento si prevede di ricavare, ipotizzando uno stipendio medio di 1900 euro a testa, un risparmio di 148.200.000 Euro l’anno. Ma, se consideriamo che lo Stato deve pagare a costoro la pensione massima, minimo 1700 Euro a testa, esso dovrà sborsare Euro 132.600.000. Infine, attraverso l’Inpdap, il Tesoro dovrà pagare ai pensionati coatti, dal 1° settembre 2010, entro 3 mesi, la buonuscita massima. Calcolando mediamente una buonuscita di 70.000 Euro a persona, lo Stato dovrà pagare subito a 6000 docenti rottamati, una somma complessiva che si aggira sui 420.000.000 di Euro, aggravando, così, il traballante bilancio Inpdap che, in parte è finanziato da contributi statali accantonati proprio per le buonuscite e le pensioni dei pubblici dipendenti. A questo punto, qual’è il risparmio a beneficio dei conti pubblici? Irrisorio. 

L’ultima giustificazione per il “pensionamento coatto”, addotta, oltre che dalle burocrazie ministeriali, dai precari, ancora dall’opinione pubblica ed anche, in un’altra intervista alla radio RTL. 105, dallo stesso ideatore del provvedimento, il ministro Brunetta, si fonda sull’asserzione (falsa) che, mandando in pensione 6000 insegnanti (ma il problema è esteso a tutti i pubblici dipendenti) si farebbe gradualmente largo ai giovani, svecchiando l’età anagrafica di questi lavoratori della scuola. Tale tesi è facilmente confutabile. Tra gli insegnanti, per esempio, centinaia di migliaia su 700.000, che rimarranno in servizio per non avere maturato 40 anni di contributi, hanno un’età anagrafica di 60-64 anni, spesso superiore a quella dei loro colleghi rottamati a 52-59 anni che possiedono 40 anni contributivi solo perchè hanno già riscattato, a loro spese (e a loro danno!) i 4 anni di laurea, servizi pre-ruolo, servizi all’estero o in altre Amministrazioni pubbliche o aziende private (ricongiunzioni). 

Ed allora, qual è la ragione del “pensionamento coatto”? Non è individuabile. Insomma, stiamo assistendo ad un’ ennesima operazione di “macelleria sociale” o “darwinismo sociale”, da parte del governo in carica, del tutto priva di valide e coerenti motivazioni. Puro arbitrio del potere. 
Un capriccio del Principe ! E, poi, seguendo una logica di “svecchiamento anagrafico”, perchè non mandiamo in “pensione coatta” i politici (i componenti di assemblee elettive nazionali, europee e degli enti locali) o i manager pubblici (parecchi dei quali hanno raggiunto l’età di 70 anni ed oltre), a partire da 60 anni in su? 
 

Pensioni: 16.000 uscite in meno a giugno rispetto alle stime Inps

L'INPS aveva stimato per giugno 147.700 nuovi pensionamenti, a causa dell'insaprimento dei requisiti deciso nel 2009, e invece i lavoratori che sono andati in pensione sono solo 131.300.
Lo riferisce una nota dell'istituto di previdenza. Sono scappati in pensione, in numero maggiore del previsto, i lavoratori dipendenti usciti in 85.500, ben 18.000 in più dei 67.200 attesi dall'Istituto.
Sotto le stime sono stati invece gli abbandoni di commercianti artigiani e lavoratori agricoli. Erano attesi al traguardo della pensione in 80.500, ma hanno lasciato il lavoro solo in 45.900: 34.600 in meno del preventivato.

Pensioni: Convenzioni Internazionali in materia pensionistica

Sul sito dell'INPS si trova una sezione con  le informazioni relative alle Convenzioni Internazionali in materia di sicurezza sociale stipulate per garantire la tutela previdenziale dei lavoratori migranti. I contenuti sono organizzati per argomento, come segue:
Regolamenti UE e Convenzioni bilaterali:
illustra la normativa relativa ai Paesi dell'Unione Europea e ai Paesi esteri con i quali sono stati stipulati accordi bilaterali;

Prestazioni >Totalizzazione Importo: chiarisce le modalità di erogazione della prestazione in totalizzazione con la contribuzione versata nel Paese estero;

Pagamenti all'Estero: descrive la modalità con cui il pensionato può richiedere il pagamento della pensione all'Estero. Tale criterio facilita l'utente nella ricerca delle informazioni, sia che si tratti di lavoratore attivo che di pensionato, consentendogli di conoscere prima gli accordi tra Paesi che regolano le prestazioni, per poi prendere visione delle modalità di erogazione e di richiesta della prestazione.


Aumento esponenziale dei trasferimenti dei docenti

Segnalo un interessante articolo a commento della notizia, pubblicata in questi giorni su tutti i giornali, dell'aumento esponenziale dei trasferimenti dei docenti. Non è, come si potrebbe pensare, solo il desiderio pur legittimo dell'avvicinamento a casa. C'è dell'altro e questo altro, a volte, ha delle origini inquietanti.
Tornando all'aspetto trasferimenti mi chiedo per quale motivo siano così avversati. Basti pensare alla "punizione" di dieci punti del proprio punteggio d'istituto per coloro che fanno domanda che non va a buon fine. Oppure la penalizzazione, sempre del proprio punteggio, della voce "continuità didattica" in caso di trasferimento andato a buon fine.
Ecco, il grande feticcio è la "continuità didattica" eletta a grande valore a favore degli studenti. Non sono d'accordo. Un insegnante che mette le radici in un istituto è un'insegnante che perde molti stimoli importanti. Cambiare volontariamente scuola, ambiente, studenti, colleghi ecc. è una sferzata positiva che ti rimette in gioco, ti rinnova, ti fa riscoprire la bellezza dell'insegnamento, ti da l'impressione di ricominciare da capo e quindi di ringiovanire. Tutto ciò con le positive ricadute sulla didattica e sugli studenti. Non dico che si dovrebbe cambiare scuola ogni anno ma un periodo di tre anni oltre il quale non si dovrebbero subire penalizzazioni mi sembra congruo.
Oltretutto questa maggiore mobilità avrebbe certamente una ricaduta positiva in termini di pendolarismo  e quello che ne comporta, in termini di costi, traffico, inquinamento, stress ecc.
Se poi si sta bene dove si sta....tanto meglio.