Proposta di legge in favore di chi vuole prolungare il conto assicurativo e contributivo. In caso di prosecuzione del lavoro si pagano contributi ridotti di due terzi. E il lavoratore per il periodo in più ha diritto a una minisupplementare rapportata ai versamenti ridotti.
E’opportuno che si possa andare in pensione superando la barriera dei 65 anni. I lavoratori devono avere il diritto di optare per continuare a lavorare oltre i limiti del collocamento a riposo. Lo sostiene la proposta di legge i cui primi firmatari sono l’on. Giuliano Cazzola per la Camera e il sen. Pietro Ichino per il Senato. Proposta firmata da parlamentari di maggioranza e opposizione. Scopo dell’intervento: consentire un ulteriore permanenza al lavoro per due anni. Sulla scorta di quanto è previsto nel settore pubblico.
Attività senza limiti.
La prosecuzione dell’attività lavorativa oltre il compimento del sessantacinquesimo anno è disciplinata in termini diversi nel settore privato. In tale ambito, infatti, al raggiungimento dell’età per il collocamento al riposo (65 anni di età per gli uomini), il rapporto di lavoro non cessa automaticamente, in quanto il lavoratore può, con il consenso del datore di lavoro e fino a quando esso permane, proseguire nella propria attività.
Il datore di lavoro, infatti, può recedere ad nutum (ossia senza giusta causa o giustificato motivo e, quindi,
senza le tutele previste dallo Statuto dei lavoratori) dal rapporto di lavoro.
Diversamente dal settore pubblico, tuttavia, il rapporto di lavoro può proseguire anche oltre un biennio. In altri termini, se nel settore pubblico (escludendo magistrati e professori universitari) non è in nessun caso consentito di prolungare l’attività lavorativa oltre il compimento del sessantasettesimo anno di età, nel settore privato è possibile prolungare l’attività lavorativa senza limiti di età con il consenso del datore di lavoro.
Tre proposte.
La proposta di legge, composta di due articoli, interviene attraverso modifiche all’articolo 4 della legge n.108 del 1990, introducendotre nuovi commi.
A – E’ previsto, in via sperimentale per un triennio, che il lavoratore debba comunicare al datore di lavoro la propria decisione di prolungare l’attività lavorativa con congruo anticipo (sei mesi).
B – E’ prevista la riduzione di due terzi dell’obbligo contributivo relativo all’assicurazione pensionistica generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, nonché alle forme sostitutive della medesima. La contribuzione ridotta è destinata a produrre produrre la provvista necessaria per una pensione supplementare, che si aggiungerà alla pensione principale maturata fino alla data originariamente prevista per il collocamento a riposo.
C – E’ previsto che, quando si tratti di rapporto di lavoro di diritto privato, decorso il termine originariamente previsto per il collocamento in quiescenza, il datore di lavoro abbia la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro per soppressione del posto o per sostituzione con altro lavoratore o per altro motivo di natura economica od organizzativa, corrispondendogli – in aggiunta al trattamento di fine rapporto – un’indennità di risoluzione del rapporto di lavoro pari al 25 per cento di una mensilità dell’ultima retribuzione lorda per ogni anno di anzianità di servizio del lavoratore o frazione di anno superiore a sei mesi, fino a un massimo di due mensilità. Decorso un biennio dal termine originariamente previsto per il collocamento in quiescenza, l’indennità prevista nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro non è più dovuta e si torna al regime di risoluzione del rapporto senza altro onere se non quello del preavviso, rimanendo a sostegno della continuazione del rapporto soltanto l’incentivo economico costituito dalla riduzione dell’onerecontributivo.
Tutti contenti? Il nuovo regime così delineato appare bilanciare in modo adeguato gli interessi di tutte le parti coinvolte, configurando anche un risparmio per il bilancio pubblico. Il lavoratore che intende posticipare il pensionamento può, proseguendo nell’attività lavorativa, godere di un trattamento economico superiore a
quello che percepirebbe se andasse subito in pensione.
Il datore di lavoro può continuare ad avvalersi dell’opera di lavoratori con un elevato livello di esperienza a costi più contenuti, in virtù della riduzione del carico contributivo.Per quanto concerne l’erario, infine, il rinvio del trattamento pensionistico si risolve in un risparmio netto sul piano economico.
fonte: Giornale INPDAP luglio 2010
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