Si sente ripetere che a scuola i ragazzi “non sanno più parlare” (su quel più ci sarebbe da discutere, come su altre affermazioni simili), e il giudizio è spesso associato alla riduzione della pratica dell’interrogazione, sostituita da prove scritte. In realtà, l’interrogazione ha ancora uno spazio ampio: il 90% degli insegnanti di Italiano di scuola media e l’87% di quelli della secondaria, interpellati nella ricerca del GISCEL Emilia-Romagna, la considerano un valido esercizio di produzione orale. E qui sta la questione: l’interrogazione, per quante funzioni utili possa svolgere, non è un momento di addestramento a un buon parlato pianificato.
Di fronte a una domanda, lo studente preparato deve afferrare l’intenzione dell’interrogante, cercare nella memoria le informazioni pertinenti, e rispondere senza prender tempo: come si può pretendere che curi anche la qualità della propria esposizione? Non parliamo dello studente poco preparato, il cui solo problema
è nascondere le sue lacune dietro un velo di frasi generiche e riempitivi banali.
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