Riporto un articolo di Marcello Veneziani sulla riforma della scuola che, in alcuni passaggi, giudico addirittura sconcertante. E' l'ennesima persona che, per il solo fatto di essere stato studente, crede di sapere tutto della Scuola sin nei più reconditi meandri. Esprimere un parere è lecito, pontificare no. Soprattutto se si sta parlando di qualcosa che non si conosce, se non marginalmente.
(ilGiornale.it) Finalmente il Sessantotto va in pensione con la riforma della scuola. Dopo i guasti dell'immaginazione ritorna la realtà e si mette ordine al caos delle materie. Non foss'altro che per questo, siamo grati alla Gelmini e al governo Berlusconi. E l'assenza di campagne contro la riforma mostra la scarsità di argomenti contro. Di più non poteva fare Mariastella Gelmini. Ragionevole, realista, la sua riforma migliora le condizioni della scuola italiana. Solo un governo coeso, non ricattato da partitini e lobby, con un'ampia maggioranza in Parlamento e un largo consenso nel Paese, poteva permettersi di riformare la scuola.
Se i ministri e i governi vanno giudicati attraverso i paragoni, la riforma Gelmini è decisamente preferibile alla riforma Berlinguer, svetta rispetto ai tentativi a volte anche encomiabili di De Mauro e Fioroni e segna un passo avanti rispetto alla svolta impressa alla scuola dalla stessa Moratti, che aveva un impianto manageriale-privato più che scolastico-educativo. Alcuni ministri della scuola del centrosinistra pensavano anche loro che si dovesse tornare alla serietà degli studi e alla selezione, dunque avevano aspirazioni non lontane da quelle che hanno animato la Gelmini; ma lavoravano sull'orlo precario di governi risicati, ricattati da sinistre radicali, comunisti, verdi e sessantottini e gli annunci di serietà e selezione finivano maledetti nel gorgo del nulla.
Non so, in verità, se davvero si tratti di una svolta storica e di una riforma epocale, come dice la Ministro con comprensibile fierezza. E non paragono l'apprezzabile impianto della riforma Gelmini alla grande riforma di Gentile che fu l'architrave storica della scuola italiana o anche alla grande innovazione di Bottai, che fu il ministro più rivoluzionario, più «a sinistra» e più modernizzatore della scuola, benché d'epoca fascista; aprì la scuola al nuovo, alla tecnica e alla scienza senza far perdere la meritocrazia, l'educazione nazionale e l'aspirazione alla qualità. A limitare lo sguardo alla Repubblica, non credo che ci siano stati tentativi migliori di cambiare la scuola. Quasi tutte le riforme, da quella di Gui a quella di Misasi, da Ferrari Aggradi a Sullo e alla Falcucci, più sottofondo di Moro ed Andreotti, dalla scuola media unica ai decreti delegati, una sfilza numerosa di ministri della Pubblica istruzione democristiani incisero male sulla scuola italiana, e ne favorirono il declino.
Uno dei migliori del passato, massacrato dalla demagogia studentesca e sindacale, fu non a caso un ministro mosca bianca perché non democristiano: fu il liberale Salvatore Valitutti, non a caso di scuola gentiliana. Ricordo gli slogan contro di lui: Valitutti Valiniente. Slogan falso e ingeneroso, che ignorava la statura intellettuale e civile del galantuomo liberale. Ma con quei governicchi lì, che duravano poco, vivevano di mediazioni interne e di compromessi con la sinistra e i sindacati, che si poteva fare? Quando si farà la storia della Dc alla guida dell'Italia si potranno scrivere pagine positive e negative; ma penso che sulla scuola e la cultura il potere democristiano abbia scritto le pagine più brutte.
Insomma in un bilancio storico, la riforma scolastica del governo Berlusconi, nel tempo della crisi, è sicuramente un passo avanti e segna un'inversione di tendenza. Però lasciatemi dire una cosa: i ministri e i governi sono impotenti a mutare il corso della scuola, il suo profilo e il suo ruolo nella società. La scuola vive un inarrestabile declino, paragonabile alla tv pubblica. Un declino che non può essere fermato dalle leggi, perché il marcio è negli uomini e nella mentalità. Non potendo cambiare quelli, perché è impossibile cambiare i due terzi dei docenti italiani, la scuola s'infrange nella sua stessa inadeguatezza. E non avviando alcuna rivoluzione culturale nel Paese, non riuscendo a bilanciare il potere della agenzie private (a cominciare dal web e dalla stessa tv) con una crescita civile e culturale dello spirito pubblico, la scuola vive un'indecorosa marginalità. Non è più al centro ma alla periferia dei processi innovativi, ai margini della cultura, di cui è un malfamato e popoloso sobborgo, pervasa da piagnistei e rancori, latitanze e ritardi, ideologie e ignoranze militanti.
Da decenni non è più un luogo formativo, non seleziona classi dirigenti e società del futuro, vive una lungodegenza in vistoso affanno sulla vita. Il suo declino è un processo che viene da lontano, è troppo difficile arrestarlo ed impossibile farlo a suon di leggi e di riforme, pur benememerite. E si innesta poi sulla crisi demografica del Paese, sull'assenza di utenti, cioè i ragazzi, a parte i rinforzi che vengono dagli immigrati, che però pongono più problemi che soluzioni. Naturalmente, questa considerazione non deve indurre al disarmo e al disfattismo. Le riforme si devono fare, tutti i tentativi per migliorare la scuola vanno fatti e non si deve abbandonare la nave alla bufera. Ma non aspettatevi la resurrezione dalla scuola, non riponete troppe aspettative sulla riforma e poi non prendetevela con la Gelmini e il suo governo se la scuola resterà affogata nei suoi malanni. È un pachiderma malato, a cui prestare le dovute terapie perché sul suo dorso ci sono pur sempre i cittadini del futuro. Abbiate cura di lei, ma non fatevi illusioni.
Nuove regole per la Carriera dei Docenti
Pubblico uno stralcio dell'intervista, rilasciata a settembre 2009 al mensile Tuttoscuola, in cui il Ministro Gelmini fa un elenco di buoni propositi. Dopo 4 mesi forse si può fare un primo bilancio. Cosa è cambiato? Quel famoso tavolo di consultazione è stato aperto? C'è qualcuno che vi ha partecipato e ce ne può parlare? Troppo spesso si propongono riforme aggettivandole con "condivise" dagli insegnanti. Io vorrei capire meglio come, dove, quando e chi, della nostra categoria, ha condiviso. Fatemi sapere, Grazie
"Entro sei mesi intendo definire le regole per la carriera dei docenti. Vorrei farlo con il coinvolgimento dei sindacati e delle associazioni professionali. Apriamo un tavolo, sono aperta a consigli, suggerimenti, proposte, non ad una contrattazione sindacale. Se dopo sei mesi si sarà pervenuti a una soluzione condivisa bene, altrimenti il Governo andrà avanti per la propria strada prendendosi tutte le responsabilità. E' una cosa troppo importante, un passaggio fondamentale per arrivare a quella valorizzazione dei docenti che tutti vogliamo".
"Se ci si vuole arrivare, sei mesi sono più che sufficienti, non perderò e non farò perdere questo treno alla scuola. Del resto siamo tutti d'accordo, ritengo, sul fatto che la qualità della scuola è data prima di tutto dalla qualità delle persone che la rappresentano. Ebbene dobbiamo essere tutti consapevoli che se la carriera resta quella che è, o mi lasci dire quella che non è, non avremo mai le migliori risorse sulle nostre cattedre. Dobbiamo attrarre verso l'insegnamento le risorse migliori, i cervelli più brillanti, quelli in grado di accendere la scintilla della conoscenza nei nostri studenti. Come farlo? Discutiamo di questo".
"Io dico che prospettare un percorso in cui chi dà di più può raggiungere uno status e dei riconoscimenti anche economici di tutto rispetto possa rendere più appetibile una professione che è in se stessa affascinante, ma che oggi presenta troppi fattori disincentivanti per i giovani più motivati. Mi chiedo se ci può essere oggi qualche giovane brillante e ambizioso che possa essere attratto dalla prospettiva di entrare in ruolo a 40 anni per guadagnare 1.300 euro al mese. Lo chiedo ai sindacati, ci può essere? Lo dico chiaramente: l'insegnamento non può essere una professione di serie B, non può essere il ripiego nel caso non siano andate bene altre strade o per chi vuole conciliare un impiego a mezzo servizio con altri impegni. Oggi in troppi casi, non nascondiamolo, è così".
"Entro sei mesi intendo definire le regole per la carriera dei docenti. Vorrei farlo con il coinvolgimento dei sindacati e delle associazioni professionali. Apriamo un tavolo, sono aperta a consigli, suggerimenti, proposte, non ad una contrattazione sindacale. Se dopo sei mesi si sarà pervenuti a una soluzione condivisa bene, altrimenti il Governo andrà avanti per la propria strada prendendosi tutte le responsabilità. E' una cosa troppo importante, un passaggio fondamentale per arrivare a quella valorizzazione dei docenti che tutti vogliamo".
"Se ci si vuole arrivare, sei mesi sono più che sufficienti, non perderò e non farò perdere questo treno alla scuola. Del resto siamo tutti d'accordo, ritengo, sul fatto che la qualità della scuola è data prima di tutto dalla qualità delle persone che la rappresentano. Ebbene dobbiamo essere tutti consapevoli che se la carriera resta quella che è, o mi lasci dire quella che non è, non avremo mai le migliori risorse sulle nostre cattedre. Dobbiamo attrarre verso l'insegnamento le risorse migliori, i cervelli più brillanti, quelli in grado di accendere la scintilla della conoscenza nei nostri studenti. Come farlo? Discutiamo di questo".
"Io dico che prospettare un percorso in cui chi dà di più può raggiungere uno status e dei riconoscimenti anche economici di tutto rispetto possa rendere più appetibile una professione che è in se stessa affascinante, ma che oggi presenta troppi fattori disincentivanti per i giovani più motivati. Mi chiedo se ci può essere oggi qualche giovane brillante e ambizioso che possa essere attratto dalla prospettiva di entrare in ruolo a 40 anni per guadagnare 1.300 euro al mese. Lo chiedo ai sindacati, ci può essere? Lo dico chiaramente: l'insegnamento non può essere una professione di serie B, non può essere il ripiego nel caso non siano andate bene altre strade o per chi vuole conciliare un impiego a mezzo servizio con altri impegni. Oggi in troppi casi, non nascondiamolo, è così".
Pensioni: nuovi controlli a tappeto sulle invalidità civili
Finiscono nel mirino dell’Inps le false pensioni di invalidità. Con l’anno nuovo dovrebbero infatti partire 100 mila verifiche aggiuntive sulle invalidità civili, lo stabilisce il pacchetto welfare all'interno alla Finanziaria in approvazione.
Falsi invalidi
Secondo quanto documentato dall’Inps sarebbe, nonostante i controlli più severi, ancora alta la percentuale di falsi invalidi civili che approfitterebbe illecitamente della pensione pubblica. Si tratterebbe di 1 su 8 dei soggetti controllati. Sui falsi invalidi "nel 2010 - dice il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - ci attendiamo risultati simili" a quelli del 2009 "intorno al 13-15%". Inoltre per combattere il fenomeno “stiamo lavorando ad un'altra novità: una volta concessa la pensione di invalidità, sarà fissato un campione di posizioni da certificare con un incrocio tra le varie Regioni. I medici Inps di una Regione controlleranno le valutazioni fatte dai loro colleghi di un'altra”, conclude Mastrapasqua.
Il valore dei controlli
La manovra ha un peso economico non indifferente, sottolineano gli esponenti del Governo. Secondo le previsioni, infatti, l’attività di verifica dovrebbe consentire allo Stato di recuperare 50 milioni di euro in un solo anno e 300 milioni di euro dal 2009 al 2011. I 50 milioni che il Governo intende recuperare dalle false pensioni di invalidità dovrebbero convogliare, insieme ai 100 milioni tagliati dal Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, nel pacchetto sul “welfare”, che costerà all’erario circa 1 miliardo nel suo complesso.
Le novità procedurali
Il giro di vite sui falsi invalidi è stato inaugurato con l’approvazione del decreto legge numero 78 del 1° luglio 2009, con cui si è introdotto un nuovo sistema di accertamento dei requisiti per ottenere questo beneficio previdenziale: dal 1° gennaio 2010, infatti, le domande per ottenere le pensioni di invalidità civile dovranno essere indirizzate direttamente all’Inps e non più alle Asl.
L'Inps dà i numeri
Se in totale gli italiani che percepiscono una pensione di invalidità civile sono 2,1 milioni, di questi quasi la metà si trova al Sud. Rispetto ad una media nazionale di 3,58 pensionati ogni 100 abitanti, al Nord le pensioni erogate sono 2,91, al Centro 3,73 e al Sud 4,39 ogni 100 abitanti. Ma la regione che ha il maggior numero di invalidi in rapporto alla popolazione residente e’ l’Umbria (5,48).
Al Nord importi medi da 5.930 euro. E’ il quadro che emerge dalla Relazione generale del ministero dell’Economia.
Importi che importano
Tuttavia, quando si parla di importi, e’ il Nord che vanta le pensioni piu’ alte, in media di 5.930 euro (contro il dato nazionale di 5.840), mentre al Centro le pensioni medie sono pari a 5.890 euro e al Sud arrivano a 5.750. Nel 2008 per i trattamenti di invalidita’ civile sono stati erogati 12,5 miliardi di euro.
fonte: Borsa italiana
Falsi invalidi
Secondo quanto documentato dall’Inps sarebbe, nonostante i controlli più severi, ancora alta la percentuale di falsi invalidi civili che approfitterebbe illecitamente della pensione pubblica. Si tratterebbe di 1 su 8 dei soggetti controllati. Sui falsi invalidi "nel 2010 - dice il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - ci attendiamo risultati simili" a quelli del 2009 "intorno al 13-15%". Inoltre per combattere il fenomeno “stiamo lavorando ad un'altra novità: una volta concessa la pensione di invalidità, sarà fissato un campione di posizioni da certificare con un incrocio tra le varie Regioni. I medici Inps di una Regione controlleranno le valutazioni fatte dai loro colleghi di un'altra”, conclude Mastrapasqua.
Il valore dei controlli
La manovra ha un peso economico non indifferente, sottolineano gli esponenti del Governo. Secondo le previsioni, infatti, l’attività di verifica dovrebbe consentire allo Stato di recuperare 50 milioni di euro in un solo anno e 300 milioni di euro dal 2009 al 2011. I 50 milioni che il Governo intende recuperare dalle false pensioni di invalidità dovrebbero convogliare, insieme ai 100 milioni tagliati dal Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, nel pacchetto sul “welfare”, che costerà all’erario circa 1 miliardo nel suo complesso.
Le novità procedurali
Il giro di vite sui falsi invalidi è stato inaugurato con l’approvazione del decreto legge numero 78 del 1° luglio 2009, con cui si è introdotto un nuovo sistema di accertamento dei requisiti per ottenere questo beneficio previdenziale: dal 1° gennaio 2010, infatti, le domande per ottenere le pensioni di invalidità civile dovranno essere indirizzate direttamente all’Inps e non più alle Asl.
L'Inps dà i numeri
Se in totale gli italiani che percepiscono una pensione di invalidità civile sono 2,1 milioni, di questi quasi la metà si trova al Sud. Rispetto ad una media nazionale di 3,58 pensionati ogni 100 abitanti, al Nord le pensioni erogate sono 2,91, al Centro 3,73 e al Sud 4,39 ogni 100 abitanti. Ma la regione che ha il maggior numero di invalidi in rapporto alla popolazione residente e’ l’Umbria (5,48).
Al Nord importi medi da 5.930 euro. E’ il quadro che emerge dalla Relazione generale del ministero dell’Economia.
Importi che importano
Tuttavia, quando si parla di importi, e’ il Nord che vanta le pensioni piu’ alte, in media di 5.930 euro (contro il dato nazionale di 5.840), mentre al Centro le pensioni medie sono pari a 5.890 euro e al Sud arrivano a 5.750. Nel 2008 per i trattamenti di invalidita’ civile sono stati erogati 12,5 miliardi di euro.
fonte: Borsa italiana
Il Prof. Duccio Troller al Collegio dei Docenti parte I
A grande richiesta un altro video del Prof. Duccio Troller, a Che Tempo che Fa di Fazio, alle prese con il Collegio dei Docenti.
Criteri ed indicazioni per l’attribuzione del 5 in condotta
Siamo in tempo di scrutini ed è il momento di valutare oltre che il rendimento scolastico degli alunni anche il loro comportamento in questo primo quadrimestre. Molti di noi aspettavano con ansia questo momento per stigmatizzare con un bel 5 in condotta l'indisciplina di taluni ma...siamo sicuri che sia così semplice?. Riporto di seguito il Decreto Ministeriale 16 gennaio 2009, n. 5, riguardante i criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento. Può essere utile per riflettere su quello che è stato o non è stato fatto per giustificare un 5 in condotta.
Finalità della valutazione del comportamento degli studenti
1. La valutazione del comportamento degli studenti di cui all’art. 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, risponde alle seguenti prioritarie finalità: -accertare i livelli di apprendimento e di consapevolezza raggiunti, con specifico riferimento alla cultura e ai valori della cittadinanza e della convivenza civile; -verificare la capacità di rispettare il complesso delle disposizioni che disciplinano la vita di ciascuna istituzione scolastica; -diffondere la consapevolezza dei diritti e dei doveri degli studenti all’interno della comunità scolastica, promuovendo comportamenti coerenti con il corretto esercizio dei propri diritti e al tempo stesso con il rispetto dei propri doveri, che corrispondono sempre al riconoscimento dei diritti e delle libertà degli altri; -dare significato e valenza educativa anche al voto inferiore a 6/10. 2. La valutazione del comportamento non può mai essere utilizzata come strumento per condizionare o reprimere la libera espressione di opinioni, correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità, da parte degli studenti.
Caratteristiche ed effetti della valutazione del comportamento
1. La valutazione del comportamento degli studenti nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria di secondo grado è espressa in decimi.
2. La valutazione, espressa in sede di scrutinio intermedio e finale, si riferisce a tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica e comprende anche gli interventi e le attività di carattere educativo posti in essere al di fuori di essa. La valutazione in questione viene espressa collegialmente dal Consiglio di classe ai sensi della normativa vigente e, a partire dall’anno scolastico 2008-2009, concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla valutazione complessiva dello studente.
3. In attuazione di quanto disposto dall’art. 2 comma 3 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, la valutazione del comportamento inferiore alla sufficienza, ovvero a 6/10, riportata dallo studente in sede di scrutinio finale, comporta la non ammissione automatica dello stesso al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo di studi.
4. La votazione insufficiente di cui al comma 3 del presente articolo può essere attribuita dal Consiglio di classe soltanto in presenza di comportamenti di particolare ed oggettiva gravità, secondo i criteri e le indicazioni di cui al successivo articolo 4.
Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento
1. Ai fini della valutazione del comportamento dello studente, il Consiglio di classe tiene conto dell’insieme dei comportamenti posti in essere dallo stesso durante il corso dell’anno.
2. La valutazione espressa in sede di scrutinio intermedio o finale non può riferirsi ad un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico. In particolare, tenuto conto della valenza formativa ed educativa cui deve rispondere l’attribuzione del voto sul comportamento, il Consiglio di classe tiene in debita evidenza e considerazione i progressi e i miglioramenti realizzati dallo studente nel corso dell’anno, in relazione alle finalità di cui all’articolo 1 del presente decreto.
Criteri ed indicazioni per l’attribuzione di una votazione insufficiente
1. Premessa la scrupolosa osservanza di quanto previsto dall’articolo 3, la valutazione insufficiente del comportamento, soprattutto in sede di scrutinio finale, deve scaturire da un attento e meditato giudizio del Consiglio di classe, esclusivamente in presenza di comportamenti di particolare gravità riconducibili alle fattispecie per le quali lo Statuto delle studentesse e degli studenti - D.P.R. 249/1998, come modificato dal D.P.R. 235/2007 e chiarito dalla nota prot. 3602/PO del 31 luglio 2008 - nonché i regolamenti di istituto prevedano l’irrogazione di sanzioni disciplinari che comportino l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per periodi superiori a quindici giorni (art. 4, commi 9, 9 bis e 9 ter dello Statuto).
2. L’attribuzione di una votazione insufficiente, vale a dire al di sotto di 6/10, in sede di scrutinio finale, ferma restando l’autonomia della funzione docente anche in materia di valutazione del comportamento, presuppone che il Consiglio di classe abbia accertato che lo studente:
1. nel corso dell’anno sia stato destinatario di almeno una delle sanzioni disciplinari di cui al comma precedente;
2. successivamente alla irrogazione delle sanzioni di natura educativa e riparatoria previste dal sistema disciplinare, non abbia dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel comportamento, tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento nel suo percorso di crescita e di maturazione in ordine alle finalità educative di cui all’articolo 1 del presente Decreto.
3. Il particolare rilievo che una valutazione di insufficienza del comportamento assume nella carriera scolastica dell’allievo richiede che la valutazione stessa sia sempre adeguatamente motivata e verbalizzata in sede di effettuazione dei Consigli di classe sia ordinari che straordinari e soprattutto in sede di scrutinio intermedio e finale.
4. In considerazione del rilevante valore formativo di ogni valutazione scolastica e pertanto anche di quella relativa al comportamento, le scuole sono tenute a curare con particolare attenzione sia l’elaborazione del Patto educativo di corresponsabilità, sia l’informazione tempestiva e il coinvolgimento attivo delle famiglie in merito alla condotta dei propri figli.
Autonomia scolastica
1. Ciascuna istituzione scolastica autonoma, nel rispetto dei principi e dei criteri di carattere generale previsti dal presente Decreto e dalla normativa vigente, può determinare, in sede di redazione del Piano dell’Offerta formativa, ulteriori criteri e iniziative finalizzate alla prevenzione, tenendo conto di quanto previsto dal Regolamento di istituto, dal Patto educativo di corresponsabilità e dalle specifiche esigenze della comunità scolastica e del territorio.
IL MINISTRO
Mariastella Gelmini
Decreto Ministeriale 16 gennaio 2009, n. 5
Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento
(omissis)
Articolo 1
Finalità della valutazione del comportamento degli studenti
1. La valutazione del comportamento degli studenti di cui all’art. 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, risponde alle seguenti prioritarie finalità: -accertare i livelli di apprendimento e di consapevolezza raggiunti, con specifico riferimento alla cultura e ai valori della cittadinanza e della convivenza civile; -verificare la capacità di rispettare il complesso delle disposizioni che disciplinano la vita di ciascuna istituzione scolastica; -diffondere la consapevolezza dei diritti e dei doveri degli studenti all’interno della comunità scolastica, promuovendo comportamenti coerenti con il corretto esercizio dei propri diritti e al tempo stesso con il rispetto dei propri doveri, che corrispondono sempre al riconoscimento dei diritti e delle libertà degli altri; -dare significato e valenza educativa anche al voto inferiore a 6/10. 2. La valutazione del comportamento non può mai essere utilizzata come strumento per condizionare o reprimere la libera espressione di opinioni, correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità, da parte degli studenti.
Articolo 2
Caratteristiche ed effetti della valutazione del comportamento
1. La valutazione del comportamento degli studenti nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria di secondo grado è espressa in decimi.
2. La valutazione, espressa in sede di scrutinio intermedio e finale, si riferisce a tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica e comprende anche gli interventi e le attività di carattere educativo posti in essere al di fuori di essa. La valutazione in questione viene espressa collegialmente dal Consiglio di classe ai sensi della normativa vigente e, a partire dall’anno scolastico 2008-2009, concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla valutazione complessiva dello studente.
3. In attuazione di quanto disposto dall’art. 2 comma 3 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, la valutazione del comportamento inferiore alla sufficienza, ovvero a 6/10, riportata dallo studente in sede di scrutinio finale, comporta la non ammissione automatica dello stesso al successivo anno di corso o all’esame conclusivo del ciclo di studi.
4. La votazione insufficiente di cui al comma 3 del presente articolo può essere attribuita dal Consiglio di classe soltanto in presenza di comportamenti di particolare ed oggettiva gravità, secondo i criteri e le indicazioni di cui al successivo articolo 4.
Articolo 3
Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento
1. Ai fini della valutazione del comportamento dello studente, il Consiglio di classe tiene conto dell’insieme dei comportamenti posti in essere dallo stesso durante il corso dell’anno.
2. La valutazione espressa in sede di scrutinio intermedio o finale non può riferirsi ad un singolo episodio, ma deve scaturire da un giudizio complessivo di maturazione e di crescita civile e culturale dello studente in ordine all’intero anno scolastico. In particolare, tenuto conto della valenza formativa ed educativa cui deve rispondere l’attribuzione del voto sul comportamento, il Consiglio di classe tiene in debita evidenza e considerazione i progressi e i miglioramenti realizzati dallo studente nel corso dell’anno, in relazione alle finalità di cui all’articolo 1 del presente decreto.
Articolo 4
Criteri ed indicazioni per l’attribuzione di una votazione insufficiente
1. Premessa la scrupolosa osservanza di quanto previsto dall’articolo 3, la valutazione insufficiente del comportamento, soprattutto in sede di scrutinio finale, deve scaturire da un attento e meditato giudizio del Consiglio di classe, esclusivamente in presenza di comportamenti di particolare gravità riconducibili alle fattispecie per le quali lo Statuto delle studentesse e degli studenti - D.P.R. 249/1998, come modificato dal D.P.R. 235/2007 e chiarito dalla nota prot. 3602/PO del 31 luglio 2008 - nonché i regolamenti di istituto prevedano l’irrogazione di sanzioni disciplinari che comportino l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per periodi superiori a quindici giorni (art. 4, commi 9, 9 bis e 9 ter dello Statuto).
2. L’attribuzione di una votazione insufficiente, vale a dire al di sotto di 6/10, in sede di scrutinio finale, ferma restando l’autonomia della funzione docente anche in materia di valutazione del comportamento, presuppone che il Consiglio di classe abbia accertato che lo studente:
1. nel corso dell’anno sia stato destinatario di almeno una delle sanzioni disciplinari di cui al comma precedente;
2. successivamente alla irrogazione delle sanzioni di natura educativa e riparatoria previste dal sistema disciplinare, non abbia dimostrato apprezzabili e concreti cambiamenti nel comportamento, tali da evidenziare un sufficiente livello di miglioramento nel suo percorso di crescita e di maturazione in ordine alle finalità educative di cui all’articolo 1 del presente Decreto.
3. Il particolare rilievo che una valutazione di insufficienza del comportamento assume nella carriera scolastica dell’allievo richiede che la valutazione stessa sia sempre adeguatamente motivata e verbalizzata in sede di effettuazione dei Consigli di classe sia ordinari che straordinari e soprattutto in sede di scrutinio intermedio e finale.
4. In considerazione del rilevante valore formativo di ogni valutazione scolastica e pertanto anche di quella relativa al comportamento, le scuole sono tenute a curare con particolare attenzione sia l’elaborazione del Patto educativo di corresponsabilità, sia l’informazione tempestiva e il coinvolgimento attivo delle famiglie in merito alla condotta dei propri figli.
Articolo 5
Autonomia scolastica
1. Ciascuna istituzione scolastica autonoma, nel rispetto dei principi e dei criteri di carattere generale previsti dal presente Decreto e dalla normativa vigente, può determinare, in sede di redazione del Piano dell’Offerta formativa, ulteriori criteri e iniziative finalizzate alla prevenzione, tenendo conto di quanto previsto dal Regolamento di istituto, dal Patto educativo di corresponsabilità e dalle specifiche esigenze della comunità scolastica e del territorio.
IL MINISTRO
Mariastella Gelmini
Alle scuole serve un miracolo
Ci sono scuole che hanno interrotto i contratti di supplenza e hanno smistato gli studenti su più classi. Quelle che non stanno più pagando i fornitori, e rischiano il pignoramento.
E poi ci sono quelle che fanno le pulizie a giorni alterni, per risparmiare sulle spese. Alcuni dirigenti, poi, sono pronti addirittura a non approvare il bilancio interno, a costo di farsi commissariare. Questi, e tanti altri, i casi segnalati da insegnanti, dirigenti e sindacati. A un mese dall'inizio del 2010, la situazione finanziaria degli istituti è al tracollo (si vedano per esempio le segnalazioni raccolte dal forum messo in piedi su flcgil.it). Sul territorio imperversa l'arte di arrangiarsi, dopo i tagli inferti a tutte le amministrazioni dalla legge 133/2008, la riduzione della Finanziaria 2010 di 73 milioni di euro per il funzionamento didattico e amministrativo, il taglio ai fondi della 440 (un taglio di quasi 40 milioni di euro), la riduzione del 25% per gli appalti di pulizia. E poi soprattutto ci sono i crediti vantati dai singoli istituti nei confronti del ministero dell'istruzione, per spese anticipate dai bilanci interni e mai restituite, che ammontano a quasi un miliardo di euro. E che rischiano di essere radiati. Oggi si terrà un vertice al ministero dell'istruzione tra i responsabili della direzione bilancio e i sindacati. Cgil, Cisl e Uil scuola chiedono che sulla materia ci sia un intervento politico, perché la questione possa essere sbloccata con nuovi finanziamenti, magari in sede di assestamento di bilancio. Ma anche un correttivo tecnico, che escluda che i crediti vantati siano assorbiti a bilancio generale, come lascerebbe prefigurare la circolare del ministero guidato da Mariastella Gelmini del 14 dicembre scorso. Nel frattempo, la direzione scolastica regionale dell'Emilia Romagna, per esempio, suggerisce alle scuole del territorio di fare le pulizie a giorni alterni nei locali dove maggiore è il fabbisogno, aule e bagni, invece che quotidianamente. Mentre i presidenti dei consigli di circolo e di istituto di Bologna e provincia denunciano che sempre più frequentemente, in caso di malattia dell'insegnante, invece che chiamare il supplente, la scuola smisti i ragazzi su altre classi: mancano i soldi per pagare le supplenze. E in alcuni casi, si è stati costretti a interrompere anche contratti già stipulati. Tanto che da Pisa arriva la richiesta di trasferire a carico del Tesoro (NYSE: TSO - notizie) anche le supplenze brevi, come già avviene per quelle fino al termine delle lezioni o dell'anno scolastico.
Dall'altra parte d'Italia, a Potenza, i direttori amministrativi denunciano di non poter predisporre il bilancio di previsione 2010: l'importo dei crediti verso il ministero per spese anticipate supera in molti casi il budget disponibile, e inserendo i crediti tra i residui attivi si rischia il paradosso di vedere radiate le relative spettanze. Situazione analoga quella delle scuole di Piacenza, che hanno crediti verso il ministero per circa 6 milioni, e ora potrebbero essere costrette, per far fronte alle spese ordinarie (comprese lavagna e gessetti), ad aumentare la richiesta di contributi alle famiglie.
di Alessandra Ricciardi
fonte: ItaliaOggi
Chi vigila sui fondi pensione?
La COVIP, Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, vigila e controlla le forme pensionistiche complementari. E’ sottoposta all’alta vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, pur godendo di un’ampia autonomia operativa nello svolgimento dei compiti.
Opera a tutela degli iscritti alle forme di previdenza complementare, con lo scopo di perseguire la trasparenza, la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari. A tal fine la Commissione dispone di ampi poteri di normazione secondaria, di regolazione e controllo, anche attraverso accertamenti ispettivi. In particolare, la COVIP autorizza le forme pensionistiche complementari all’esercizio dell’attività dopo aver verificato il rispetto delle condizioni previste dalla legge e dalle istruzioni generali fornite dalla stessa Commissione. Le forme autorizzate sono iscritte nell’apposito “albo delle forme pensionistiche complementari” curato e gestito dalla stessa Commissione.
Definisce inoltre le regole volte a garantire la trasparenza delle forme pensionistiche complementari in modo che siano chiare e comprensibili per l’aderente: il funzionamento del fondo, la politica di investimento delle risorse, l’ammontare della posizione individuale, le spese per la gestione amministrativa e finanziaria, i diritti che possono essere esercitati dagli aderenti (trasferimento, riscatto, anticipazioni e prestazioni).
La COVIP vigila attraverso la verifica e l’analisi dei documenti, delle informazioni, dei bilanci e rendiconti annuali che le forme pensionistiche complementari sono tenute a trasmettere alla Commissione, nonché attraverso ispezioni effettuate presso le sedi delle stesse.
Pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della previdenza complementare e ha il potere di formulare proposte di modifica legislativa in materia.
MariaGrazia Briganti
fonte: Mornigstar
Opera a tutela degli iscritti alle forme di previdenza complementare, con lo scopo di perseguire la trasparenza, la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari. A tal fine la Commissione dispone di ampi poteri di normazione secondaria, di regolazione e controllo, anche attraverso accertamenti ispettivi. In particolare, la COVIP autorizza le forme pensionistiche complementari all’esercizio dell’attività dopo aver verificato il rispetto delle condizioni previste dalla legge e dalle istruzioni generali fornite dalla stessa Commissione. Le forme autorizzate sono iscritte nell’apposito “albo delle forme pensionistiche complementari” curato e gestito dalla stessa Commissione.
Definisce inoltre le regole volte a garantire la trasparenza delle forme pensionistiche complementari in modo che siano chiare e comprensibili per l’aderente: il funzionamento del fondo, la politica di investimento delle risorse, l’ammontare della posizione individuale, le spese per la gestione amministrativa e finanziaria, i diritti che possono essere esercitati dagli aderenti (trasferimento, riscatto, anticipazioni e prestazioni).
La COVIP vigila attraverso la verifica e l’analisi dei documenti, delle informazioni, dei bilanci e rendiconti annuali che le forme pensionistiche complementari sono tenute a trasmettere alla Commissione, nonché attraverso ispezioni effettuate presso le sedi delle stesse.
Pubblica e diffonde informazioni utili alla conoscenza della previdenza complementare e ha il potere di formulare proposte di modifica legislativa in materia.
MariaGrazia Briganti
fonte: Mornigstar
Che cos'è il TFR ?
Il trattamento di fine rapporto (anche conosciuto come “liquidazione”) è la somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente.
Il TFR si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91 % della retribuzione lorda. La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo Istat.
Al momento della liquidazione, il TFR è tassato, in linea generale, con l’applicazione dell’aliquota IRPEF media del lavoratore nell’anno in cui è percepito. Per la parte di TFR che si riferisce agli anni di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2001, l’amministrazione finanziaria provvede poi a riliquidare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del lavoratore degli ultimi 5 anni.
Destinazione del TFR
Dal primo gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente, ad eccezione dei lavoratori domestici e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, può scegliere di destinare il proprio TFR maturando, cioè futuro, alle forme pensionistiche complementari oppure di mantenerlo presso il datore di lavoro. Per i lavoratori già assunti alla data del 31 dicembre 2006 il termine per effettuare la scelta è scaduto il 30 giugno 2007. Per i lavoratori assunti in data successiva, il termine scade dopo sei mesi dall’assunzione. Non deve scegliere il lavoratore che già in data antecedente al 1 gennaio 2007 aderiva a un fondo pensione versando integralmente il TFR. La scelta sulla destinazione del TFR deve essere effettuata compilando il modulo TFR 2 allegato al decreto del Ministero del lavoro 30 gennaio 2007 che deve essere consegnato dal lavoratore, compilato e sottoscritto, al datore di lavoro. Il modulo TFR 2 dovrà essere compilato dai lavoratori assunti dopo il 31.12.2006, che non abbiano già espresso una scelta in merito alla destinazione del Tfr in relazione a una precedente attività lavorativa. Se entro il termine di sei mesi dalla data di assunzione il lavoratore non consegna il modulo al datore di lavoro si realizza un’adesione automatica ai fondi pensione tramite il meccanismo del tacito conferimento del TFR, (silenzio assenso). In relazione alla data di assunzione e all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori.
Rivalutazione netta del TFR
L'importo del TFR viene rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno di una percentuale pari al 75% dell'aumento dell'indice ISTAt dei prezzi al consumo + una percentuale fissa dell'1,5%.
MariaGrazia Briganti
fonte: Morningstar
Il TFR si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91 % della retribuzione lorda. La retribuzione utile per il calcolo del TFR comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo Istat.
Al momento della liquidazione, il TFR è tassato, in linea generale, con l’applicazione dell’aliquota IRPEF media del lavoratore nell’anno in cui è percepito. Per la parte di TFR che si riferisce agli anni di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2001, l’amministrazione finanziaria provvede poi a riliquidare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del lavoratore degli ultimi 5 anni.
Destinazione del TFR
Dal primo gennaio 2007 ciascun lavoratore dipendente, ad eccezione dei lavoratori domestici e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, può scegliere di destinare il proprio TFR maturando, cioè futuro, alle forme pensionistiche complementari oppure di mantenerlo presso il datore di lavoro. Per i lavoratori già assunti alla data del 31 dicembre 2006 il termine per effettuare la scelta è scaduto il 30 giugno 2007. Per i lavoratori assunti in data successiva, il termine scade dopo sei mesi dall’assunzione. Non deve scegliere il lavoratore che già in data antecedente al 1 gennaio 2007 aderiva a un fondo pensione versando integralmente il TFR. La scelta sulla destinazione del TFR deve essere effettuata compilando il modulo TFR 2 allegato al decreto del Ministero del lavoro 30 gennaio 2007 che deve essere consegnato dal lavoratore, compilato e sottoscritto, al datore di lavoro. Il modulo TFR 2 dovrà essere compilato dai lavoratori assunti dopo il 31.12.2006, che non abbiano già espresso una scelta in merito alla destinazione del Tfr in relazione a una precedente attività lavorativa. Se entro il termine di sei mesi dalla data di assunzione il lavoratore non consegna il modulo al datore di lavoro si realizza un’adesione automatica ai fondi pensione tramite il meccanismo del tacito conferimento del TFR, (silenzio assenso). In relazione alla data di assunzione e all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori.
Rivalutazione netta del TFR
L'importo del TFR viene rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno di una percentuale pari al 75% dell'aumento dell'indice ISTAt dei prezzi al consumo + una percentuale fissa dell'1,5%.
MariaGrazia Briganti
fonte: Morningstar
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