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La realtà sulle pensioni future degli italiani


2037: pensioni in picchiata


"Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Nell’ottobre scorso, Antonio Mastrapasqua, presidente Inps, scatenò furibonde polemiche con questa infelice battuta. Amara per i precari, la boutade di Mastrapasqua nascondeva foschi presagi anche per tutte le altre categorie di lavoratori. Tutto ciò risulta evidente dopo che, nei giorni scorsi, il Corriere della Sera ha pubblicato alcuni documenti riguardanti le pensioni future. Le carte, controfirmate dall’Inps nel settembre scorso, non erano però ancora state rese pubbliche.
Stime spaventose
A quanto pare, nessuno se la passerà troppo bene nei prossimi decenni. Da qui al 2037, dipendenti, autonomi e precari vedranno indiscriminatamente calare il tasso di sostituzione della propria pensione (il rapporto tra l’assegno dell’Inps e l’ultima retribuzione). La verità emerge dalle cifre riportate nella verifica tecnico-attuariale contenuta in una quarantina di dossier che stimano –categoria per categoria – l’evoluzione delle pensioni degli italiani negli anni a venire.
Gli assegni pensionistici perderanno consistenza in conseguenza della piena attuazione dei vari disegni di riforma previdenziale che si sono susseguiti nel corso degli ultimi decenni. Il compimento del passaggio da un sistema previdenziale di tipo retributivo a uno di tipo contributivo comporterà pensioni più basse (in alcuni casi anche in maniera sensibile) per tutti.
Dalle stime tracciate nei documenti Inps emerge una sostanziale uniformità per quel che riguarda il modo in cui varieranno le pensioni delle diverse categorie di lavoratori. In generale, da qui al 2014 il tasso di sostituzione crescerà di qualche punto percentuale – per effetto dell’uscita dal lavoro della generazione dei baby boomers, che ha potuto godere di stipendi stabili e cospicui per l’intera durata della vita lavorativa – per poi abbattersi in maniera graduale successivamente.
Categoria per categoria
Oggi come oggi, le pensioni dei lavoratori dipendenti equivalgono – in media – al 52% della retribuzione. Dopo essere saliti al 54% rispetto alla retribuzione nel 2015, gli assegni targati Inps destinati ai dipendenti nel 2037 arriveranno a coprire il 46% dell’ultimo stipendio.
Non andrà meglio agli artigiani: oggi la loro pensione vale, in media, il 50% del reddito annuale (nel 2015, il 53%); nel 2037, invece, l’assegno pensionistico equivarrà al 43% della retribuzione. Numeri simili sono quelli che riguardano i commercianti. Quest’ultima categoria oggi gode di pensioni che, in media, coprono il 46% della retribuzione (valori che saliranno fino al 52% nel 2017), mentre nel 2037 si dovrà accontentare del 44% (ossia, 21mila euro di pensione contro 48mila euro di reddito da lavoro).
Un caso a parte è quello dei precari. Il dossier Inps loro riservato contiene cifre allarmanti: nel 2037, per i lavoratori parasubordinati, la pensione media sarebbe pari al 14% della retribuzione. Si tratta però di un dato che necessita di un’analisi ulteriore: poiché nella gestione dei parasubordinati bastano 5 anni di contributi per maturare una pensione (forzatamente di pochi euro, dunque), stimare l’effettivo ammontare delle pensioni per questa categoria di lavoratori diviene un esercizio ad alto rischio d’errore. In realtà, numerosi centri ricerca – considerando un precario tipo che cambi più volte lavoro con numerosi intervalli di disoccupazione – ipotizzano per l’assegno pensionistico un grado di copertura compreso tra il 36 e il 50-55%.

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