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Indicazioni per l’adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2010/2011

Circolare n. 23 sull' adozione dei libri di testo per l'anno scolastico 2010/2011

Programmazione settimanale dal 7 al 13 marzo 2010 MIUR-RAISCUOLA

Palinsesto dei Programmi in convenzione e non in convenzione visibili sulla rete Rai Scuola nella settimana dal 7 al 13 marzo 2010.

Piattaforma Didattica su Alimentazione e Benessere

Il materiale presentato sul sito Essere & Benessere del Ministero della Pubblica Istruzione intende offrire, sotto forma di "Linee guida", alcuni spunti di riflessione in ambiti come l'alimentazione e il movimento che, proprio perché radicati nella quotidianità, rappresentano fattori strategici per una crescita "armoniosa" di bambini e adolescenti.
  Le linee guida sono articolate su tre aree:

Area 1
EDUCAZIONE ALLA SALUTE

Educazione alla salute: tra famiglia e scuola

Educare alla convivenza civile

Dalla salute al benessere

Area 2
ALIMENTAZIONE E MOVIMENTO

Alimentazione e benessere

Attività fisica e benessere

Area 3
STILI DI VITA: PROPOSTE OPERATIVE

Conoscere il proprio corpo per ben-essere

Dal video-game alla palla prigioniera

Muoversi con gusto

Iscrizioni alla scuola secondaria di II grado C.M. n.17

Indicazioni sugli adempimenti e le procedure di effettuazione delle iscrizioni alla scuola secondaria di II grado. Allegati e modelli

Vai alla Circolare Ministeriale N°17

Burnout e demotivati: le riforme sono sufficienti a salvare insegnanti e alunni?

Un interessante articolo di Feliciana Cicardi sul ilsussidiario.net sul disagio all’interno della Scuola che colpisce sia insegnanti che studenti.

In tempi lontani le riforme che investivano la scuola venivano pensate e disegnate a partire da un obiettivo preciso e circoscritto. Una volta, per “fare gli italiani” dopo aver fatto l’unità d’Italia; in tempi più recenti l’istituzione della scuola media unica e obbligatoria per garantire a tutti (non uno di meno!) una formazione culturale di base, e così via. Negli ultimi due decenni, su su fino all’oggi, le riforme spesso sono nate sotto la spinta di una dimostrazione di forza di una parte politica e/o pedagogica rispetto ad altre. Così si cambia l’architettura della scuola, pensando poco o troppo alla popolazione scolastica che la abita. È vero. Molto si discetta circa le differenze della nuova generazione di alunni. Tutti a “descrivere” la generazione Y, i digital natives; a tratteggiare quasi con compiacimento i tratti distintivi degli alunni di oggi, i problemi di apprendimento di questi ultimi, i loro interessi e le loro difficoltà a crescere.
Ma, diciamolo in tutta franchezza, le analisi sono utili se portano ad individuare soluzioni.
Il palazzo di Via Trastevere, pedagogisti, sindacati a suon di leggi, circolari, proclami, pongono i riflettori su un serio problema che investe la scuola quale è l’accoglienza (e fermiamoci a questo) degli alunni stranieri nelle nostre classi. Questione seria che non può essere liquidata con l’indicazione di percentuali di presenza dei culturalmente “diversi” (30 per cento in ogni classe? classi differenziate?). Ma chi pensa a tutti gli alunni (e sono molti, un quarto degli iscritti secondo alcune ricerche) che presentano tratti di disagio conclamato, non tanto a livello di apprendimento quanto di fragilità e confusione nel gestire la propria identità affettiva e cognitiva?
In uno straordinario romanzo di Joyce Oates Sorella, mio unico amore (ispirato ad una storia vera) si stigmatizza la società della middle class americana che manda i propri figli in scuole esclusive. In queste i ragazzini fanno a gara a chi è affetto da più sindromi definite dagli acronimi più strani, a chi assume più psicofarmaci per combattere noia, depressione, aggressività. Addirittura si costruiscono amicizie a partire dalla comunanza di una sindrome da cui si è afflitti. Il tutto nell’accettazione serena e quasi compiaciuta di famiglia e scuola. La nostra società è disposta ad osservare con atteggiamento di ineluttabilità i disagi della nuova generazione? Come è stato citato sulle pagine di questo giornale «l’impossibilità di educare è pensata come una condizione normale della società in cui viviamo».

Basta fare una chiacchierata con molti insegnanti seriamente impegnati nel loro compito per toccare con mano la fatica di gestire e “contenere” problematiche originate da cause varie che affliggono molti alunni, i quali sono classificati in categorie di disturbi (DSA, difficoltà attentive). Nessuno nega l’importanza di far conoscere ai docenti le caratteristiche e i sintomi di determinate sindromi attraverso corsi di formazione e pubblicazioni. I docenti imparano a fare “diagnosi” e - qualche volta - a somministrare un sintomatico che freni l’“affezione”. Ma il problema resta su due piani.
L’insegnante si sente frustrato perché - a fronte di un suo impegno a modificare il proprio agire professionale - si sente come lo studente che, dopo aver studiato sodo il giorno precedente, non riesce a svolgere adeguatamente il compito in classe. Chi si premura di ridefinire le competenze professionali dei docenti necessarie a sostenere un compito che non è più solo di facilitazione e sollecitazione di apprendimento, ma è soprattutto di “contenimento” di manifestazioni di disagio psico-affettivo degli alunni? (E non si pensa qui a docenti –psicologi). Il docente si trova in classe - solo - con “grida” normative e nuovi (?) “programmi” da applicare su alunni “malati” di fatica di vivere emotivamente e culturalmente. Il rischio di burn out negli insegnanti aumenta in modo esponenziale creando disaffezione alla propria professione ma soprattutto frustrazione perché i propri sforzi sono vanificati dal muro di gomma della classe che non risponde più neppure ai farmaci di nuova generazione.
E gli alunni? Che beneficio traggono con le loro “provocazioni” di disinteresse, distrazione, disturbo dell’ambiente di apprendimento? Probabilmente nessuno. Basta guardare i loro occhi abitati da infelicità o da sfida. Quegli sguardi sono una domanda, una richiesta di aiuto che non può essere messa a tacere con l’alibi dell’impossibilità a promuovere cambiamento, per stabilire un equilibrio nei ragazzini che vengono affidati alla scuola. Aiuti vengono da nuove scoperte in campo neurologico, psicologico e didattico, ma non bastano. Troppe analisi e diagnosi e poche terapie, soprattutto queste non mirate ai reali profondi malesseri che i ragazzi covano dentro.

Le terapie più efficaci non sono rinvenibili in modifiche strutturali o di contenuto della scuola. Quando si disegna una riforma occorrerebbe puntare l’attenzione ai soggetti che saranno investiti da tale cambiamento, nella fattispecie a docenti ed alunni che sono oggi, entrambi, sì ‘diversi’ nelle potenzialità e nelle fragilità, ma non per questo “ineducabili” e immodificabili.
Non bisogna abdicare alla convinzione che la scuola possa promuovere benessere in chi la abita. Gli alunni sì, portatori di fatiche e di potenzialità forse più raffinate di un tempo, ma anche i docenti che devono essere aiutati a scoprire e conoscere i veri bisogni dei cuccioli d’uomo e le risposte adeguate in aggiunta alla loro buona volontà e sensibilità umana; e soprattutto non siano lasciati soli nel loro compito. Qualsivoglia innovazione si rivelerà fallimentare se non si offrono ai docenti strumenti del mestiere efficaci, che li rendano ancora e di più certi dell’importanza e delle “praticabilità” del loro impegno, oggi più che mai lontano da un’azione di trasmissione e sempre più orientato alla co-costruzione, insieme agli alunni, di soggetti che si sentano “bene” nella realtà tutta, anche quella scolastica.

I Docenti vogliono essere valutati: quali risposte?

Un interessante articolo di Giovanni Cominelli sul ilsussidiario.net sulla professionalità degli Insegnanti e la storia del dibattito intorno alla loro valutazione.

È almeno da un paio di decenni che il dibattito politico, culturale, sindacale tematizza la questione decisiva della professionalità degli insegnanti.
Per quante riforme istituzionali, ordinamentali, organizzative, curricolari si riesca a introdurre, la condizione alla quale esse producano il cambiamento desiderato è quella di una professionalità moderna del personale docente e dirigente. Le riforme camminano sulle loro gambe. Sennò sono destinate inesorabilmente al fallimento. Ciò vale anche per i nuovi regolamenti. Nel corso dell’ultimo decennio sono passati sotto i nostri occhi Luigi Berlinguer, Tullio de Mauro, Letizia Moratti, Beppe Fioroni e, ora, Maria Stella Gelmini. Ciascuno di questi Ministri ha ideato e messo in legge modifiche strutturali profonde. L’ultimo approdo, che pare al momento irreversibile, è quello dei regolamenti concernenti i Licei, gli Istituti tecnici, gli Istituti professionali. Tuttavia, poiché tutti questi cambiamenti vorticosi venivano scritti solo sulla carta, che il Ministro successivo faceva volare via, la scuola reale ha continuato la strada verso il declino della sua qualità. La percezione immediata e le indagini internazionali e nazionali confermano questa deriva. E confermano anche che la questione dei docenti/dirigenti è il passaggio a Nord-Ovest dell’intero sistema.

Niente Soldi per la Scuola ma per i Partiti Si

Dal 1994 al 2008 i partiti hanno incassato 2,2 miliardi di euro in rimborsi per spese elettorali ma ne hanno spesi "solo" 579.000. Lo rileva la Corte dei Conti. I rimborsi sono corrisposti in base al numero di voti ottenuti anziché alle spese sostenute. Per le elezioni del 2008 i partiti hanno speso 110 mln di euro, prendendo rimborsi per oltre 503 mln cioè 10,5€ in media per ogni voto preso. Il Pdl ha incassato 206mln di € dallo Stato spendendo però 53mln. Il PD ha sborsato 18mln e ne ha presi 180. La Lega incassa (solo per il 2008) 41mln a fronte di 2,9 in uscita (14 volte in più), e l'Italia dei Valori rastrella 21mln contro i 3,4 spesi. l'UDC spende 15mln e incassa 25. La Destra di Storace, senza nessun eletto al Parlamento comunque ottiene 6mln di euro dei cittadini, avendone spesi 1,8.
  Inoltre, la Corte dei Conti ha accertato che le spese dichiarate dai partiti erano in realtà "gonfiate".

fonte: rivista Acqua e Sapone
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