E' possibile inviare la propria messa a disposizione (MAD) in qualsiasi istituto d'Italia.
Tecniche di Calcolo Mentale
15 interessantissime tecniche, o trucchi, per agevolare il calcolo mentale e renderlo più facile, veloce e memorizzabile.
fonte: Base 5
fonte: Base 5
ADOZIONI LIBRI DI TESTO, guida
Guida completa pubblicata da Notizie della Scuola sull'adozione dei libri di testo: Organi competenti per l’adozione, Condivisione nell’adozione,
Tempi per l’adozione, Scelta dei testi scolastici (art. 6, comma 1, L.
128/2013), Realizzazione diretta di materiale didattico digitale (art. 6, c. 1,
L. 128/2013), Abolizione vincolo pluriennale di adozione (art. 11 L. 221/2012),
Libri in versione digitale o mista, Primo ciclo di istruzione (art. 5, DM n.
254/2012), Testi consigliati (art. 6, comma 2, L. 128/2013), Riduzione tetti di
spesa scuola secondaria (DM n. 781/2013), Rispetto tetti di spesa (DM n.
781/2013), Prezzi di copertina libri di testo scuola primaria e Specifiche
tecniche testi cartacei (DM n. 781/2013)
Scuola: Stress lavoro-correlato, rischi, valutazione e gestione
Interessante lavoro proposto da sicurscuolaveneto.it sul metodo operativo completo di valutazione e gestione dei rischi legati allo stress lavoro-correlato nella scuola.
Che fine ha fatto il "Patto tra Generazioni"?
L'articolo seguente, di poco più di un anno fa, è tratto da Tecnica della Scuola e riguarda il cosiddetto "Patto tra Generazioni". E' data per certa la sua attuazione, si parla anche di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Poi....? Perché non rilanciarlo?
L'unico cambiamento che farei è la sostituzione del termine "staffetta", ormai "bruciato" ed anche inappropriato, con "condivisione". In effetti "Condivisione Generazionale" identificherebbe meglio tutta l'operazione.
L'unico cambiamento che farei è la sostituzione del termine "staffetta", ormai "bruciato" ed anche inappropriato, con "condivisione". In effetti "Condivisione Generazionale" identificherebbe meglio tutta l'operazione.
RECLUTAMENTO, ARRIVA IL PATTO TRA GENERAZIONI: PART-TIME
AGLI “ANZIANI”, LARGO AI GIOVANI
di Alessandro Giuliani
11/12/2012
I lavoratori prossimi alla pensione potranno ridurre
l’orario ed aprire le porte ad uno "nuovo". Lo Stato si farà carico
del differenziale contributivo da versare all`Inps. Il decreto in Gazzetta
Ufficiale, dopo il via libera della Corte dei Conti e la suddivisione delle
quote regionali. Una possibilità che nella scuola, dove spesso la stanchezza
prende il sopravvento, sarebbe sicuramente bene accolta.
La disoccupazione si può combattere in tanti modi. Anche
alleggerendo il carico di ore di attività professionale dei lavoratori prossimi
alla pensione. E cedere la quota di lavoro settimanale ai giovani. Un po’ alla
chetichella, senza troppi annunci, il progetto ha trovato compimento. Si tratta
del decreto del ministero del Lavoro sul patto tra generazioni, approdato in
questi giorni in Gazzetta Ufficiale e che ora entra nella fase operativa, dopo
aver incassato il via libera dalla Corte dei Conti e dopo che sono state
stabilite anche le quote regionali per la sua attuazione.
L’obiettivo del legislatore è semplice: coniugare
l`occupazione giovanile e la salvaguardia dei lavoratori giunti a ridosso dal
lasciare l’occupazione. Così, quella che si realizzerà dovrebbe essere una vera
e propria “staffetta” tra i lavoratori più maturi e quelli lasciati sino ad
oggi ai margini dell’occupazione per mancanza di spazio.
Il meccanismo è semplice: coloro che sono prossimi alla
pensione potranno accedere (volontariamente) al part-time e lasciare dunque una
parte del proprio lavoro a un giovane, in cambio dell`assunzione da parte delle
aziende di quest`ultimo a tempo indeterminato. Anche se all’inizio solo nella
veste di apprendisti.
Per agevolare l’operazione, le aziende beneficerebbero di un
contributo statale: sarà infatti il soggetto pubblico a farsi carico del
differenziale contributivo da versare all`Inps a favore del lavoratore anziano,
in modo da non nuocere sulla sua copertura previdenziale. Il lavoratore,
quindi, avrà uno stipendio ridotto, in proporzione al numero di ore che
svolgerà in meno settimanalmente. Ma la scelta non inciderà negativamente sulla
pensione.
Il Decreto prevede, quindi, ben cinque attori attivi: i
soggetti pubblici, gli enti previdenziali, le aziende, i lavoratori anziani e
quelli giovani. Tra i vincoli previsti che quello che i numeri degli impiegati
non si sbilanciato in negativo. In pratica, per ogni pensionando che andrà in
part time dovrà corrispondere un giovane da assumere come apprendista.
Soddisfatto il ministro del Lavoro, Elsa
Fornero:"L'idea di un patto fra generazioni è certamente una prospettiva,
anche etica, di grande respiro, che si auspica possa in futuro sostenere azioni
concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva". E così
"si assicura la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove
generazioni e si mantengono condizioni di reddito accettabili per le fasce di
popolazione meno giovani".
Tra i sostenitori del decreto c’è il presidente di Italia
Lavoro, Paolo Reboani. Secondo cui con la pubblicazione in gazzetta del decreto
ministeriale sul patto tra generazioni si supera "finalmente, la sterile
opposizione tra giovani e anziani nel mondo del lavoro: il progetto ha
un`importante valenza etica e sociale" e "potrà essere un modello
anche per risolvere il problema di una parte degli esodati, se valutiamo che
secondo i nostri calcoli con 40 milioni di euro potremo avere 3.000 nuovi
assunti e un numero corrispondente di lavoratori accompagnati alla pensione in
modo produttivo".
Il mondo della scuola, dove a “spingere” per trovare
un’occupazione stabile sono diverse decine di migliaia di docenti e Ata e nel
contempo vi sono altrettanti lavoratori avanti con gli anni stanchi ed esausti,
dovrebbe guardare con interesse ad un modello del genere. Moltissimi dipendenti
prossimi alla pensione, con un numero di anni di servizio tra i 30 e i 40 anni,
rinuncerebbero probabilmente volentieri ad una parte del loro stipendio in
cambio di un alleggerimento del carico di lavoro. La riduzione di stipendio,
inoltre, verrebbe parzialmente compensata dal fatto che l’assegno mensile, dopo
tanti anni di lavoro, è in genere del 30-40% maggiorato rispetto a quello dei
colleghi più giovani. Il problema è che lo Stato, soprattutto in questo momento
di crisi finanziaria, non sarebbe in grado di sopportare la copertura
previdenziale per un numero troppo alto di lavoratori. E se allora si pensasse
di dare questa possibilità almeno ai 3-4mila rimasti penalizzati dalla riforma
pensionistica? Per i cosiddetti “Quota 96” non si tratterebbe di certo della
soluzione. Ma almeno si ridurrebbe la portata del danno subito.
Cos'è il CLIL?
Il CLIL (Content and Language Integrated Learning) è un approccio didattico di tipo immersivo che punta alla costruzione di competenze linguistiche e abilità comunicative in lingua straniera insieme allo sviluppo e all’acquisizione di conoscenze disciplinari.
L'approccio CLIL ha infatti il duplice obiettivo di focalizzarsi tanto sulla disciplina insegnata che sugli aspetti grammaticali, fonetici e comunicativi della lingua straniera.
Viste le sue caratteristiche, il CLIL sviluppa nello studente:
Viste le sue caratteristiche, il CLIL sviluppa nello studente:
- Una maggiore fiducia nella proprie capacità comunicative nella lingua straniera target
- competenze linguistiche più spendibili, specialmente in attività pratiche
- Maggiore apertura e disponibilità alla mobilità nell'istruzione e nel lavoro
Per maggiori informazioni, potete scaricare la circolare riguardante l’avvio delle attività di formazione dei docenti di disciplina non linguistica (DNL) in lingua straniera secondo la metodologia CLIL.
Cos'è il Cooperative Learning?
Il Cooperative Learning costituisce una
specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti
apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi
reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.
L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività,
strutturando “ambienti di apprendimento” in cui gli studenti, favoriti da un
clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un
processo di “problem solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la cui
realizzazione richiede il contributo personale di tutti.
Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi
di apprendimento gli studenti sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità
interpersonali e di piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un
livello di cooperazione qualitativamente alto”
PRESUPPOSTI TEORICI-PEDAGOGICI
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Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano
insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni, cercando di
migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento
competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi,
si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni
curricolo.
Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento.
Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento.
Quali vantaggi presenta?
Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di solito questi vantaggi:
Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di solito questi vantaggi:
- Migliori risultati degli
studenti: tutti
gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori,
migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di
ragionamento e di pensiero critico;
- Relazioni più positive tra gli
studenti: gli
studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al lavoro
comune e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di
squadra;
- Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano un
maggiore senso di autoefficacia e di autostima, sopportano meglio le
difficoltà e lo stress.
Che cosa rende efficace la cooperazione ?
I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:
I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:
- L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si
impegnano per migliorare il rendimento di ciascun membro del gruppo, non
essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo;
- La responsabilità individuale e di
gruppo: il gruppo è responsabile del
raggiungimento dei suoi obiettivi ed ogni membro è responsabile del suo
contributo;
- L’interazione costruttiva: gli studenti devono
relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo e sostenendo gli
sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti;
- L’attuazione di abilità
sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno
del piccolo gruppo: gli
studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di
un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza
rivestono le competenze di gestione dei conflitti, più in generale si
parlerà di competenze sociali,
che devono essere oggetto di insegnamento specifico;
- La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri
risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di
miglioramento.
L'efficacia della metodologia cooperativa è data inoltre dal supporto di alcuni comportamenti e valori specifici.
All'interno di questo quadro generale, le diverse interpretazioni del
principio di interdipendenza e delle variabili più significative
nell'apprendimento (interazione, motivazione all'apprendimento, compito e ruolo
dell'insegnante) hanno originato lo sviluppo di diverse correnti o modalità di Cooperative Learning.
Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono
quelli di D. Johnson e R. Johnson alla University of Minnesota di Minneapolis,
quello di R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora e quello di S.
Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv.
Alcuni aspetti del Cooperative Learning sono ancora oggetto di discussione
e di approfondimento: la situazione dei più dotati, l'inserimento di alunni con
handicap grave, le modalità in relazione a specifici obiettivi trasversali, la
possibilità di sviluppare questo metodo combinandolo con altri e con l'uso
delle nuove tecnologie.
E' importante che anche in Italia questa metodologia continui ad essere
approfondita, studiata e sviluppata e che non diventi una nuova moda che prima
crea entusiasmo e poi viene presto accantonata per una presunta inefficacia
dovuta più a un'inadeguata applicazione che non al metodo in sé.
Cooperative
learning, USA
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Sintesi: Nel corso del 2000 si è aperto, in USA, un dibattito su come condurre le
lezioni in classe e la conseguente disposizione degli arredi.
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Nelle scuole statunitensi sembra
emergere la tendenza a disporre i banchi a cerchio o a
ferro di cavallo, oppure divisi in tanti quadrati o triangoli per 4 - 6
alunni ognuno. Nel
primo caso, l'insegnante sta al centro, nel secondo si sposta da un gruppo all'altro. In certe
scuole, la disposizione dei banchi, cambia più volte al giorno a seconda degli insegnanti o delle materie.
E non mancano le classi dove anziché banchi si trovano tavoli, o dove i
ragazzi siedono a terra sul tappeto.
Una rivoluzione che suscita
perplessità in molti genitori e apre dibattiti alla radio, tv e nei giornali.
Il cambiamento è cominciato una decina di anni fa e pare che le classi con i
banchi in fila siano ora una minoranza. Il merito, o la colpa, vine
attribuito a un discusso metodo di insegnamento, il "Cooperative
learning" (imparare collaborando) praticato in circa il 60% delle scuole
americane. Sebbene non sia dimostrato, esso vuole che gli allievi studino di
più e meglio se distribuiti in piccoli gruppi di 4-6 appunto.
Christine Mosteller, una
professoressa di storia di Washington, caldeggia la nuova disposizione dei
banchi. "Le file tradizionali - afferma - avevano un che di militaresco,
erano un simbolo di disciplina, come le uniformi. Falsavano il rapporto tra i
ragazzi e gli insegnanti. Con i banchi disposti in modo diverso, cresce la
partecipazione degli alunni". Al contrario, Anthony Navarro, il preside
del liceo Mount Harmony nel Maryland, insiste sulle file: "E' l'unico
modo per l'insegnante di vedere tutti gli allievi e di tenerne avvinta
l'attenzione. Il nuovo metodo è caotico, e nei compiti in classe favorisce i
disonesti".
Il direttore del "Cooperative
learning center", il professore Roger Johnson dell'università del
Minnesota, sostiene che, "non più ostaggi delle file, i ragazzi imparano
il lavoro di squadra, soprattutto se divisi in gruppi". A suo parere,
"questo metodo è molto più fruttifero". Johnson ritiene addirittura
che la disposizione dei banchi debba cambiare con le materie "perché
ciascuna richiede un diverso ambiente".
Gail Womble, la direttrice didattica delle elementari Rachel Carson in Virginia, è invece dell'avviso che
sia controproducente: Si formano caste di studenti - obbietta -, i più bravi
in un gruppo, i meno bravi in un altro. Molti restano indietro. E si creano
ostilità tra i capi gruppo".
Ma che cosa ne pensano i ragazzi?
Il Washington Post ne ha intervistati alcuni, e ha scoperto che sono spaccati
in due, come gli insegnanti. Justine Hoy, della media Takoma Park, preferisce
il nuovo metodo: "Ci si aiuta a vicenda, ed è importante: quando le classi sono
numerose, i professori non riescono a fare tutto". Ma Paul Brown, della
media Dear Park, si lamenta: "Nel nuovo metodo le distrazioni abbondano,
forse ci si diverte di più ma certamente si studia di meno". Ed è il
giudizio di molti genitori.
Ma non è finita. Molti medici si
oppongono alla disposizione dei banchi in quadrati o in triangoli perché i
4-6 alunni sono costretti a girarsi per seguire l'insegnante o guardare la
lavagna, spesso per periodi assai lunghi.
E la dottoressa Kathleen Finch
della Clinica di Bethesda, la clinica dei presidenti, teme che i ragazzi
prendano il torcicollo. La soluzione? "L'unica saggia alternativa alle
file - dice - è il ferro di cavallo"
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Insegnare a studenti con problemi attraverso metodologie
differenziate di gestione della classe
I PROBLEMI SU CUI INCIDERE
"Questi ragazzi non hanno voglia di
studiare"; "I ragazzi non sanno comunicare, spiegare bene le cose,
esprimere in modo chiaro le loro idee ..."; "Sono molto egocentrici
ed immaturi..."; "Sono poco scolarizzati, non stanno attenti, sono
indisciplinati e, oggi più di ieri, si muovono in continuazione...";
"E' difficile individualizzare l'apprendimento quando ti trovi a lavorare
con alunni portatori di problemi così diversi tra loro: c'é chi é isolato, chi
vuole prevalere sugli altri, chi é in costante ritardo nei ritmi di
apprendimento e chi si confronta con un ideale talmente perfetto che non porta
mai a termine il lavoro ....."; "Vorrei trovare delle soluzioni
didattiche più efficaci ma è difficile farlo da soli, così come é arduo
riuscire a concordare qualche intervento con i colleghi...".
Se raccogliamo le impressioni dei ragazzi invece
sentiamo dire: "Questa materia é proprio noiosa ..."; "...
l'insegnante dice tante cose, ma dimentica di insegnarci a studiare ...";
"Questa scuola è troppo difficile!"; "Meglio cercarsi un
lavoro ben pagato che continuare a perdere tempo solamente per avere il pezzo
di carta".
Queste possono essere un campione di affermazioni e
percezioni che insegnanti e studenti nutrono nei confronti della scuola e
dell'apprendimento. Esse fanno riferimento a problemi di comportamento, di
mantenimento della disciplina, di motivazione, di impegno responsabile verso i
compiti scolastici, insoddisfazione professionale, di disagio verso la scuola.
Questi sono solo alcuni dei problemi che, ogni giorno,
insegnanti ed alunni si trovano a vivere sulla loro pelle e che, se non
affrontati, portano al “burn out” dei docenti e al disagio e alla dispersione
scolastica degli studenti.
Fin dove possono intervenire gli insegnanti curricolari,
oltre a quello che abitualmente fanno per gestire la classe, per agire con
efficacia anche nei confronti di quegli alunni non "certificati" ma
considerati "problematici"?
Come é possibile intervenire dando risposte
individualizzate lavorando con classi composte da più di 20 studenti?
Qual é il ruolo dell'insegnante di classe in relazione
a quello di insegnanti di sostegno, di consulenti esterni dell'A.S.L., di
eventuali figure di psicopedagogisti o psicologi scolastici presenti
nell'istituzione, di assistenti sociali o altro personale della scuola?
Fino a che punto il rapporto con le famiglie diventa
un tassello essenziale della gestione di situazioni problema e chi lo deve
gestire?
Quali metodologie / strategie di insegnamento possono
essere utili attuare per gestire situazioni problema sempre più variegate?
IL RUOLO DELL'INSEGNANTE
Ci sembra che agli insegnanti possano essere
affidate alcune funzioni fondamentali:
1. quella di istruire, cioè di aiutare gli allievi ad
acquisire padronanza di abilità e di conoscenze disciplinari;
2. quella di condurre la classe, cioè di definire
regole e procedure, tenendo costante l'attenzione e la partecipazione durante
la lezione;
3. quella di socializzare gli studenti e mantenere un
buon clima di classe.
Spesso succede che non tutti gli studenti reagiscano
in maniera positiva agli interventi di istruzione, gestione della classe o
socializzazione e che sia necessario un lavoro suppletivo, che richiede
ulteriori abilità.
Per rispondere agli interrogativi sovraesposti,
infatti, sono necessarie la capacità di analizzare la situazione, di
decodificare le diagnosi dei diversi specialisti, di condurre interviste
finalizzate a raccogliere le informazioni utili alla costruzione di un
piano di intervento.
Ma prima ancora é indispensabile l'apertura ad
accorgersi che c'é un problema e che su questo problema é possibile intervenire
efficacemente anche se risulta difficile; é vitale pensare che sia
effettivamente possibile risolvere il problema e che il primo passo per fare ciò
consista nell'affrontarlo, superando l'ansia, l'impotenza, l'inadeguatezza o la
rabbia, che coglie chiunque di fronte ad una situazione nuova, complessa e
stressante.
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