L'unico cambiamento che farei è la sostituzione del termine "staffetta", ormai "bruciato" ed anche inappropriato, con "condivisione". In effetti "Condivisione Generazionale" identificherebbe meglio tutta l'operazione.
RECLUTAMENTO, ARRIVA IL PATTO TRA GENERAZIONI: PART-TIME
AGLI “ANZIANI”, LARGO AI GIOVANI
di Alessandro Giuliani
11/12/2012
I lavoratori prossimi alla pensione potranno ridurre
l’orario ed aprire le porte ad uno "nuovo". Lo Stato si farà carico
del differenziale contributivo da versare all`Inps. Il decreto in Gazzetta
Ufficiale, dopo il via libera della Corte dei Conti e la suddivisione delle
quote regionali. Una possibilità che nella scuola, dove spesso la stanchezza
prende il sopravvento, sarebbe sicuramente bene accolta.
La disoccupazione si può combattere in tanti modi. Anche
alleggerendo il carico di ore di attività professionale dei lavoratori prossimi
alla pensione. E cedere la quota di lavoro settimanale ai giovani. Un po’ alla
chetichella, senza troppi annunci, il progetto ha trovato compimento. Si tratta
del decreto del ministero del Lavoro sul patto tra generazioni, approdato in
questi giorni in Gazzetta Ufficiale e che ora entra nella fase operativa, dopo
aver incassato il via libera dalla Corte dei Conti e dopo che sono state
stabilite anche le quote regionali per la sua attuazione.
L’obiettivo del legislatore è semplice: coniugare
l`occupazione giovanile e la salvaguardia dei lavoratori giunti a ridosso dal
lasciare l’occupazione. Così, quella che si realizzerà dovrebbe essere una vera
e propria “staffetta” tra i lavoratori più maturi e quelli lasciati sino ad
oggi ai margini dell’occupazione per mancanza di spazio.
Il meccanismo è semplice: coloro che sono prossimi alla
pensione potranno accedere (volontariamente) al part-time e lasciare dunque una
parte del proprio lavoro a un giovane, in cambio dell`assunzione da parte delle
aziende di quest`ultimo a tempo indeterminato. Anche se all’inizio solo nella
veste di apprendisti.
Per agevolare l’operazione, le aziende beneficerebbero di un
contributo statale: sarà infatti il soggetto pubblico a farsi carico del
differenziale contributivo da versare all`Inps a favore del lavoratore anziano,
in modo da non nuocere sulla sua copertura previdenziale. Il lavoratore,
quindi, avrà uno stipendio ridotto, in proporzione al numero di ore che
svolgerà in meno settimanalmente. Ma la scelta non inciderà negativamente sulla
pensione.
Il Decreto prevede, quindi, ben cinque attori attivi: i
soggetti pubblici, gli enti previdenziali, le aziende, i lavoratori anziani e
quelli giovani. Tra i vincoli previsti che quello che i numeri degli impiegati
non si sbilanciato in negativo. In pratica, per ogni pensionando che andrà in
part time dovrà corrispondere un giovane da assumere come apprendista.
Soddisfatto il ministro del Lavoro, Elsa
Fornero:"L'idea di un patto fra generazioni è certamente una prospettiva,
anche etica, di grande respiro, che si auspica possa in futuro sostenere azioni
concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva". E così
"si assicura la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove
generazioni e si mantengono condizioni di reddito accettabili per le fasce di
popolazione meno giovani".
Tra i sostenitori del decreto c’è il presidente di Italia
Lavoro, Paolo Reboani. Secondo cui con la pubblicazione in gazzetta del decreto
ministeriale sul patto tra generazioni si supera "finalmente, la sterile
opposizione tra giovani e anziani nel mondo del lavoro: il progetto ha
un`importante valenza etica e sociale" e "potrà essere un modello
anche per risolvere il problema di una parte degli esodati, se valutiamo che
secondo i nostri calcoli con 40 milioni di euro potremo avere 3.000 nuovi
assunti e un numero corrispondente di lavoratori accompagnati alla pensione in
modo produttivo".
Il mondo della scuola, dove a “spingere” per trovare
un’occupazione stabile sono diverse decine di migliaia di docenti e Ata e nel
contempo vi sono altrettanti lavoratori avanti con gli anni stanchi ed esausti,
dovrebbe guardare con interesse ad un modello del genere. Moltissimi dipendenti
prossimi alla pensione, con un numero di anni di servizio tra i 30 e i 40 anni,
rinuncerebbero probabilmente volentieri ad una parte del loro stipendio in
cambio di un alleggerimento del carico di lavoro. La riduzione di stipendio,
inoltre, verrebbe parzialmente compensata dal fatto che l’assegno mensile, dopo
tanti anni di lavoro, è in genere del 30-40% maggiorato rispetto a quello dei
colleghi più giovani. Il problema è che lo Stato, soprattutto in questo momento
di crisi finanziaria, non sarebbe in grado di sopportare la copertura
previdenziale per un numero troppo alto di lavoratori. E se allora si pensasse
di dare questa possibilità almeno ai 3-4mila rimasti penalizzati dalla riforma
pensionistica? Per i cosiddetti “Quota 96” non si tratterebbe di certo della
soluzione. Ma almeno si ridurrebbe la portata del danno subito.