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La scuola può insegnare ancora qualcosa?

La scuola italiana è ormai ridotta sull'orlo dell'oblio, senza fondi, senza regole, vicina al collasso.
Nei grossi centri urbani, in particolare, la scuola sta attraversando un periodo di crisi come mai si era visto finora. I fondi stanziati dal governo non sono sufficienti nemmeno alla tenuta dei registri di classe, della cancelleria, del materiale per il mantenimento delle strutture. L'introduzione, secondo la nuova normativa del maestro unico, non supportata da nessuna teoria pedagocico/scentifica, solleva numerosissime polemiche non solo da chi nella scuola ci lavora, ma anche dalle organizzazioni sindacali che si sono organizzati in cortei di protesta.
Secondo alcune interviste nelle scuole statali e comunali della zona "La Rustica" a Roma e di numerose altre scuole di periferia e non, gli stessi insegnanti lamentano che "è una vergogna", e "non si era mai toccato così il fondo ".
Il sospetto che viene alla mente è che questa sia una precisa strategia politica messa in atto dal governo per ridurre la scuola e l'università in una posizione facilmente criticabile dai genitori e dalla società nel suo insieme, per poi poter giustificare così l'intervento privato in un settore che è sì in crisi da tempo, ma che ha assiucrato al nostro paese finora molti benefici, come ad esempio solida stabilità ed ugualianza sociale. Dal prossimo anno i genitori dovranno pagare per mantenere i propri figli alla scuola dell'obbligo oltre le ore 12, dando un colpo finale all'ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Attualmente è altissima infatti la percentuale delle donne che al secondo figlio abbandona il lavoro.

Ci si domanda se manchino davvero i soldi per il settore scolastico o si preferisca utilizzare tali fondi per altri impieghi meno importanti. Secondo il nostro parere, consultando anche le statistiche dei paesi a più alta industrializzazione, la scuola dovrebbe essere il fulcro degli investimenti di un paese, non il fanalino di coda.

Responsabile della pubblicazione:
Stefano Bozzoni
di A1 Institute



ALLARME VISTA: "SE IL BAMBINO NON VEDE BENE, NON IMPARA!"

Secondo una recente ricerca il 51,4% dei genitori non sono “attivi” nei confronti della prevenzione oculare e 7 su 10 ritengono le visite oculiste “non necessarie”.
Dati allarmanti per Commissione Difesa Vista, che sottolinea come “a una visione scorretta corrisponda un minore apprendimento”.
Da non sottovalutare anche l’attività sportiva da far praticare ai propri figli: “va scelta in base all’eventuale difetto visivo”, suggerisce l’oculista.

Un cambiamento di vita

«Il bambino che per la prima volta mette piede a scuola non solo inizia il suo percorso formativo che durerà diversi anni, ma sta anche cambiando completamente il suo contesto di vita», spiega Francesco Loperfido, Responsabile del servizio di Oftalmologia generale presso l’Unità Operativa di Oftalmologia e Scienze della Visione dell’Ospedale San Raffaele di Milano e consulente della Commissione Difesa Vista. «Per lui è quindi importante iniziare questa nuova avventura al meglio delle forze. In questo contesto un controllo della vista è fondamentale, perché spesso a una visione scorretta corrisponde anche un apprendimento scorretto». Il non vedere correttamente – sia che si tratti di miopia (vedere male da lontano) sia di astigmatismo (visione sfocata o sdoppiata a tutte le distanze), sia di ipermetropia (visione da vicino) – non solo rallenta oggettivamente l’apprendimento perché il bambino ha difficoltà a vedere, ma può anche provocare stress e angoscia e farlo così entrare in un circolo vizioso.

Posture e controlli

Inoltre la difficoltà del vedere induce spesso a posture scorrette. Per esempio il bambino astigmatico tende a stare storto rispetto al libro o, al contrario, tiene il libro stesso o il quaderno storti; il miope invece tende ad avvicinarsi molto al testo e quindi ad ingobbirsi. Infine l’ipermetrope deve staccarsi spesso dal libro perché la visione gli si annebbia, c’è molto affaticamento durate la lettura che quindi necessita di lunghe pause per continuare a studiare. «Questi sono atteggiamenti “spia” da tenere d’occhio, perché rivelano ai genitori che c’è un problema e bisogna risolverlo», ammonisce Loperfido. Se fa fatica a vedere, sarà un bambino svogliato, disattento, che non vuole studiare e potrebbe manifestare anche cefalea, arrossamenti degli occhi, stanchezza e cercherà di usare gli occhi il meno possibile. «Un accurato controllo visivo, che rassicuri in merito alla salute oculare del bambino e ne verifichi la funzionalità, è quindi la mossa vincente per inaugurare un periodo estremamente importante per il bambino», sostiene Loperfido.

Un po’ di numeri

Raccomandazioni non da poco, se si tiene conto che da una recente ricerca promossa dalla Commissione Difesa Vista (2008) emerge che 1 bambino su 3 (oltre il 33%) dei bambini da 6 a 13 anni ha almeno un difetto della vista (in ordine: astigmatismo, miopia, ipermetropia, strabismo). Di questi, poi, non tutti portano occhiali da vista: ben il 20% infatti non corregge il difetto, pur sapendo di averlo.

Famigliarità e dintorni

Se in generale tutti i bambini devono essere sottoposti a visite, ancora più importante è per coloro che hanno genitori miopi. «La familiarità del difetto visivo non è da sottovalutare e impone controlli anche se non ci sono difetti apparenti», spiega il dottor Loperfido. «In alcuni casi potrebbe evidenziarsi un difetto grave in un occhio, mentre l’altro occhio ci vede bene, in questo caso le due immagini provenienti dai due occhi non sono sovrapponibili e il bambino si appresta a una visione monoculare. La visita è davvero indispensabile. Visite regolari e tempestive, infatti, permettono di evidenziare problemi comuni e molto diffusi: oltre alla già citata miopia, anche ipermetropia, astigmatismo e strabismo o altri disturbi più gravi come la cataratta congenita. I controlli, con l’eventuale modifica della compensazione ottica, vanno effettuati con regolarità ogni 6-12 mesi», conclude Loperfido.

Occhiali mon amour

Una volta fatto il controllo e appurata la presenza di un difetto, la mossa successiva è la correzione con un paio di occhiali ad hoc. Si sa che l’atteggiamento di giovani e giovanissimi verso l’occhiale da vista non è sempre positivo. Dall’indagine di Commissione Difesa Vista emerge la percezione che i bambini tra i 6 e i 13 anni hanno degli occhiali da vista: infatti un quarto del campione (sia totale, sia tra i portatori di occhiali) risponde che “i bambini piccoli che portano gli occhiali da vista sono proprio sfortunati”. E’ quindi importante veicolare un messaggio positivo legato alla salute oculare e al conseguente uso di occhiali da vista in presenza di un difetto visivo.

Oggi l’occhiale è uno strumento indispensabile, di correzione ma non solo. L’atteggiamento verso questo accessorio - negli ultimi anni - è cambiato, grazie anche a molti personaggi dello spettacolo e della TV – e per i più piccoli anche molti personaggi dei cartoni animati - che indossano con orgoglio gli occhiali, liberandoli dal loro ruolo di semplice oggetto correttivo e trasformandoli in elementi fashion, fondamentali per il loro look. Oggi le aziende dell’occhialeria vengono incontro anche alle esigenze dei giovani proponendo loro modelli sempre più trendy e in materiali leggerissimi, facili e belli da indossare, con un buon rapporto qualità prezzo.

Per i più grandi

Per gli studenti più grandicelli, inoltre, si aggiungono alcuni fattori che possono influenzare o aggravare difetti visivi già presenti come l’uso intenso di computer, molte ore continuative sui libri e fattori ambientali come lo studio in ambienti male illuminati. Tutti elementi negativi che possono essere “contenuti” grazie a precise regole di comportamento e norme di sicurezza:

• ottimizzare la luminosità dello schermo in base alla luce presente nell’ambiente

• una pausa di 15 minuti ogni 2 ore trascorse davanti al computer

• adottare un’adeguata illuminazione sia come quantità che come qualità. La posizione della luce nella stanza di studio non deve riflettere su oggetti o su pareti, la giusta situazione di illuminazione si ha quando l’oggetto illuminato ha un costante contrasto. Bisogna evitare anche la luce diretta sugli occhi sia che provenga dalla finestra che da una fonte di illuminazione artificiale.

Difetti visivi e sport

Un accenno importante merita anche la scelta dello sport da far praticare ai propri figli. «I bambini molto miopi possono subire dei traumi più seri alla retina fino a comportare lesioni che, non valutate, inducono a danni seri quali anche la caduta della retina», spiega il dottor Loperfido. «Una disciplina non vale l’altra e soprattutto non espone agli stessi rischi. Lo sport deve essere scelto in relazione al difetto visivo. Per i miopi gravi sono quindi sconsigliate tutte quelle attività che possono includere scontri violenti o cadute». Dunque a ciascuno il suo sport e anche per chi porta gli occhiali è importante praticare un’attività sportiva che lo faccia crescere forte e sano! Insomma se si vogliono fare arrivare i nostri piccoli campioni alle Olimpiadi in piena salute basta optare per lo sport più adatto!

Per informazioni:
Fast-Com – Ufficio stampa CDV
Michela Mezzolo
Tel. 02. 87280954-Cell. 3402146623
michela.fastcom@grupposantagostino.com
http://www.fast-com.it/



E' ORA DI REAGIRE!

E’ l’ora di non porgere più l’altra guancia alla delegittimazione e diffamazione continua della scuola pubblica e degli insegnanti da parte del Presidente del Consiglio, del Ministro dell’Istruzione, degli altri Ministri, è l’ora che noi insegnanti, se vogliamo mantenere almeno un briciolo di dignità e coerenza con la nostra delicatissima funzione e professione, reagiamo,civilmente e legalmente, ma
REAGIAMO!
In che modo?
Dando, già da domani, lunedì 28 febbraio 2011, un segno tangibile della nostra indignazione, ad esempio:
indossando il lutto al braccio o un bottone nero;
facendo qualche minuto di silenzio nelle nostre classi, di assordante silenzio, da contrapporre alle insultanti frasi di chi ci offende con le parole e con i fatti;
mettendo degli striscioni sulle nostre scuole...
E’ l’ora di ricordare a questi signori e al paese, che la funzione della scuola pubblica è quella di istruire e di concorrere alla formazione degli individui in un clima di pluralismo, tolleranza, rispetto reciproco, e di far sviluppare ai nostri giovani la capacità di pensiero critico, libero e indipendente.
Noi non rinunceremo mai a perseguire questo obiettivo e a difendere la nostra libertà di pensiero, opinione, parola.



Spesa sociale: Tutti i drammatici tagli previsti per il 2011

Interessante indagine di Yahoo finanza, con grafici e numeri, sui drammatici tagli alla spesa sociale previsti dal Governo per il 2011.

Ridimensionamenti profondi, a volte drastici, che renderanno più difficile la vita quotidiana di molti cittadini italiani. Sono i tagli di spesa sui servizi sociali previsti dalla manovra finanziaria per il 2011. Dalla famiglia ai disabili, dai servizi per l'infanzia alle politiche giovanili, i finanziamenti statali destinati alle politiche socio-assistenziali nel 2011 hanno subito un crollo verticale e in alcuni casi sono stati completamente azzerati. La riduzione di risorse rispetto al passato è evidente. Nel 2008, i dieci fondi più importanti per le attività di welfare potevano contare su stanziamenti complessivi per 2 miliardi e 520 milioni di euro. Nei due anni successivi le risorse sono state quasi dimezzate, calando a 1 miliardo e 851 milioni di euro nel 2009 (-30,5% rispetto all'anno precedente) e a 1 miliardo e 472 milioni nel 2010 (-15%). La penalizzazione prospettata per il 2011 dal Disegno di legge di stabilità e dal Bilancio di previsione dello Stato è ancora più massiccia: in tutto, i fondi sociali riceveranno poco più di 349 milioni di euro, l'86,1% in meno rispetto al 2008.  Attraverso queste scelte, "il governo punta a disimpegnarsi dal welfare dei servizi, mentre mantiene salda la gestione del welfare monetario, un insieme di misure poco efficienti, che assorbono gran parte della spesa sociale", scrive Sergio Pasquinelli, opinionista del sito di approfondimento economico-politico Lavoce.info, in un articolo dedicato ai tagli alla spesa sociale.




Che cos'è il Mobbing?

Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente e in costante progresso all'interno del luogo di lavoro, in cui gli attacchi reiterati e sistematici posti in essere con atti e/o comportamenti anche non autonomamente sanzionabili, hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la professionalità della vittima.
L'ambiente di lavoro teso, la gestione della scuola secondo moduli autoritari o in forme inadempienti delle norme vigenti in materia di lavoro, di gestione amministrativo-contabile, in materia didattica, non sono ancora "il mobbing" (fenomeno che per esistere ha bisogno di una strategia persecutoria mirata nei confronti di una persona o di un gruppo determinato di persone), ma non lo escludono a priori, perché, anzi, la situazione di conflitto generalizzato, del tutto contro tutti o dell'uno contro tutti, può essere un terreno fertile allo sviluppo del mobbing.
Il mobbing in prima battuta è una realtà fenomenica, non un concetto giuridico, e che, pertanto, intanto si potrà riconoscerlo nella fattispecie concreta, in quanto la fattispecie medesima sia perfettamente sussumibile nei requisiti richiesti dalla psicologia del lavoro, nazionale e internazionale, compreso l'andamento nelle sei fasi successive del modello Ege.
Le fonti di responsabilità dell'autore dei fatti illeciti, sono da ricercare nel generale principio del neminem laedere espresso dall'art.2043 cod. civ., la cui violazione è fonte di responsabilità aquiliana.
Una concorrente responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art.2087 c.c., non si attaglia all'Istituto Scolastico, poiché il datore di lavoro del personale scolastico continua ad essere lo Stato, nella sua personificazione del Ministero dell'Istruzione.
Il risarcimento comprende il danno di natura patrimoniale ed il danno non patrimoniale, nelle tre componenti del danno biologico, morale ed esistenziale.





C'E' SPAZIO PER TUTTI - PIERGIORGIO ODIFREDDI

IL GRANDE RACCONTO DELLA GEOMETRIA

Come tutte le scienze, anche la geometria affonda le sue radici nella notte dei tempi. Ricostruirne la storia significa ripercorrere il cammino stesso della civiltà umana, e individuare le tracce lasciate da questa disciplina nelle opere d'arte di tutte le epoche e di tutti i popoli. A cominciare per esempio dalle piramidi, che ci rivelano le conoscenze degli Egizi nel campo dei poligoni e dei solidi. O dallo Sri Yantra, un antico e misterioso oggetto di culto indiano che nasce da una complessa intersezione di triangoli. Fino all'arte contemporanea, dove scopriamo la struttura nascosta nei singolari dipinti di Salvador Dalì, o ci soffermiamo sull'arte astratta di Kandinsky e Mondrian, le cui opere sembrano essere state pensate appositamente per illustrare un testo di geometria. Con il suo consueto stile, sempre leggero e divertente, Piergiorgio Odifreddi trasforma quello che è stato e continua a essere uno dei peggiori incubi scolastici per gli studenti di ogni generazione in un viaggio attraente, ricco di sorprese e di curiosità. Una straordinaria occasione per riscoprire in una nuova luce vecchie conoscenze come Pitagora, Euclide e Archimede, per abbandonare timori e stereotipi, e partire con entusiasmo alla conquista dello spazio geometrico.
 




Istat: Il 21,2% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora

In Italia i giovani che non studiano e non lavorano sono poco più di 2 milioni, il 21,2% tra i 15-29enni. E' quanto emerge dal rapporto Istat "Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo".
Il dato si riferisce al 2009 e riguarda i giovani Neet, ovvero quelli non più inseriti in un percorso scolastico/formativo. Il dato italiano è il peggiore a livello europeo.
In Italia, rivela l'Istat, anche l'incidenza sul Pil della spesa in istruzione e formazione è inferiore a quella dell'Unione Europea, con il valore italiano, 4,6% per il 2008, più basso del 5,2% dell'Ue.

La quota di giovani (18-24enni) con al più la licenza media, che ha abbandonato gli studi senza conseguire un titolo superiore, è pari al 19,2% e colloca l'Italia in una delle posizioni peggiori nella graduatoria Ue27 (media 14,4% nel 2009), si legge ancora nel rapporto dell'Ente Nazionale di Statistica.

Anche il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) italiano è superiore a quello europeo. In Italia questo valore è pari al 25,4%, in aumento di oltre quattro punti rispetto all'anno precedente e superiore a quello medio dell'Unione (19,8%).

Un dato in crescita, invece, è quello dei 30-34enni che hanno conseguito un titolo di studio universitario o equivalente (19%), quota cresciuta di 3,3 punti percentuali tra il 2004 e il 2009. Tale livello, sottolinea l'Istat, è tuttavia ancora molto contenuto rispetto all'obiettivo del 40 per cento fissato da "Europa 2020".




Nel 2010 per i Nuovi Assunti il 43% di Contratti Atipici

Tra gli assunti di quest'anno 2 su 5 sono precari ed entro la fine dell'anno saranno quasi 350 mila gli italiani che lavorano con contratti 'flessibili'. E' quanto emerge da un'elaborazione dell'Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza (Milano: BDB.MI - notizie) su sistema informativo excelsior 2010-2009.

Stando ai dati forniti dalla camera di commercio di Monza e Brianza i circa 350 mila precari si dividono in collaboratori a progetto, oltre 180 mila, e collaboratori interinali, piu' di 164 mila. Quest'anno i collaboratori 'atipici' rappresentano il 43% sul totale delle nuove assunzioni, in aumento rispetto al 2009 quando pesavano il 41,1%. I nuovi precari hanno una preparazione universitaria, o sono almeno diplomati, e piu' della meta' sono andati a ricoprire figure specializzate o tecniche.

Dalla stessa elaborazione di dati emerge che il 4,3% delle imprese ha previsto di utilizzare quest'anno lavoratori interinali e il 5,9% collaboratori a progetto. Per quello che riguarda la classifica delle regioni al primo posto si trova la Lombardia con il 67,5% dei nuovi contratti che rientra nella categoria degli 'atipici' seguita da Lazio con 53,9%, il Friuli Venezia Giulia con 51,5% e il Veneto 49,5%. La minor percentuale di lavoratori precari sul totale delle nuove assunzioni si trova in Trentino Alto Adige, 15,7%.

fonte: adnkronos