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Lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte dei DOCENTI INCAZZATI

Noi siamo conservatori
lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Se essere conservatori significa
1) riaffermare la propria dignità contro il fango che ogni giorno ci viene gettato addosso:
2) opporsi al tentativo di aumentare l'orario di servizio di 6, 4 o anche 2 ore, che rappresentano un carico di lavoro insostenibile per una categoria il cui orario di lezione è solo una parte del servizio effettivamente svolto
3) resistere al tentativo di svalutare la scuola nei suoi fondamenti culturali e sociali attraverso progetti sciagurati e devastanti come l'abolizione del valore legale del titolo di studio e l'eliminazione di un anno di corso nella secondaria di secondo grado, ma anche attraverso la cancellazione o la drastica riduzione di discipline centrali per la formazione di cittadini consapevoli;
4) opporsi alla sempre più sistematica sottrazione di risorse alla scuola pubblica a vantaggio della scuola privata
5) salvaguardare i diritti acquisiti attraverso anni di lotte, a cominciare dal rispetto del Contratto nazionale minacciato da continui tentativi di revisione unilaterale ;
6) tutelare una scuola pubblica libera dagli interessi e dai condizionamenti dei privati, nella quale si possa continuare a fruire del diritto allo studio nel senso più ampio;
7) resistere al continuo e reiterato tentativo di smantellamento della scuola a partire dalla sottrazione di fondi e investimenti che garantiscono la sopravvivenza della sua struttura fisica fino ad arrivare a ciò che mina alla base il diritto allo studio attraverso un aumento del numero di alunni per classe, la cancellazione di ore di compresenza e di supplenza, l'accorpamento di scuole, la riduzione del personale ATA ;
8) difendere l'attuale assetto degli Organi collegiali come garanzia di partecipazione democratica di tutte le componenti - docenti, genitori, studenti, ATA - alla gestione della scuola;
9) esigere il diritto all'assunzione degli insegnanti precari, dopo anni di servizio retribuito con il minimo, senza che si debbano sottoporre a un nuovo concorso con forme di selezione irragionevoli e umilianti;
10) opporsi all'introduzione di un tipo di valutazione di scuola ed insegnanti basata su criteri meramente quantitativi e nozionistici e promuovere una valutazione che garantisca un insegnamento laico, pubblico e gratuito;
11) rifiutare sempre e comunque la logica di riforme della scuola imposte dall'alto e dettate solo dalla volontà di fare cassa.
Allora sì, certo, lo diciamo forte: NOI SIAMO CONSERVATORI.

DOCENTI INCAZZATI
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la lettera può essere inviata a Napolitano andando sul format

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Gli orrori della Scuola Pubblica con la Prof. Spinelli di Federica Festa


Fino al 9 dicembre l'attrice torna al Teatro dell’Orologio con il suo Dopo ricreazione… l’ora d’italiano. In scena solo un banco, una cattedra e la professoressa, e la carica comica e ironica portata sul palco dall’attrice che racconta il mondo della scuola italiana in tutta la sua precarietà tra occupazioni, scioperi e assenze ingiustificate DI FEDERICO LONGO

Cinque anni di repliche, passaggi a Radio 2, ospitate fisse in trasmissioni tv, piazze estive stracolme e premio “Vittorio Mezzogiorno” come miglior attrice emergente. Riconoscimenti che sono lì a raccontare il successo di un piccolo e divertente spettacolo che racconta con tanta ironia gli errori e gli orrori della scuola pubblica italiana. Federica Festa, in arte la professoressa Spinelli, è tornata - dal 14 novembre al 9 dicembre - al teatro dell’orologio con il suo Dopo ricreazione…l’ora d’italiano.

VITA DA INSEGNANTI TRA DISAGIO E IRONIA -  Un banco, una cattedra e la professoressa, in scena nulla più a parte la carica comica e ironica portata sul palco dall’attrice che racconta il mondo della scuola italiana in tutta la sua precarietà. La professoressa di lettere, attraverso battute e amare riflessioni, riesce a coinvolgere gli spettatori che vivono di riflesso e di ricordi personali il disagio sociale degli insegnanti precari, degli studenti svogliati e di quelli volenterosi, degli ideali e spesso delle mura che li hanno circondati ai tempi della scuola. Un habitat innaturale per un luogo dove si insegna cultura e nel quale persino una ricreazione diventa il miraggio di una nuova scuola. A interrompere però questo sogno arriva, quasi interminabile, il suono della campanella che riporta tutti alla dura realtà. E’ così che gli spettatori-alunni tornano, per una sera, tra i banchi di scuola e si ritrovano di fronte una professoressa precaria, 25enne, che sogna una cattedra tutta sua dopo aver partecipato al “concorsone”.

LA ROUTINE DELLA PRECARIETA' - Una vita da precaria, una vita da chi sogna un posto fisso dopo anni di supplenze, da chi si addormenta mentre corregge i compiti di italiano, che perde la speranza ma che ogni volta viene destata dal suono della campanella ed entra con rinnovato ottimismo nella “sua” terza B. Una vita quasi monotona che procede anno dopo anno, giorno dopo giorno, scandita  da interrogazioni, spiegazioni, scadenze e consegne ma che improvvisamente viene interrotta da una circolare di sospensione dall’incarico per inadeguatezza professionale. Una “botta” che stende la gelida e inflessibile professoressa che lavora in un Istituto tecnico dove il preside deve farsi aiutare dagli allievi a connettersi ad Internet perché non sa farlo, una scuola che ha difeso il crocifisso nelle aule come simbolo dei valori della nostra società. La stessa scuola che la sta mettendo alla porta dopo anni di onorata carriera. Tutto questo turbinio di sensazioni genera nella professoressa Spinelli una trasformazione: si scioglie, diventa più umana, abbandona Manzoni e interroga i suoi alunni sulla scuola che vorrebbero. Da questo giorno nella sua classe si parla e si vive la difficoltà di tutti i giorni tra occupazioni, scioperi e assenze ingiustificate, l’incognita di un lavoro dignitoso per 160mila precari e l’attesa perenne di una riforma democratica degli organi scolastici.

di Federico Longo

Omofobia, diffondere la cultura della diversità nelle Scuole


Un'interrogazione parlamentare al ministero dell'Istruzione per diffondere tra i giovani la cultura del rispetto della diversità. La firma è delle deputate Anna Paola Concia (Pd) ed Elena Centemero (Pdl). "Il suicidio di Davide, quindicenne romano, è solo l’ultima, drammatica conferma di quanto siano diffusi, anche nelle nostre scuole, i fenomeni del bullismo", spiegano Concia e Centemero. Le due parlamentari ricordano uno studio, presentato alla Commissione Bicamerale per l'Infanzia, da cui emerge un dato inquietante: il 30% dei suicidi di adolescenti avviene per ragioni legate all’omofobia e alla transfobia.

L'INTERROGAZIONE - Per le due parlamentari, "le istituzioni non possono stare a guardare, per questo abbiamo presentato un’interrogazione al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo, affinché ci indichi le iniziative che intende adottare per diffondere tra i giovani, attraverso la scuola, la cultura del rispetto delle diversità, ivi comprese quelle riguardanti l’orientamento sessuale".

LA SCUOLA - Le due elette alla Camera ritengono "indispensabile e non più rinviabile un intervento, anche sui programmi scolastici, per dare spazio ad un’adeguata educazione all’affettività e alla sessualità. Tanto più in un momento come questo, la scuola deve accompagnare la crescita umana e personale dei ragazzi, oltre che quella culturale, e deve diventare il luogo dell’integrazione e della formazione dell’identità personale”.

ECDL - Quiz per la Patente Europea del Computer

Esercitati con i quiz e le simulazioni ECDL proposte da Mininterno.net, sviluppate da Informaquiz.it per prepararti al meglio per conseguire la Patente Europea del Computer!

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Esame di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di Medico


Quiz per l'esame di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico, I Sessione 2012 del 12 luglio 2012.

I Prof sono soli: riflessioni dei Docenti del Liceo delle Scienze Umane di Perugia "A. Pieralli"

I prof sono soli.
La mattina, entrano in classi, nelle quali li aspettano, stipati, fino a venticinque, trenta alunni. Sono classi brutte: fredde d'inverno, calde d'estate, non ben illuminate, con la vernice che si scrosta, le tapparelle che cadono, le pareti nude, oppure coperte da carte geografiche che raffigurano ancora stati come la Cecoslovacchia o l'Unione Sovietica. In quelle classi, ogni mattina i prof cercano di motivare e coinvolgere ragazzi che perlopiù vorrebbero essere altrove.
Sono soli quando escono dalla classe, corrono in quella successiva, oppure vanno a ricevere i genitori, senza avere il tempo di incontrare i colleghi, parlarsi, discutere di didattica, di bisogni degli alunni, di strategie per migliorare l'insegnamento.
Sono soli quando il pomeriggio, a casa, senza che nessuno li veda, correggono pile di compiti, spulciano libri in cerca di spunti per la lezione del giorno dopo, o scrivono programmazioni che, già lo sanno, finiranno a prendere polvere negli schedari.
Sono soli anche durante i consigli di classe: ognuno solo con il proprio registro, nel quale i ragazzi si trasformano in file di nomi, numeri, giorni di assenze, note disciplinari.
I docenti, per la maggior parte, credono in ciò che fanno: altrimenti non lavorerebbero per una retribuzione che riconosce loro soltanto una minima parte del lavoro necessario perché le ore di insegnamento siano realmente efficaci. Un lavoro che parte ai primi di settembre e va avanti sino a fine giugno, o sino a metà luglio con gli esami.
Un lavoro per la maggior parte non pagato, o pagato male: volontariato, se vogliamo dirlo in maniera gentile.
I docenti sono quelli che, nell'opinione comune, “lavorano tre ore la mattina e hanno tre mesi di ferie l'estate”. Quelli soggetti a una disistima sociale generalizzata. Quelli che, secondo le recenti dichiarazioni del Presidente Monti, “difendono interessi corporativi” e “usano i ragazzi come scudi” per “evitare di lavorare due ore in più”.
I docenti, a questo punto, si sarebbero anche un po' stufati.

Ci chiediamo, noi docenti, se l'opinione pubblica si sia accorta del feroce attacco alla scuola, quella pubblica, che è in atto da almeno un decennio, da parte dei governi di qualunque colore politico.
Lo Stato italiano, lo sanno tutti, non ha mai brillato per attenzione alla cultura, è stato anzi il Ministro dell'Economia di uno dei recenti governi ad affermare che “la cultura non si mangia”: e sorvoliamo sulla grottesca paradossalità di un'affermazione del genere, in un paese che conserva più di metà del patrimonio artistico mondiale.
Negli ultimi anni, la scuola ha subito tagli ai finanziamenti pubblici pari al venti per cento annuo, a fronte di aiuti sempre più consistenti alle scuole private. I docenti hanno assistito alla perdita del potere d'acquisto dei propri stipendi e il blocco degli aumenti legati agli scatti d'anzianità. Si sono visti calare sulla testa “riforme” (quella Gelmini è solo la più tristemente famosa) che hanno compromesso la loro possibilità di svolgere la propria missione: costruire il sapere, far crescere le menti e le coscienze. Li si vorrebbe sempre più ridotti a ripetitori di nozioni, esecutori di programmi, somministratori di test a scelta multipla (i famigerati test Invalsi, ultima frontiera dell'omologazione cognitiva).
Ascoltano i ministri parlare di informatica, di lavagne multimediali, di tablet, di didattica via internet, ma sanno che gran parte delle scuole dispone a malapena di una connessione e di pochi computer vecchi e mal funzionanti.
Chi ha pagato di più queste politiche sono stati i più deboli: insegnanti precari, alunni con disabilità, oltre ovviamente a tutti quei ragazzi che, avendo difficoltà scolastiche, avrebbero bisogno di una maggior cura da parte dei docenti. Cura che non è più possibile fornire, affogati come siamo in classi da trenta persone.
Stando alle notizie (poche e confuse) arrivate dal Ministero, le ultime misure di legge dovrebbero prevedere un'ulteriore decurtazione di risorse pari al venti per cento, che equivale a dare un altro giro di vite al già esiguo flusso di ossigeno, che ancora prolunga l'agonia della scuola.
Il governo ha promesso, da una parte, che saranno ripristinati gli scatti d'anzianità, dall'altra ha deciso che i soldi saranno sottratti dal Fondo d'Istituto, ossia da quelle risorse che dovrebbero migliorare l'offerta formativa delle scuole. Insomma, dare con una mano per togliere con l'altra.
Il ventilato aumento delle ore di insegnamento da diciotto a ventiquattro (a quanto pare rientrato: ma non si sa mai) sarebbe stato solo l'ultimo di questi schiaffi. Non solo perché aumentare l'orario, senza aumentare lo stipendio, sarebbe suonato come un insulto a chi percepisce già stipendi fra i più bassi d'Europa. Ma anche perché sei ore in più (sei, presidente Monti!) avrebbero significato due o tre classi in più per insegnante, quindi cinquanta, settanta, novanta alunni in più da seguire, alunni che sono persone, ognuna con i propri bisogni e i propri diritti, e non nomi su un registro, quindi un aumento esponenziale del lavoro – ricordiamolo, non pagato – necessario per preparare le lezioni. Ciliegina sulla torta, quelle due o tre classi in più, assegnate ad ogni docente, sarebbero state sottratte a giovani colleghi, messi così a rischio di perdere il posto.
I docenti, a questo punto, dicono: basta!

Non si migliora la didattica restando in classe due ore in più, come sembra credere il professor Monti. Si migliora la didattica restituendo ossigeno alla scuola.
In fondo, gli insegnanti non chiedono molto.
Il rispetto della loro dignità di lavoratori e una retribuzione che tenga conto del lavoro realmente svolto e della sua qualità.
L'opportunità di esercitare l'insegnamento in una scuola pubblica, uguale per tutti, improntata a criteri di equità e di democrazia.
La possibilità di professionalizzarsi attraverso corsi d'aggiornamento seri, frequenti e soprattutto efficaci.
Un'edilizia scolastica fatta di scuole dignitose, sicure, possibilmente attrezzate secondo standard d'efficienza europei.
Per ottenere tutto ciò, serve che il Governo torni ad erogare fondi alla scuola, e non più a tagliarne. Serve il ritorno a una politica che veda la scuola come un'occasione per il futuro, e non come un tronco marcio da potare fino a rinsecchirlo.
Lo dobbiamo, se non a noi stessi, almeno ai nostri figli.

i Docenti del Liceo delle Scienze Umane di Perugia "A. Pieralli"

Risorse Per Docenti Dai Progetti Nazionali

PROPOSTE PER LA FORMAZIONE CONTINUA DEI DOCENTI
Un supporto all’implementazione delle Indicazioni nazionali attraverso i percorsi e i prodotti dei progetti nazionali - cofinanziati dal FSE e realizzati in collaborazione con l'ANSAS - per promuovere lo sviluppo professionale degli insegnanti. Le risorse del sito sono organizzate per area disciplinare e includono guide alla costruzione dei curricoli, riflessioni sugli sviluppi delle discipline e della loro didattica, strumenti per la verifica degli apprendimenti, esemplificazioni metodologiche e approfondimenti.

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Storia della scienza, il VideoLab entra al museo


Nell’ambito di alcuni progetti di formazione e di ricerca italiani ed internazionali Indire ha avuto l’occasione di collaborare con numerosi enti culturali e di ricerca. Un’interessante e proficua collaborazione è quella che, da qualche anno, vede coinvolti l’Indire insieme al Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza (prima nell’ambito della formazione Neoassunti e del progetto Pencil, poi del Piano di sviluppo professionale "Educazione scientifica" promosso dal PON FSE 2007/2013 "Competenze per lo Sviluppo").