Segnalo un interessante articolo a commento della notizia, pubblicata in questi giorni su tutti i giornali, dell'aumento esponenziale dei trasferimenti dei docenti. Non è, come si potrebbe pensare, solo il desiderio pur legittimo dell'avvicinamento a casa. C'è dell'altro e questo altro, a volte, ha delle origini inquietanti.
Tornando all'aspetto trasferimenti mi chiedo per quale motivo siano così avversati. Basti pensare alla "punizione" di dieci punti del proprio punteggio d'istituto per coloro che fanno domanda che non va a buon fine. Oppure la penalizzazione, sempre del proprio punteggio, della voce "continuità didattica" in caso di trasferimento andato a buon fine.
Ecco, il grande feticcio è la "continuità didattica" eletta a grande valore a favore degli studenti. Non sono d'accordo. Un insegnante che mette le radici in un istituto è un'insegnante che perde molti stimoli importanti. Cambiare volontariamente scuola, ambiente, studenti, colleghi ecc. è una sferzata positiva che ti rimette in gioco, ti rinnova, ti fa riscoprire la bellezza dell'insegnamento, ti da l'impressione di ricominciare da capo e quindi di ringiovanire. Tutto ciò con le positive ricadute sulla didattica e sugli studenti. Non dico che si dovrebbe cambiare scuola ogni anno ma un periodo di tre anni oltre il quale non si dovrebbero subire penalizzazioni mi sembra congruo.
Oltretutto questa maggiore mobilità avrebbe certamente una ricaduta positiva in termini di pendolarismo e quello che ne comporta, in termini di costi, traffico, inquinamento, stress ecc.
Se poi si sta bene dove si sta....tanto meglio.