In tempi di
crisi, dove spread e austerity sono le parole più gettonate, i media e i
dibattiti pubblici trattano poco del ruolo dell'istruzione e dell'importanza
che gli investimenti in questo settore possono avere proprio per superare la
difficile fase in cui si trova l'intero sistema occidentale. Ne abbiamo parlato
con il vice direttore per l'Educazione dell'Ocse, Andreas Schleicher. Ecco il
suo pensiero in quattro punti.
Crisi e investimenti
in istruzione. «In un contesto globale, gli individui e i paesi che scelgono di
investire seriamente sull'educazione registrano dei forti ritorni sul piano
sociale e su quello economico. Anche durante la crisi, infatti, non mancano le
imprese che non trovano le persone con le competenze necessarie. Nei paesi Ocse
che negli ultimi decenni hanno puntato sull'espansione dell'istruzione
universitaria, sono cresciuti i differenziali retributivi a vantaggio dei
laureati. Più è elevato lo stock di conoscenze possedute da una persona, più
cresce il suo riconoscimento economico. L'altra faccia della globalizzazione è
lo sviluppo tecnologico che, di nuovo, dipende dai livelli dell'istruzione, non
tanto perchè i knowledge workers e gli innovatori devono essere dotati di alta
formazione, quanto perché la presenza di una forza lavoro molto istruita
costituisce una pre-condizione per lo sviluppo di nuove tecnologie e per
l'aumento dei tassi di produttività. E l'importanza dell'istruzione, più in
generale, oltrepassa la dimensione economica: permette agli individui di vivere
in un contesto complesso, essere cittadini attivi e responsabili, cogliere la
bellezza di un mondo in cui convivono credenze, culture e valori diversi».
Risorse finanziarie limitate e spesa pubblica. «Solamente il 20% dei
differenziali di performance tra i paesi Ocse dipende dalle risorse finanziarie
destinate all'istruzione. Il denaro è solo una parte della risposta. La seconda
parte riguarda le scelte di spesa, ovvero per cosa si spende. Se si vogliono
classi di studenti meno numerose, non si possono incrementare gli stipendi
degli insegnanti. Se si vogliono più ore sui banchi, non si possono affidare
agli insegnanti attività non connesse all'insegnamento». Le scelte dell'Italia
e le risposte degli altri paesi. L'Italia ha optato per un numero alto di
insegnanti scarsamente retribuiti. CONTINUA A LEGGERE
di Antonio Alizzi da corriere.it