È difficile spiegarlo, ma ci si impoverisce anche così.
Infatti, quando io andavo al ginnasio mi dicevano che nel nostro parlare
utilizzavamo circa 2000 vocaboli; dopo il ’68 ne bastavano 1000, mentre adesso
ne bastano 500 dei quali il 50% sono parolacce.
Non dovrebbe essere difficile capire che il turpiloquio è
anzitutto una mancanza di rispetto verso gli altri oltre che verso se stessi. Respectussignifica
riguardo, considerazione. È la capacità di stare davanti all’altro e alle cose
stimandole degne di attenzione e di considerazione; direi che è il primo valore
dell’educazione. Infatti una persona educata sa stare correttamente davanti
all’altro con rispetto.
È pessimismo dire che il rispetto oggi è in declino? Spesso
non si rispettano i malati, gli anziani, i bambini, l’ambiente, gli animali, le
cose pubbliche, … Talvolta non si rispettano gli amici, la famiglia, la
religione, le tradizioni, l’autorità, le regole della convivenza, … Il rispetto
è un valore, un impegno individuale e collettivo che s’impara a scuola, ma si
promuove con l’esempio.
La mancanza di rispetto si esprime manifestamente nella
progressiva maleducazione, inciviltà, arroganza, menefreghismo.
Certi dibattiti televisivi sono una scuola di volgarità
fatta di insulti più o meno velati, parolacce, litigi, mancanza di ascolto, etc.
In certi particolari momenti molti dimenticano come si sta in società e come si
pratica il buon senso; si comportano come chi vede nemici dappertutto e
manifestano un’aggressività da giungla. Quando si inizia con uno sguardo torvo,
un tono seccato, una sbuffata e qualche parola di troppo, si entra in una
spirale impazzita di inciviltà che fa perdere il senno. È così che scatta
l’imbarbarimento nei rapporti interpersonali. Il maleducato nelle dispute non
capirà mai le ragioni degli altri; vive d’istinto e non è disposto a
confrontarsi con le argomentazioni chiarificatrici degli interlocutori. proprio
così, ci si abitua a tutto, anche al turpiloquio; quelle che una volta si
chiamavano parolacce, sono state sdoganate e lodevolmente giustificate. Una
dopo l’altra le ascoltiamo, ne “gustiamo” la volgarità e poi ci accorgiamo che
fanno parte a pieno titolo del linguaggio comune, del quotidiano neo-volgare.
In tempi in cui certe parole come imbrogli, raggiri, frodi,
truffe, … ronzano ogni giorno nelle nostre orecchie, così altre parole da
“scaricatore di porto” (così si diceva una volta), le possiamo ascoltare in
macchina, per strada, dai giornali e dalla radio, dalla tv e dai film. Qualche
bravo opinionista ci chiede di adeguarci per non essere dei bacchettoni fuori
tempo, anche perché “non conta come si parla, ma cosa si dice”. E se uno è un
po’ nostalgico del parlare pulito? E se io credo che la forma influenza la
sostanza?
Ma una volta il turpiloquio, non lo usavano le persone
maleducate? Sì, certo. Una volta la buona formazione, quella che si rifaceva al
galateo, voleva il ben parlare. Oggi dopo le varie rivoluzioni più o meno
culturali, viviamo un’accondiscendente assuefazione alla volgarità. Il peggio è
che il turpiloquio è entrato in casa, grazie agli “amati comici” e “bravi
presentatori” televisivi.
Per questi “benemeriti professionisti” le parolacce sono il
sale dei “banchetti festivi” a base di sesso che la tv scodella nelle nostre
orecchie. Una volta certe parole, gesti, comportamenti, … venivano guardati con
disapprovazione; oggi sono parti integranti del quotidiano. Ma è un po’ come lo
smog: non ci si fa più caso.
Enrico Bommarito c.p., enricobommarito@virgilio.it
Fonte: associazionescuole.it