google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0 TUTTOPROF.: 01/02/10 - 01/03/10 google.com, pub-4358400797418858, DIRECT, f08c47fec0942fa0

L'argomento del giorno è: licenziamo i Professori

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Questa volta il tam-tam è scaturito da un fatto accaduto in una scuola americana del Rhode Island, la Central Falls Senior High School che, per scarsi risultati degli studenti, ha licenziato in blocco tutti i docenti. Tanto è bastato per dare la stura ad un coro di consensi ed una richiesta di emulazione per i Professori nostrani.
L'equazione è semplice: " Se tutti gli studenti di una classe danno scadenti risultati, i casi sono due: o l’indisciplina generale è così alta da impedire ai professori di insegnare, oppure sono i professori stessi incapaci di insegnare. Ma andrebbe anche osservato che se un docente non è in grado di tenere la disciplina, il più delle volte significa che non sa incuriosire e motivare all’apprendimento i propri allievi."

L'equazione è semplice anzi, è semplicistica e non può che essere enunciata da chi in classe non è mai stato se non come studente (forse).

  A questa equazione io rispondo con un paragone: immaginiamo di chiedere ad un chirurgo di operare un paziente dopo avergli legato le mani. Dopo aver constatato gli ovvi risultati lo licenziamo perché incapace di compiere un'operazione chirurgica.
  Può sembrare un paragone estremo, inappropriato, certamente provocatorio ma non così assurdo.
  Da qualche decennio si fa a gara per mettere al "centro"della scuola tutti: gli alunni, i genitori, il quartiere, il Preside manager ma non ho mai sentito qualcuno mettere al centro i Docenti.
  Sulla Scuola discettano tutti: pedagogisti, psicologi, giornalisti, ministri, sottosegretari, opinionisti....Ma in classe ci andiamo noi. Tutti hanno qualcosa da insegnarci, da inculcarci, da aggiornarci...Ma in classe ci andiamo noi.
  Esistono degli Insegnanti indifendibili, non c'è dubbio ma l'impostazione del dibattito è contro un'intera categoria. Quand'è che qualcuno metterà gli Insegnanti al centro della Scuola? Quand'è che si libereranno le mani agli Insegnanti? Se un Docente viene messo in condizione di insegnare, a meno che non abbia sbagliato mestiere, i risultati sono garantiti. Oggi, soprattutto nelle realtà più disagiate, questo è impossibile. E l'equazione: " Se un docente non è in grado di tenere la disciplina, il più delle volte significa che non sa incuriosire e motivare all’apprendimento i propri allievi" non esiste.
  Ci sono delle realtà inimmaginabili che hanno bisogno di interventi specialistici individualizzati (non sto parlando né di alunni diversamente abili né di alunni in difficoltà). L'insegnante ha in una classe, mediamente, 25 alunni e non può dedicarsi solo a quei 2 o 3 bulli che sabotano regolarmente le lezioni . Le situazioni che si creano debbono essere inquadrate, e perseguite, sotto la loro vera luce: "Interruzione di pubblico servizio". Togliere dalla classe chi impedisce lo svolgimento del lavoro scolastico è diventata un'emergenza ed un dovere primario per tutti coloro che hanno a cuore le sorti della Scuola. Non è un'esagerazione.
  Le prime vittime di questa situazione ingovernabile sono gli alunni diversamente abili che avrebbero, loro si, bisogno di maggiore attenzione; ben poco può fare l'Insegnante di sostegno che al massimo opera 9 ore su 30 a settimana.
Le seconde vittime sono gli alunni abili ma bisognosi di recuperare le carenze, le cui famiglie sono spesso costrette a ricorrere a lezioni private.
Le terze vittime sono gli alunni con grosse capacità che potrebbero raggiungere risultati di eccellenza resi impossibili in queste condizioni.
Infine ma non ultimi gli Insegnanti, costretti a sgolarsi e a collezionare frustrazioni verso questi elementi impuniti e impunibili che, di fatto, sono i più tutelati della Scuola.
E le patologie aumentano. E l'insoddisfazione e lo scoraggiamento aumenta. E l'età pensionabile aumenta. Il Ministro Sacconi quando ci tratterrà in servizio fino a 67 anni e oltre, farà insegnare agli alunni persone che hanno 5 volte la loro età: complimenti.
  Fino a quando durerà questa situazione?
  Il Ministro Gelmini dice di aver introdotto la bocciatura con il 5 in condotta, poi leggendo bene l'ambito di applicazione si scopre che l'alunno deve aver avuto una sospensione di 15 giorni. E' mai esistito in Italia un alunno che abbia avuto 15 giorni di sospensione? Caro Ministro, è un'arma spuntata, e a poco vale demandare all'autonomia degli istituti interventi più adeguati. Il segnale chiaro, forte e soprattutto applicabile deve venire dall'alto e uguale per tutti. Bocciare alla fine dell'anno, quando avviene, è troppo tardi; il lavoro didattico della classe è ormai compromesso.
  Per non rimanere nel vago propongo che la bocciatura avvenga alla fine del primo quadrimestre. L'alunno che avrà dimostrato disinteresse e soprattutto avrà impedito il  pubblico servizio dell'insegnamento deve essere allontanato dalla classe. Per andare dove? Dovrebbero essere organizzate classi trasversali che raccolgano tutti gli elementi di pari livello (ma non più di 12 alunni) che svolgano innanzitutto lavoro di rieducazione: alla cittadinanza, alla convivenza, al rispetto reciproco e delle istituzioni. In seguito, possono anche colmare le lacune scolastiche. Se il percorso del ragazzo sarà giudicato positivo potrà anche essere riaccorpato alla classe di provenienza all'inizio dell'anno scolastico successivo. Intanto la classe avrà avuto un quadrimestre in Grazia di Dio.
  Proposta impossibile? Inutile? Può darsi. Ma allora inventate qualcosa voi, che comandate, perché così non si può andare avanti. Coloro che si dilettano a scrivere di scuola, senza farne parte, si occupino, cortesemente, di cose in cui sono più competenti; perché alla fine in classe...ci andiamo noi.

Buona lettura (si fa per dire)

Usa, la scuola non funziona? Licenziati tutti i professori
Professori somari? Licenziamoli anche noi
I ragazzi non sanno l’italiano..perchè i professori si?
Salvata la scuola, peccato sia tardi
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Unità didattiche proposte dall' Unione Nazionale Consumatori

Un capitolo tra i più importanti ed impegnativi dell’attività dell’Unione Nazionale Consumatori è la collaborazione, ormai più che trentennale, con la scuola.

Grazie ad essa è possibile, infatti, coinvolgere gli insegnanti, gli allievi e, tramite questi, anche le famiglie su temi e problemi di grande interesse pratico, solitamente trascurati o non sufficientemente approfonditi dagli abituali mezzi d’informazione.
Nell'ambito di tale impegno di collaborazione sono state realizzate apposite unità didattiche dedicate alle scuole medie e contemporaneamente sono stati organizzati appositi concorsi a premi tra gli allievi.

Alcune unità didattiche realizzate dall' Unione Nazionale Consumatori:

Il latte (Unità didattica: Il diario di Laura - pdf 1,4 Mbyte)

Sicurezza elettrica(Unità didattica: Sicurezza elettrica - pdf 398 Kbyte)

Il riso

L'acqua che beviamo(Unità didattica)

Galassia salumi (Unità didattica)

La qualità si vede

Occhi aperti  (3 Unità didattiche)

fonte: http://www.consumatori.it/

ESAME DI STATO: prove scritte di Italiano 2007/08/09, per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali

Le tracce relative alla sessione 2007  (pdf)
Scheda di correzione della I prova - sessione 2007 

Le tracce relative alla sessione 2008

Le tracce relative alla sessione 2009


LA VALUTAZIONE DELLA PRIMA PROVA DELL’ESAME DI STATO (presentazione)
LA VALUTAZIONE DELLA PRIMA PROVA DELL’ESAME DI STATO (fascicolo)


fonte: INVALSI

ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO 2007-2008 Ordinario e sperimentale

Liceo Scientifico CORSO DI ORDINAMENTO Sessione ordinaria 2007 MATEMATICA

Liceo Scientifico CORSO SPERIMENTALE PIANO NAZIONALE INFORMATICA Sessione ordinaria 2007 MATEMATICA

Maschera di correzione - elaborati 2007


Liceo Scientifico CORSO DI ORDINAMENTO Sessione ordinaria 2008 MATEMATICA

Liceo Scientifico CORSO SPERIMENTALE PIANO NAZIONALE INFORMATICA Sessione ordinaria 2008 MATEMATICA

fonte: INVALSI


ESAME DI STATO 2009-2010 - PRIMO CICLO - Quadri di Riferimento di Italiano e Matematica

STRUTTURA DELLA PROVA
La Prova Nazionale per l'esame di Stato scuola secondaria di I grado è strutturata tenendo conto delle tecniche adottate per le rilevazioni degli apprendimenti dalle indagini nazionali ed internazionali.
La prova è oggettiva e semistrutturata (composta da quesiti sia a scelta multipla sia a risposta aperta), ed è costruita anche in riferimento alle pratiche didattiche dei docenti di italiano e di matematica.
La prova è articolata in due fascicoli: uno dedicato alla valutazione in matematica e l'altro a quella in italiano.
La durata complessiva è di due ore.

Quadri di riferimento:



SOMMINISTRAZIONE PER PARTICOLARI TIPOLOGIE DI ALUNNI
La prova è obbligatoria per tutti gli alunni ammessi all'esame, anche per quelli con cittadinanza non italiana.
Per le minoranze linguistiche tedesche e slovene i testi delle prove verranno predisposti in lingua madre dall'INVALSI.
Per alunni con disabilità intellettiva la costruzione della prova è affidata alle sottocommissioni. In questa pagina sono raccolti suggerimenti ed esempi su come le sottocomissioni potrebbero impostare la costruzione della prova d'esame.
Gli alunni con diagnosi specialistica di dislessia sosterranno la prova con l'ausilio degli strumenti compensativi impiegati durante l'anno scolastico (tabelle, tavola pitagorica, calcolatrice, registratore, computer con programmi di videoscrittura con correttore ortografico e sintesi vocale...), oltre all'assegnazione di maggior tempo per lo svolgimento della prova stabilito dalla commissione (di norma 20 minuti).
Per gli alunni con disabilità visiva è previsto l'uso della strumentazione normalmente utilizzata (braille, lettura digitale, sintetizzatore vocale), oltre a un maggiore tempo di somministrazione (di norma 30 minuti). Le scuole devono indicare la presenza di alunni con disabilità visiva quando compilano il report Dati scuola.

Ulteriori Informazioni


Credito Agevolato per i Dipendenti Pubblici

L’Inpdap offre finanziamenti a tassi agevolati per i lavoratori, i pensionati e le loro famiglie. Questi sono erogati direttamente dall’Istituto oppure da banche e società finanziarie in convenzione.

Nel primo caso, si tratta di prestiti e mutui che l’Inpdap finanzia con un proprio Fondo credito: la Gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali. Nel secondo, invece, i finanziamenti sono erogati da banche e società finanziarie, sulla base di convenzioni stipulate con l’Istituto.
Il Fondo credito è alimentato dalla contribuzione obbligatoria degli iscritti Inpdap e da quella volontaria di pensionati Inpdap e lavoratori e pensionati pubblici iscritti, ai fini previdenziali, ad altri enti o istituti (decreto ministeriale 45 del 2007) che aderiscono a tale Fondo.

Posizione Assicurativa dei Dipendenti Pubblici

Per ogni dipendente pubblico iscritto l´Inpdap costruisce e gestisce una posizione assicurativa, cioè registra, certifica e aggiorna i dati sul rapporto previdenziale tra questo e l´Istituto:
  • datori di lavoro
  • anagrafica e domicilio iscritto
  • stato di servizio e retribuzioni

  • periodi riconosciuti (riscatti, ricongiunzioni, computi, etc)
 La posizione assicurativa aggiornata consente all´Istituto di definire, con esattezza e in tempi rapidi, le prestazioni cui l´iscritto ha diritto: pensioni, indennità di fine servizio, trattamenti di fine rapporto, prestiti e mutui, riscatti e ricongiunzioni.
 Consente, inoltre, all´iscritto di accertare se possiede i requisiti richiesti dalla normativa per l´accesso alla pensione e di valutare se aderire a fondi di previdenza complementare.
 I canali e i passi che portano alla definizione della posizione assicurativa sono molteplici e vedono coinvolti più soggetti: le Amministrazioni Pubbliche, gli iscritti, i Patronati e l´Inpdap che gestisce e governa l´intero processo.
Gli iscritti, in particolare, sono coinvolti personalmente nel processo di verifica e aggiornamento dei propri dati.
 Nell´agosto del 2006 è partita, in via sperimentale l´operazione "prime comunicazioni", su un campione limitato di iscritti.
 L´invio delle prime comunicazioni a tutti gli iscritti consente agli stessi di inoltrare eventuali richieste di modifica o integrazione della propria posizione assicurativa.
 Le posizioni assicurative opportunamente integrate alimentano il Casellario centrale dei lavoratori attivi.
 L´operazione è un importante passo verso l'estratto conto integrato, vale a dire l´esposizione della posizione assicurativa completa e certificata.
 L´estratto conto integrato riporta tutte le informazioni relative a periodi di lavoro svolti dall´iscritto, sia presso Amministrazioni pubbliche, sia presso Aziende private e quindi con iscrizione a Enti previdenziali diversi.
DOCUMENTAZIONE:

fonte: INPDAP

I Contributi Pensionistici

I contributi – che costituiscono salario differito – sono somme calcolate sulle retribuzioni e versate all’Inpdap dalle amministrazioni e dagli enti iscritti per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche, previdenziali e creditizie.
Esistono vari tipi di contributi, ma quelli principali sono i contributi obbligatori, quelli figurativi, quelli volontari e i contributi per riscatti e ricongiunzioni.
Le Amministrazioni e gli Enti iscritti detraggono mensilmente i contributi obbligatori dalla busta paga del lavoratore e, aggiungendo la quota a loro carico, li versano all’Inpdap. Per garantire il regolare flusso delle entrate si utilizzano procedure informatiche.
I lavoratori iscritti, in possesso dei requisiti richiesti, possono presentare domanda per la copertura di periodi di astensione dal lavoro così come indicati dalla normativa di riferimento (congedo parentale, aspettativa per cariche pubbliche elettive, aspettativa sindacale, etc.), per la prosecuzione volontaria dei contributi e per la ricongiunzione e il riscatto di particolari periodi.

fonte: INPDAP
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La Previdenza Complementare e le tappe del suo ingresso

La previdenza complementare è una forma di previdenza integrativa che si aggiunge a quella obbligatoria.
Nasce per garantire a tutti i lavoratori, in particolare ai più giovani, un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento. Nel Perché aderire sono descritti i vantaggi.
Il continuo processo di riforma delle pensioni, iniziato nel 1992, ha contribuito alla sua diffusione. Prima di allora il sistema pensionistico pubblico assicurava un grado di copertura tale da non rendere necessaria una seconda forma di tutela previdenziale.
Il primo atto che ne regola costituzione, funzionamento e finalità è il decreto legislativo 124 del 1993.
Importanti novità sono state introdotte con il decreto legislativo 252 del 2005. Le nuove disposizioni, in vigore dal 1º gennaio 2007, interessano esclusivamente il settore privato.
Per i dipendenti pubblici il riferimento resta, per ora, il decreto legislativo 124, anche se è all’esame del Governo e delle parti sociali l´estensione della nuova normativa al mondo del lavoro pubblico. Pertanto le regole di seguito descritte potrebbero subire modifiche.

Previdenza obbligatoria: Le Tipologie di Pensioni

Le pensioni del settore pubblico sono erogate e gestite dall’Inpdap.
I trattamenti pensionistici sono distinti in prestazioni dirette, ovvero la pensione di anzianità, di vecchiaia, di inabilità e di privilegio, e prestazione indirette, come la pensione che spetta al coniuge superstite e ai congiunti dell’iscritto deceduto in servizio e la pensione di reversibilità che spetta ai superstiti del pensionato.
La legge di riforma delle pensioni 335 del 1995, più conosciuta con il nome di riforma Dini, ha profondamente cambiato l’intero sistema pensionistico italiano, in particolare quello pubblico, insieme con la legge 449 del 1997 e la 243 del 2004 (la riforma Maroni). La legge Dini ha infatti introdotto il sistema di calcolo contributivo delle prestazioni pensionistiche, che sta sostituendo con gradualità quello retributivo.
L'attuazione della riforma avviene in fasi differenti e coinvolge i lavoratori secondo gli anni di servizio.
I lavoratori neoassunti al primo gennaio 1996 e quelli che optano per il nuovo sistema sono soggetti all’applicazione integrale delle nuove regole di accesso e del metodo di calcolo contributivo. In questo sistema è prevista soltanto la pensione di vecchiaia.
I lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 sono soggetti al calcolo della pensione con il cosiddetto calcolo misto (retributivo per la parte di pensione relativa alle anzianità maturate prima del 1996, contributivo per quelle maturate successivamente) e accedono alle prestazioni secondo le regole del sistema retributivo (a meno che non optino il contributivo integrale). Per loro è prevista sia la pensione di anzianità sia quella di vecchiaia.
Le lavoratrici possono accedere anche alla pensione di anzianità a partire dal primo gennaio 2008 con 35 anni di contributi e 57 anni di età a condizione che optino per una liquidazione del relativo trattamento secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (legge 243 del 23 agosto 2004).
I lavoratori con più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 sono soggetti all’accesso e al calcolo della pensione secondo le regole del vecchio sistema retributivo. A loro spettano i trattamenti pensionistici di anzianità e di vecchiaia.

fonte: INPDAP

Modulistica INPS

Sezione del sito dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, dedicato alla modulistica scaricabile ed inviabile online, divisa per macro categorie:
Assicurato / Pensionato
Aziende e Contributi
Prestazioni a sostegno del reddito
Convenzioni Internazionali
Unione Europea
Moduli vari
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PRESA DIRETTA di Riccardo Iacona - La Scuola Tagliata

Inchiesta di Riccardo Iacona su RAI3 del 10 febbraio 2009 ancora terribilmente attuale. Lungi da noi il pensare che sia il risultato solo dei tagli del ministro Gelmini, che ha tuttavia dato il colpo di grazia. Lo sfascio della Scuola è un meticoloso e condiviso lavoro bipartizan di destra e sinistra accomunati da uno stesso gene: l'ignoranza dei reali problemi della Scuola.

La Riforma Gelmini e l'Istruzione Tecnica e Professionale

E’ di poche sere fa un circostanziato servizio del TG1 che metteva in evidenza la difficoltà di molte industrie soprattutto del centro nord nel reperire personale tecnico qualificato.
Il problema sembra essere imputabile soprattutto alla carenza di tecnici diplomati nelle scuole tecniche e professionali, tradizionalmente impiegati quadri intermedi.
Lo stesso ministro Sacconi confermava immediatamente dopo l’evidente difficoltà delle aziende in un suo intervento allo stesso Tg.
Viene spontaneo domandarsi se l’attuale politica del governo nei confronti della scuola e del nostro sistema di istruzione e di formazione nel suo complesso, sia in grado di porre rimedio a questa situazione.

Gite Scolastiche: solo rischi e nessuna indennità per i Professori accompagnatori

Il tragico avvenimento accaduto alla ragazza in gita scolastica a Londra fa luce su una situazione ben nota agli addetti  ai lavori ma poco conosciuta e soprattutto poco creduta al di fuori: il compenso inesistente, o quasi, per i Docenti accompagnatori, a fronte di una responsabilità 24 ore su 24. Ho detto quasi inesistente perché effettivamente, ad esempio, il sottoscritto, per una gita di 4 giorni a Ventotene con una classe di 24 alunni di seconda media, ha ricevuto 12 euro netti di compenso, complessivi!. Il fatto che siano minorenni non è ininfluente poiché la sorveglianza e la responsabilità ne vengono amplificate.
  Riporto l'articolo pubblicato oggi dal Messaggero.it di Luca Brugnara su questa situazione che, se non sarà affrontata seriamente, porterà inevitabilmente alla cancellazione di questo sia pur importante strumento didattico, con conseguenti ricadute negative sugli studenti, in primis, e su tutti gli operatori turistici che su di esso prosperano.
  Ad ogni buon conto raccomando ai colleghi di esigere la lettura, nella loro scuola,  della polizza assicurativa che copre i sinistri in queste circostanze. In particolare i massimali, gli ambiti di applicazione e le eventuali esclusioni.
ROMA (20 febbraio) - Gestione difficile, indennità minima, rischi quotidiani o, per meglio dire, continui: i professori romani partecipano sempre più malvolentieri alle gite scolastiche. Alla fine, magari, partono, ma solo dopo lunghe insistenze. Nel tempo, i pericoli sembrano aumentati e, chi può, evita le città più “tentatrici”, quali Londra, Parigi e Barcellona.
«Per due anni sono state sospese - spiega la preside del liceo scientifico Pasteur, Daniela Scocciolini. - Le gite erano diventate sempre più lontane da un viaggio di istruzione, troppo rischiose e costose: erano solo un momento di sregolatezza. Quest’anno ci riproviamo, ma cambiando le regole: l’organizzazione è affidata direttamente ai professori, con fondi di istituto e dei ragazzi. E norme ferree. Si tratta di viaggi di istruzione veri, con mete come Andalusia e Salamanca per chi studia Spagnolo, Berlino, Lisbona».
I pericoli sono quotidiani. «Convincere i professori è stata un’impresa - ricorda Annalisa Contardi, dirigente dell’Itis Manzoni. - Ragazzi che si calano dai balconi, altri che tornano ubriachi o si sentono male, senza poi fornire una spiegazione. Le famiglie, poi, non fanno sconti e se la prendono con la scuola se qualcosa non andasse per il verso giusto. Il gioco non vale assolutamente la candela».
Il momento peggiore, sono tutti d’accordo, è la notte. «Durante il giorno, ci sono i rischi classici - aggiunge Contini - ma la sera e la notte, tutto si complica e sicuramente nessun accompagnatore va a dormire tranquillo. Del resto, non si possono chiudere i giovani in camera. Facciamo una rotazione tra gli accompagnatori, perché, dipendesse da loro, non partirebbe nessuno». Un metodo adottato anche ai licei Orazio, Virgilio e Seneca. Come se non bastasse, il compenso è minimo. «Non è stato facile trovare insegnanti disposti a partire per Budapest - ricorda Marcella Cognolato, professoressa dell’istituto Von Neumann - anche perché l’indennità è troppo bassa per i rischi che si corrono».
Ma quanto viene “pagato” il rischio? «Come un normale giorno scolastico - specifica Valeria Azzolini, preside del Itc Marconi - senza alcuna retribuzione per il lavoro notturno, di fatto, quello più rischioso. Da noi, solo 3 docenti su 21 hanno dato disponibilità a partire. I ragazzi, in gita, esprimono una personalità diversa rispetto alle ore di lezione, con tutti i loro problemi ed esuberanze, aumentate dall’essere in gruppo». «Al Plinio - racconta un insegnante che preferisce l’anonimato - solo due docenti erano disposti a partire volontariamente».
L’allarme viene ribadito da altre scuole. «Il viaggio di istruzione è una offerta proposta dalla scuola, non un obbligo - sottolinea Rosario Salamone, preside del liceo classico Visconti. - Oggi, sono troppi i rischi di chi parte». Un tema affrontato e ora superato anche al liceo Mamiani: «Quest’anno si faranno le gite - sostiene il dirigente scolastico dell’istituto di viale delle Milizie, Cosimo Guarino - mentre lo scorso anno i professori non accettarono di partire anche in seguito al taglio dei fondi. Le mete sono state stabilite dai singoli consigli di classe». E forse anche per diminuire le tentazioni, la scelta ricade spesso su mete meno caotiche. «Le destinazioni sono due - precisa il preside del liceo scientifico Newton, Mario Ruscioni - Cracovia e Auschwitz oppure Berlino, niente Barcellona o altre città. La regola stabilisce la presenza di un insegnante ogni 15 ragazzi ma, spesso, partono almeno due docenti, anche con soli 10-15 ragazzi, per una maggiore sicurezza».
«Niente Londra o Parigi come in passato - prosegue la preside del liceo scientifico Righi, Margherita Mastrangelo - ma Berlino, Lisbona o Tunisia». Ad allontanare i prof dalla gita, il timore di non riuscire a mantenere sotto controllo la situazione in ogni momento. «Non dimentichiamo un concetto - conclude Scocciolini. - I docenti-accompagnatori non lavorano una mattinata, ma 24 ore su 24, con pericoli continui e imprevisti».

Riforma Gelmini: un interessante Punto di Vista

Segnalo un interessante punto di vista sulla Riforma Gelmini, di Fulvio Lo Cicero, pubblicato su dazebao.org
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Prestazioni dei Fondi Pensione

Prestazione sotto forma di complementare
Il versamento del Tfr e degli eventuali altri contributi presso i fondi pensione dà luogo, al raggiungimento dei requisiti, alla liquidazione di una pensione aggiuntiva a quella obbligatoria. La pensione complementare si ottiene quando si maturano i requisiti di legge per la pensione pubblica, di vecchiaia o di anzianità, purché si siano cumulati almeno 5 anni di partecipazione nel fondo pensione. L’iscritto può ottenere la pensione complementare con un anticipo massimo di 5 anni rispetto alla pensione obbligatoria, nei casi di non occupazione superiore a 48 mesi e di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo. In caso di decesso prima che si raggiunga il diritto alla pensione complementare, l’intera posizione è versata agli eredi o alle persone che il titolare ha indicato per iscritto.

CNR cerca idee per il Web tra Studenti

L'idea piu' brillante mai sviluppata su Internet? Proveranno a scoprirla un milione e mezzo di studenti italiani, in oltre tremila istituti superiori sparsi per tutta la penisola, con il sostegno del Registro.it gestito dall'Istituto di Informatica e Telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa (Iit-Cnr). Con l'unico limite della fantasia e della creativita', i ragazzi sono invitati a emulare Larry Page o Mark Zuckerberg (che, poco piu' che maggiorenni, crearono dal nulla Google e Facebook) per indagare le potenzialita' della Rete e trarne spunti per un utilizzo evoluto e consapevole.
I progetti piu' validi verranno sostenuti per giungere a compimento. L'iniziativa, ''Nativi digitali'', e' finalizzata alla diffusione della cultura di Internet nelle scuole.
L'Iit-Cnr la promuove nell'ambito della campagna di comunicazione del Registro.it: l'organismo che da oltre vent'anni assegna e gestisce i domini a targa italiana. La campagna, avviata nel novembre scorso con spazi rivolti al pubblico generalista, ha adesso l'obiettivo educativo e formativo di far conoscere agli studenti le norme nazionali e internazionali che consentono il funzionamento di Internet e, in particolare, il ruolo svolto dal Registro .it.
''Il progetto - osserva il direttore dell'Istituto di Informatica e Telematica del Cnr, Domenico Laforenza - e' focalizzato sugli aspetti positivi di Internet e sulle opportunita', ancora tutte da scoprire, che la Rete offre a chiunque abbia idee valide''. Nelle prossime settimane 3.000 scuole riceveranno il kit di ''Nativi digitali'' (un dvd da vedere e commentare in classe con gli insegnanti e materiale informativo sulla Rete e sui domini .it) e potranno cominciare a elaborare le proposte: immagini o videoclip 'virali', progetti di socializzazione online o di strumenti per lo scambio di informazioni, servizi innovativi, elaborati artistici, videogame e programmi che documentino le potenzialita' di internet associate all'uso di un dominio italiano.it.
res-map/sam/rob

fonte: ASCA
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Più soldi alla Scuola Privata

''Ogni giorno che passa e' sempre piu''evidente come il Governo voglia distruggere la scuola e l'universita' pubblica per privatizzare il sistema d'istuzione. La disponibilita' del Presidente del Consiglio Berlusconi ad aumentare le risorse per scuole private cattoliche, a fronte di tagli per 8 miliardi a quelle pubbliche e di 1,5 miliardi alle universita', sono un atto irresponsabile e in netto contrasto con i principi e i valori della nostra Costituzione''. Cosi' Mimmo Pantaleo, Segretario Generale Flc Cgil.
''Mentre migliaia di precari sono stati licenziati in tutti i comparti della conoscenza - aggiunge Pantaleo - e per il prossimo anno si prevedono altri 40000 tagli tra docenti e personale Ata,e non ci sono i soldi nemmeno per comprare la carta igienica,e moltissime scuole cadono a pezzi e le universita pubbliche rischiano la bancarotta, si vuole privilegiare l'istruzione per pochi e non un apprendimento di qualita' per tutti. Si ritorna al passato, alla selezione di classe e all'esclusione dall'istruzione dei soggetti sociali piu' deboli''.
''Un'idea regressiva della societa' - sottolinea Pantaleo - che allarga ulteriormente le disuguglianze e con una scuola che diventa sempre meno laica. La Flc-Cgil non e' disponibile a subire passivamente lo scempio dei diritti civili e sociali e per queste ragioni chiediamo al Governo di tornare ad investire nei settori della conoscenza pubblica''.
Lo sciopero generale del 12 Marzo, conclude, ''sara' una risposta forte ed unitaria per rivendicare il diritto delle nuove generazioni ad avere un sistema d'istruzione all'altezza dei tempi, che permetta di poter avere un presente e un futuro migliore rispetto a quello dei propri padri''.

res-map/mcc/alf

fonte: ASCA
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Assenze per malattia degli Insegnanti -9% a gennaio

Diminuiscono le assenze per malattia degli insegnanti. Rispetto a quelli dello stesso mese dell'anno precedente, nel mese di gennaio i giorni di assenza per malattia del personale della scuola con contratto a tempo indeterminato sono diminuiti del 9,2% per quanto riguarda gli insegnanti (534.638 giorni rispetto ai 588.495 del gennaio 2009), mentre sono aumentati del 7,8% per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo (206.102 giorni rispetto ai 191.244 del gennaio 2009). Lo riferisce una nota del ministero per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione.
Le assenze superiori ai 10 giorni sono invece diminuite del 20,2% tra gli insegnanti e del 12,0% tra il personale tecnico amministrativo. Le assenze per altri motivi sono infine diminuite del 7,7% tra gli insegnanti e del 15,5% tra il personale tecnico amministrativo.
La rilevazione del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e' stata effettuata su 10.377 istituzioni scolastiche (il 97,9% del totale).
Nel confronto tra ordini di scuola, la diminuzione piu' significativa nelle assenze per malattia dei docenti si registra nella scuola secondaria di primo grado (-11,7%).
Seguono la scuola secondaria di secondo grado (-11,4%), la scuola primaria (-7,6%) e la scuola dell'infanzia (-4,9%). E' nel Nord Est che si osserva, a livello territoriale, la maggior riduzione di assenze per malattia, sia tra gli insegnanti (-25,1%) sia tra il personale Ata (-2,9%). Nel Sud e nelle Isole le assenze per malattia sono invece significativamente aumentate tra il personale tecnico amministrativo (+11,8%).

fonte: ASCA
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Come scegliere la destinazione del TFR?

La scelta del lavoratore sulla destinazione del Tfr può essere effettuata in modo esplicito oppure in modo tacito.
Modalità di scelta eplicita: Compilazione dei moduli TRF1 o TFR2
 
Per esercitare la scelta sulla destinazione del Tfr bisogna utilizzare gli appositi moduli (approvati con il Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 30 gennaio 2007). In particolare i lavoratori dipendenti, già in attività al 31 dicembre 2006, devono compilare il modello TFR1, mentre i lavoratori dipendenti assunti dopo il 31 dicembre 2006 devono compilare il modello TFR2. Il modulo deve essere consegnato al lavoratore dal suo datore di lavoro. Una volta compilato, deve essere restituito al datore di lavoro, il quale è tenuto a rilasciare copia controfirmata per ricevuta. I modelli TFR1 o TFR2 devono essere utilizzati anche se si sceglie di mantenere il Tfr futuro presso il proprio datore di lavoro.
  

Cosa sono i fondi pensione?

I fondi pensione sono gli organismi che hanno lo scopo di erogare ai lavoratori iscritti una pensione aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria. La normativa prevede che prima dell’adesione, al fine di tutelare gli iscritti e di consentire una scelta meditata e consapevole, debba essere consegnata la documentazione informativa (redatta in conformità alle disposizioni emanate dalla Covip), riguardante in particolare i costi complessivi connessi alla partecipazione al fondo pensione, le modalità di gestione finanziaria, i rischi connessi all’investimento, i rendimenti conseguiti. Gli iscritti hanno inoltre il diritto di ricevere informazioni, con periodicità almeno annuale, sull’andamento della gestione complessiva del fondo pensione nonché sull’ammontare della posizione individuale.

Detraibili le spese per l'iscrizione a Dottorati di Ricerca

Fisco e dottorati di ricerca, iscrizione con lo sconto. Sono spese per l’alta qualificazione per cui spetta la detrazione.
Fisco soft per i futuri dottori di ricerca. Anche le spese di iscrizione ai dottorati presso gli atenei si possono portare in detrazione perché rientrano tra i corsi di istruzione universitaria. Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 11/E pubblicata oggi, che prende le mosse dalla richiesta di un contribuente cui il Caf ha negato la possibilità di detrarre le spese sostenute per iscriversi a un corso di dottorato di ricerca vinto senza alcuna borsa di studio presso un ateneo.
In particolare, i tecnici delle Entrate chiariscono che il dottorato di ricerca rappresenta un titolo che si ottiene dopo aver seguito un corso specifico previsto dall’ordinamento universitario per preparare i laureati a svolgere attività di ricerca di alta qualificazione.
Si considerano, quindi, veri e propri corsi di istruzione universitaria e i relativi costi d’iscrizione possono beneficiare della detrazione Irpef del 19% prevista anche per i corsi di perfezionamento e di specializzazione, così come per i master post laurea.
Il testo della risoluzione n. 11/E è disponibile sul sito http://www.agenziaentrate.gov.it/ .Inoltre, su FiscoOggi.it sarà pubblicato un articolo sul tema.

Comunicato stampa dell'Agenzia delle Entrate del 18 febbraio 2010

Guida alla Riforma della scuola dell'infanzia in Italia (I ciclo)

Opuscolo divulgato dal MIUR per spiegare la riforma del primo ciclo di scuola (scuola dell'infanzia)
             Apri Opuscolo

Premio per i migliori oggetti didattici prodotti dalle Scuole

  Il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione - Dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione tecnologica e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con FORUM PA, presentano il Premio “A scuola di innovazione”.

Le nuove tecnologie e i prodotti multimediali possono essere di grande aiuto sui banchi di scuola. Il Premio “A scuola di innovazione” vuole promuoverne l’utilizzo, diffondendo le migliori esperienze di questo tipo realizzate in Italia.
Per il bando di partecipazione e gli approfondimenti clickare QUI

Piattaforma didattica sulla Costituzione Italiana

Interessante iniziativa del Parlamento Italiano per la diffusione della conoscenza, in particolare nelle scuole, della Costituzione italiana. Sito ricco di spunti operativi e non solo del testo, ancorchè tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo, arabo.
          Piattaforma didattica sulla Costituzione Italiana

Concorso Parlawiki, Il Parlamento dei Bambini

Il Parlamento Italiano lancia un concorso rivolto alle classi V della Scuola Elementare e alla Scuola Secondaria di primo grado per avvicinarle alla conoscenza delle Istituzioni e del Parlamento in particolare. QUI puoi trovare i materiali per proporre un lavoro su questo tema alla tua classe e il bando di partecipazione al “Concorso Parlawiki- Costruisci il vocabolario della democrazia”

Insegnare con la Lim

Scuola con la Q


La scuola italiana sta per essere massacrata da una legge devastante ed il nostro Presidente della Repubblica ( a suo dire ) non può far nulla, neanche esprimersi a suo sfavore.
Non è dello stesso parere Cossiga ( che pure lui è stato Presidente ) che giustamente fa cenno alla possibilità di rimandare alle camere una legge ingiusta.
Intanto la Gelmini annuncia l'arrivo delle lavagne multimediali, acquistate con milioni dei nostri Euro, mentre migliaia di maestri se ne andranno a casa per i tagli sconsiderati che il governo ha imposto al paese.
Certo, nelle scuole in cui mancano anche i soldi per pagare i supplenti, una bella lavagna multimediale ci sta proprio bene !!!!!

E' già nata l'anti LIM

Nato dalla collaborazione tra la Fondazione IBM Italia e il Liceo Ginnasio Statale Augusto di Roma, il progetto SmartWall ha l’obiettivo di far leva su nuove modalità di insegnamento frontale in classe e di valorizzare le grandi potenzialità offerte dall’apprendimento cooperativo. Il progetto verrà sperimentato durante la seconda parte dell’anno scolastico 2009-2010.
SmartWall è basato su una soluzione tecnologica che consente di utilizzare una parete all’interno della classe come se si disponesse di una vera e propria lavagna digitale. Realizzata su iniziativa di alcuni volontari IBM che collaborano col mondo della scuola, utilizzando tecnologie già disponibili e a basso costo, questa soluzione si integra nel normale svolgimento delle lezioni. In questo modo sarà possibile favorire una maggiore interazione tra docenti e studenti, superando la tradizionale impostazione frontale delle lezioni ed avvicinandole al modo di pensare, di comunicare ed apprendere dei giovani.
“E’ oramai condivisa l’idea che solo quando le tecnologie si integrano positivamente con i tradizionali strumenti didattici, contribuendo alla creazione di nuovi contesti di apprendimento, possono costituire una risorsa preziosa per ammodernare e rendere più efficace il sistema scolastico” sottolinea Angelo Failla, Direttore della Fondazione IBM Italia.

Presto un Netbook per tutti i Professori

Proposta molto interessante che ancora non si capisce da chi verrà finanziata.
Continua l¹impegno nel mondo education di ASUS, che diventa protagonista con i propri mini computer Eee PC di un nuovo progetto volto a rivoluzionare la didattica nella scuola. La nuova iniziativa, tra i primi esempi in Europa, prevede che tutti i professori siano equipaggiati con un computer portatile personale, che possono utilizzare in sostituzione dei tradizionali registri e come strumento interattivo per l¹insegnamento, nonché nelle relazioni con famiglie e studenti.
Asus, annuncia un nuovo progetto sul mondo della scuola che prevede di dotare ciascun insegnante di un computer portatile da utilizzare per la didattica e la gestione alunni. Promotrice con i propri netbook Eee PC di diversi progetti pilota, che hanno visto l¹introduzione del computer in aula ad uso di ogni alunno oppure in sostituzione del registro di classe, ASUS ha raggiunto un nuovo importante traguardo, reso possibile grazie anche alla preziosa collaborazione con Master Training. In due diverse scuole, dislocate in Lombardia e Veneto, ciascun professore disporrà di un computer ASUS, che potrà essere utilizzato sia per la didattica in aula sia in sostituzione del registro personale dell¹insegnante, aprendo le porte all¹era del PC per ogni insegnante.
Si tratta di un nuovo e decisivo passo in avanti verso l¹informatizzazione della scuola, che coinvolge in modo significativo i metodi stessi di insegnamento. Dotando ogni docente di un netbook personale, che può essere usato anche in modalità wireless (senza fili), la scuola è in grado di orientarsi verso nuove forme di didattica, con lezioni sempre più interattive, dove la tecnologia consente di approfondire qualsiasi tema, anche attraverso l¹utilizzo di Internet, fino ad arrivare col tempo ad eliminare carta e penna tramite l¹utilizzo esclusivo di supporti digitali.
Il Liceo Crespi di Busto Arsizio (VA) e l¹Educandato Statale ³Agli Angeli² di Verona sono tra i primissimi esempi di scuole in Europa dove ciascun insegnante potrà disporre di un proprio computer che consente di sostituire completamente sia il registro di classe sia quello personale del professore, grazie anche a MasterCom, un¹applicazione Web interattiva appositamente sviluppata per le scuole da Master Training.
L¹obiettivo è quello di informatizzare e ammodernare l¹intero sistema scolastico. Un cambiamento importante che in altri istituti, quali l¹ITIS ³B. Pascal² di Cesena, il Liceo Mazzini di La Spezia (SP) e il Liceo Giolitti di Bra (CN), sta avvenendo in maniera graduale, con l¹utilizzo del PC da parte dei professori per ora solo in alcune classi – sei nella scuola romagnola e otto in quella ligure, che partiranno con la sperimentazione nei prossimi giorni, e quattro in quella piemontese, dove l¹utilizzo del PC portatile è già una realtà per circa il 30% dei docenti ­ per dar modo agli insegnanti di organizzare la nuova forma di didattica ed estendere poi rapidamente l¹impiego del mini computer di ASUS a tutto il corpo docenti. In particolare, l¹impiego dei piccoli computer Eee PC di ASUS come registri personali degli insegnanti assicura maggiore interattività tra il corpo docente, gli alunni e le loro famiglie, che potranno consultare tramite web, e quindi anche al di fuori della scuola, gli argomenti trattati durante le lezioni o, in alcuni casi, anche le valutazioni assegnate nel corso dei mesi e in generale tutta la programmazione didattica materia per materia.
Grazie all¹applicazione MasterCom con cui i PC sono ottimizzati, inoltre, è possibile gestire anche altri aspetti legati alla didattica degli alunni, tra cui assenze, giustificazioni, pagelle, e comunicazioni scuola-famiglia attraverso pagine personali raggiungibili dai siti web delle scuole, oltre a snellire e velocizzare le procedure amministrative. Tutti gli studenti delle scuole oggetto della nuova iniziativa promossa da ASUS e MasterTraining, infatti, dispongono di badge, uno strumento in grado di registrare, attraverso apposite postazioni di rilevamento, l¹ingresso e l¹uscita degli alunni, inviando queste informazioni ai registri elettronici, che vengono, quindi, aggiornati in automatico. Questo assicura anche maggiore coordinamento tra i professori, anche in sede di consigli di classe e di esami. In queste occasioni, infatti, la situazione di ogni studente potrà essere facilmente consultata a video, condivisa da tutti e archiviata in formato digitale, con una sensibile riduzione di tempi, ingombri e materiale di cancelleria.

fonte: hwgadget.com

Sistema scolastico tedesco: efficiente ma molto rigido

L’istruzione scolastica in Germania è determinata, come per le altre istituzioni, dalla gestione degli stati federali (Länder) ed è strutturata in precise e complesse categorie. I bambini dai tre ai sei anni accedono a una sorta di asilo nido (Kindergarten, giardino di infanzia) che non è obbligatorio. In alcuni Länder esistono anche delle classi pre-scuola, le Vorklassen, che preparano i piccoli al loro ingresso nel mondo scolastico.

La scuola elementare

Poi si passa alla Grundschule, la scuola elementare obbligatoria. Qui gli alunni ricevono la prima istruzione fondamentale, ma anche il primo giudizio degli insegnanti che sarà determinante per il loro futuro scolastico. Infatti, nella Grundschule gli insegnanti hanno il dovere di distinguere da subito i bambini con ritardi nell’apprendimento, che vengono destinati a scuole particolari chiamate una volta Sonderschulen (scuole differenziali) ed oggi Förderzentren (centri di sostegno). La Dottoressa Guadatiello, insegnante nel centro integrazione di Monaco di Baviera, durante una intervista rilasciata a Radio Lora, ha fatto capire che la mancanza di abilità cognitive e la troppa esuberanza portano i piccoli alunni a frequentare scuole diverse. La maggior parte di questi bambini, però, appartiene a famiglie straniere venute a vivere in Germania. I test per verificare, se un bambino può frequentare la scuola elementare o se deve essere iscritto al Förderzentrum, vengono eseguiti in tedesco.

Spesso, quindi, la “inabilità cognitiva” coincide con una mancata conoscenza della lingua. Per esempio: i bambini italiani vivaci verrebbero valutati dai tedeschi come troppo vivaci e per questo indirizzati ai Förderzentren.

Tali differenze nella scuola primaria sono state ampiamente criticate, anche dal commissario delle Nazioni Unite Vernor Muñoz Villalobos, perché perpetuano un sistema di ineguaglianza che i bambini si portano con sé per tutta la vita. Infatti, in base alle sue performances nella scuola primaria, il bambino potrà poi frequentare o meno il liceo e l’università e non sempre il disagio scolastico iniziale sarà recuperabile. La scuola primaria ha una durata di quattro anni dopo i quali, senza nessun esame scolastico, si accede all’istruzione scolastica secondaria inferiore.

Istruzione secondaria

Qui ci sono le prime distinzioni: c’è la Hauptschule, una specie di scuola media e istituto di avviamento lavorativo che dura cinque anni e avvia ad una formazione professionale; c’è la Realschule, più specializzata, simile a un’istituto tecnico, e poi per i più meritevoli c’è il Gymnasium che prepara all’università: è una scuola molto elitaria, che ha una durata di dieci anni.

Nelle scuole secondarie si inizia la mattina dalle 7.30 e si studia fino alle 13. Le lezioni durano circa 55 minuti, con 20 minuti di intervallo totale e i voti funzionano in modo contrario rispetto al sistema italiano. In Germania se un alunno prende 1 ha preso ottimo, fino al 6 che indica un’insufficienza grave. Se uno studente ha due materie insufficienti, non ci sono esami di riparazione, ma solo una bocciatura senza pietà.

In alcuni stati federali però esistono anche le Gesamtschule, una sorta di scuola generica che accorpa tutte le materie delle tre sopra menzionate. In questo caso gli alunni frequentano la stessa scuola e poi vengono distribuiti nei diversi tipi di indirizzo. Dopo i dieci anni della scuola dell’obbligo, gli studenti possono decidere se proseguire verso l’Abitur, l’esame di maturità, necessario per l’accesso universitario.

Serena Marchionni

fonte: www.ioacquaesapone.it

Viaggio nella scuola, seconda parte

Altra intervista di Giuseppe Stabile, questa volta a Grazia Honegger Fresco “Premio Unicef 2008 - Dalla parte dei bambini” e sempre sul tema Scuola, pubblicata il 1 Ott 2008 sul mensile Acqua&Sapone, che vale anch'essa la pena di essere riletta.

Dopo aver raccolto le illuminanti opinioni di Giovanni Bollea, in questo secondo appuntamento abbiamo incontrato Grazia Honegger Fresco, insignita, in collaborazione con il “Segretariato Sociale RAI”, del “Premio Unicef 2008 - Dalla parte dei bambini”, con la motivazione di aver “dedicato la sua lunga vita ad aiutare i bambini ed i genitori nel difficile compito della crescita, (…) facendo della divulgazione educativa una ragione di vita”.


Secondo lei, la nostra società sa prendersi cura dei bambini?

«Molto poco, dato che siamo diventati incapaci di rapportarci con i più piccoli. Bisogna partire da una diversa conoscenza del bambino, com’è e quali sono i suoi bisogni. Dovremmo ricominciare dall’inizio, fin dal parto e dall’allattamento, per comprendere come educare i nostri figli».

Il nostro modo di vivere incide su quello che insegniamo ai ragazzi?

«Naturalmente. La difficoltà di molti adulti ad essere persone responsabili ha delle conseguenze sui bambini: ad esempio molti genitori sono in grande confusione e spesso non sanno dire no quando serve. Inoltre viviamo in modo sempre più frenetico e purtroppo già da piccini pressiamo i nostri figli per anticipare sempre i tempi. Ma lasciamoli in pace questi bambini e rispettiamo i loro tempi lunghi!».

Da dove partire per rifondare la scuola italiana?

«Anzitutto non bisogna ossessionare i bambini con la competizione, puntando invece sulla collaborazione. Se la motivazione ad imparare e ad agire viene indotta, non è autentica».

Cosa pensa del ritorno dei voti in pagella?

«Credo che tutto il sistema dei premi sia non solo negativo, ma proprio sbagliato da un punto di vista etico. In questo modo facciamo vivere il bambino in una dimensione nella quale non può dire a se stesso “sono felice di quello che faccio”, ma “devo fare questo e poi avrò il mio premio”. I bambini soffrono nel sentirsi sempre giudicati e messi in competizione: questo fa nascere molti problemi che portano anche al bullismo. È necessario cambiare completamente la scuola ed abolire tutti i voti: lo sa che in Finlandia, Paese che possiede uno dei migliori sistemi scolastici, non danno i voti fino alla terza media?»

Condivide la scelta del ritorno al maestro unico nelle scuole elementari?

«Idealmente potrebbe essere positivo. Ma cercando di essere concreti, dobbiamo tener conto che, purtroppo, nel nostro Paese la sofferenza psichica è in forte aumento e molti insegnanti ne sono vittime. Per esempio, cosa succederebbe ad una classe di bambini di sei anni se la loro unica maestra fosse, inconsapevolmente, una persona nevrotica e sadica? Oltretutto si rischierebbe di tornare alla situazione per cui ognuno ha la sua classe che sente come territorio personale, senza confrontarsi con nessuno: questa sarebbe una grande regressione culturale».

Come si può far lavorare bene gli insegnanti e salvaguardare i bambini?

«Mi auguro che, nonostante l’introduzione del maestro unico, venga preservata ed utilizzata la preziosa esperienza di collaborazione e scambio faticosamente accumulata dagli insegnanti in questi ultimi anni. Fermo restando che le cose fondamentali sono il livello di formazione e l’equilibrio interiore dei docenti. Ma attenzione, non bastano i famigerati corsi di aggiornamento! Bisogna aiutare i docenti a guardarsi dentro, per comprendere cosa succede nella loro persona ed in quella dei bambini».

Lei è stata un’allieva di Maria Montessori ed ha sempre lottato per applicare e divulgare i metodi di insegnamento che l’hanno resa famosa in tutto il mondo. Cosa resta del suo messaggio?

«Ero molto giovane quando conobbi Maria Montessori. Rimasi affascinata dalle sue bellissime conferenze e, poco più che ventenne, frequentai il suo ultimo corso tenuto a Roma, un anno prima di morire. Aveva un carattere rigoroso e severo, ma sapeva essere anche ironica. Niente a che vedere con la donna sentimentale e romantica rappresentata ultimamente nella brutta fiction televisiva su di lei. Purtroppo, soprattutto in Italia, la Montessori è ancora inascoltata. Lei fondava il lavoro sulla libera scelta, ponendo l'accento sui bisogni del bambino e sulla capacità dell'adulto di osservare e di capire questi episodi. Sul suo metodo di insegnamento c'è una grande disinformazione, ma, fortunatamente, al contrario di quello che succede nel nostro Paese, all’estero, dall’Australia all’India fino al Giappone, ci sono migliaia di scuole basate sui suoi studi».

Nel corso degli anni si sono succeduti molti ministri della Pubblica Istruzione, a volte pieni di idee e buona volontà. Eppure si ha la sensazione di una scuola prigioniera di un caos in continuo aumento …

«La struttura in sé è come un guscio vuoto, con il ministero della Pubblica Istruzione che è una macchina burocratica spaventosa. Quello che deve cambiare è il modo degli adulti di relazionarsi con i bambini. Bisogna cambiare dal basso, perché il ministro più aperto ed intelligente può al massimo limitare i danni. La sostanza è che la cosa più importante, la relazione umana, rimane un fatto individuale, di ogni genitore ed insegnante con i propri figli ed alunni. Ma ci siamo mai veramente chiesti perché ai bambini non piace andare a scuola?»

EDUCATRICE E DIVULGATRICE

Grazia Honegger Fresco nasce a Roma nel 1929. Formatasi alla scuola di Maria Montessori, ha dedicato tutta la sua vita ai bambini, attraverso l’insegnamento, la formazione e la divulgazione. è stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma ed è direttrice del trimestrale “Il quaderno Montessori”. Ha scritto molti saggi e manuali per l’educazione, tra i quali “Essere genitori”, “Essere nonni”, “Un bambino con noi” (Red Edizioni, anni vari), mentre nel 2007 ha pubblicato “Maria Montessori, una storia attuale” (L’Ancora del Mediterraneo). Sposata, con due figli e cinque nipoti, da molti anni vive in provincia di Varese.

IL METODO MONTESSORI

Maria Montessori (1870 – 1952), medico, pedagogista ed antropologa, iniziò la sua attività prendendosi cura di bambini con ritardo mentale. Nel 1907 fondò a Roma la prima Casa dei Bambini nella quale cominciò a mettere in pratica la sua rivoluzionaria idea di scuola senza premi e castighi che la renderà presto famosa in tutto il mondo. Costretta ad abbandonare l’Italia nel 1934 per insormontabili divergenze con il regime fascista, fu accolta in molte Nazioni desiderose di approfondire e mettere in pratica, fino ai giorni nostri, i suoi insegnamenti, così come illustrati in molti suoi libri. Morì in Olanda il 6 maggio 1952.

Di seguito evidenziamo in modo sommario alcuni elementi che contraddistinguono il “Metodo Montessori”.

• La classe è un ambiente organizzato con varie attività e materiali che i bambini scelgono liberamente

• L’insegnamento avviene sia individualmente che in piccoli gruppi

• Le classi sono formate da studenti di età diverse

• Tutta l’attività è basata sulla libera collaborazione

• Non ci sono voti, premi o test

• Nello spazio di libertà lasciato agli allievi ci sono poche, chiare e ferme regole di convivenza.

Viaggio nella scuola, prima parte

Intervista a Giovanni Bollea, padre della neuropsichiatria infantile, fatta da Giuseppe Stabile e pubblicata il 1 Set 2008 sul mensile Acqua&Sapone che vale la pena di essere riletta.

Le vacanze se ne vanno e la scuola ritorna ma, purtroppo, tanti problemi restano: noi di Acqua&Sapone vogliamo dare il nostro contributo per approfondire la tematica dell’educazione, argomento che riguarda tutti, non solo i più giovani e le loro famiglie, incidendo profondamente sul futuro del Paese. Racconteremo esperienze ed incontreremo esperti, ben sapendo che, seppur siano in molti ad affannarsi nel dare ricette e nel proporre riforme, resta vero quello che scrisse il grande Don Milani (1923 – 1967):

“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio a averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma come bisogna essere per far scuola… “.
Il nostro primo incontro è con Giovanni Bollea, il padre della Neuropsichiatria Infantile, un uomo straordinario che, con coerenza e concretezza, ha dedicato tutta la sua vita ai bambini ed ai ragazzi.

Professor Bollea, cosa dovrebbe dare la scuola ai nostri figli?

«Il bambino ha bisogno solo di Amore e, dunque, anche lo Stato, ed in particolare la scuola, dovrebbe essere capace di amare i figli degli italiani. Il sistema scolastico deve sentire e concretizzare questo dovere, adattandosi continuamente alle esigenze sempre mutevoli della società nella quale viviamo. La scuola dovrebbe essere profondamente comprensiva dei bisogni dei più giovani nelle varie fasi della loro vita. Ad esempio, l’adolescenza non è solo un lungo periodo di transizione, ma è la preparazione della maturazione di un individuo».

Com’è la nostra scuola?

«Oggi la scuola sembra dare molta cultura agli studenti, ma in realtà non forma la persona. Invece è necessario insegnare ai ragazzi ad amare se stessi e gli altri, preparandosi per essere utili a chi è nel bisogno. Ad un bambino bisogna insegnare ad essere un rivoluzionario, nel senso di cercare sempre il bene maggiore da donare agli altri per migliorarne l’esistenza. Lo scopo della vita non può essere accumulare denaro, ma creare rapporti d’amore. Noi invece insegniamo ai bambini a diventare degli impiegati che devono ricevere uno stipendio! Oggi, piuttosto di aiutare i ragazzi ad esprimere la loro creatività in uno spirito di servizio, ci limitiamo ad istruirli per raggiungere titoli che gli permettano di guadagnare denaro. Invece di formare persone e cittadini che pensano a se ed agli altri, oggi trasmettiamo un unico valore: il denaro».

Quale dovrebbe essere il ruolo dei genitori?

«I genitori devono partecipare attivamente alla formazione dei loro figli. I bambini ed i ragazzi hanno bisogno di essere aiutati dalle famiglie e dalla scuola a maturare come uomini, come donne e come cittadini. Il padre e la madre non devono mai delegare alla scuola perché sono loro i principali formatori dei loro ragazzi; l’importanza della vita sociale ed il significato della scuola provengono dai genitori. È assurdo far studiare i propri figli per il voto! Dobbiamo invece educare un giovane ad essere una persona matura che sappia amare ed esprimersi creativamente in un’attività lavorativa che sia utile a chi è più debole».

Come dovrebbe essere il rapporto tra scuola e società?

«La scuola deve avere il sapore della società, perché ha l’enorme responsabilità di dover sfornare delle persone e dei cittadini. Secondo me, già a sedici anni i giovani dovrebbero essere coinvolti anche nella vita politica e sociale. Un adolescente deve sentirsi subito in grado ed in dovere di dare il suo contributo alla collettività, senza essere abituato a pensare solo al suo tornaconto personale in questa mentalità egoistica che oggi prevale.
Contemporaneamente, un adolescente deve poter ascoltare nelle aule scolastiche degli esperti e dei professionisti della vita di tutti i giorni, come direttori di banche o architetti o altro. Non si possono trascorrere anni ed anni solo ad accumulare nozioni senza avere una motivazione profonda allo sforzo formativo».

Da dove iniziare a cambiare le cose?

«La scuola dovrebbe essere completamente diversa e ci vorrebbe una vera rivoluzione già dalle elementari. Ma uscire da questa situazione è molto complicato. Dovremmo partire da una formazione profonda degli insegnanti che oltretutto dovrebbero vivere in prima persona i valori da trasmettere».

IL LUOGO DEI VALORI

La scuola deve ritornare ad essere il luogo dove, anche attraverso la disciplina, si trasmettono i valori del merito, della solidarietà, della responsabilità, del “ben fare” e della fiducia nel futuro, sottraendo i ragazzi agli effetti perversi della pubblicità. Per questo, ho intenzione di proporre al governo un intervento legislativo che introduca, a partire dalla quinta elementare, due ore settimanali, in cui genitori e figli insieme vengano istruiti ad una fruizione razionale e costruttiva delle reti telematiche, per evitare che si trasformino in strumenti di violenza, depravazione sessuale e alienazione.

Giovanni Bollea - Il Messaggero 4 agosto 2008

TORNA IL 7 IN CONDOTTA

Dopo esser stato lo spauracchio di intere generazioni di studenti, 10 anni fa era stato abolito il “voto in condotta”, compreso quel 7 che voleva dire bocciatura. Con l'anno scolastico 2008-2009 è tornato con il nome di “Valutazione del comportamento”. La sostanza comunque non cambia: il giudizio sul comportamento dello studente a scuola sarà dato dal Consiglio di Classe e potrà comportare anche la bocciatura. In particolare saranno puniti gli atti di bullismo o di esibizionismo, come i video messi su You-Tube.

Le ragioni per cui l'italia non è un Paese che fa largo ai Giovani

Un' interessante inchiesta pubblicata sul mensile online "acquaesapone" che analizza le cause, che coinvolgono anche noi, per cui per un giovane vivere in Italia è difficoltoso.

Chiamiamoli non più anziani, ma sempreverdi. La vita si allunga e, per gli italiani, gli anni dei capelli grigi non rappresentano più un incubo. Secondo il rapporto Censis Salute, l’85,8% degli intervistati over 60, ovvero di chi ha varcato la soglia di quella che una volta si definiva terza età, giudica positivamente la propria condizione: fanno ciò che vogliono, si sentono gratificati e contenti di ciò che hanno. Meno del 15% ritiene noiosa o troppo piena di guai la loro vita e, tra ciò che si desidererebbe fare, al primo posto figura l’attività fisica (49,2%), avere maggiori amicizie e rapporti con gli altri (45,3), dedicarsi ad un hobby o viaggiare. Anche per gli studiosi, la terza età non è più un periodo di decadimento, ma una fase dello sviluppo dell’individuo che, come le altre, si accompagna a processi di cambiamento, ma non risulta necessariamente peggiorativa. Dai dati Istat 2007, poi, si apprende che la speranza di vita nel nostro paese è attualmente di 77,7 anni per gli uomini e 83,7 per le donne e recentemente, da studi dell’Istituto Nazionale di Statistica, è scaturito che un nostro neonato su due ha fondate speranze di arrivare a spegnere cento candeline in buona salute.

Culle vuote e nonni al potere

Tutto bene, pare, ma abbiamo appena accostato i termini “Italia” e “neonati”: e qui i sorrisi cominciano a spegnersi. Perché il nostro, assieme al Giappone, è notoriamente quello con la popolazione più anziana e dove il tasso di natalità, con un numero medio di 1,2 figli per donna, rimane tra i più bassi in Europa (media 1,4) e nel mondo (media 2,8). Senza contare che una grossa mano alla cicogna lo danno i nuovi italiani figli di immigrati. Solo la Spagna nella UE ha un indice inferiore (1,1), mentre all’estremo opposto c’è l’Irlanda, con una media quasi doppia (2,0).
Culle vuote, dunque, ma il nostro è anche il Paese della gerontocrazia, con una classe dirigente tra le più vecchie d’Europa. In seguito ai rivolgimenti economici degli ultimi tempi, sono proprio coloro “che hanno intorno a trent’anni” ad aver pagato il prezzo maggiore alla crisi: sono stati i primi, affacciandosi al mondo del lavoro in concomitanza dell’entrata in vigore dell’euro, a vedere dimezzato il potere d’acquisto del proprio salario; sono loro ad aver sperimentato per primi le incognite del precariato, e, fa sapere l’ISTAT, in seguito all’attuale congiuntura economica hanno perso il lavoro quattro volte in più rispetto ai loro genitori. Una generazione compressa tra l’aumento della disoccupazione generato dalla crisi mondiale e la mentalità con cui è stata formata: quella, per intenderci, del posto fisso e delle mansioni canoniche.
La trentenne che cerca il lavoro da segretaria, o da operaia, commessa, insegnante, avrà sempre più difficoltà ad essere inquadrata “a tempo indeterminato” e dovrà probabilmente cambiare spesso occupazione. Sicuramente meglio si troverà invece la trentenne che cercherà di capire di cosa davvero il mondo del lavoro ha bisogno, cercando di diventare imprenditrice di se stessa, senza attendere troppo aiuti “istituzionali”.

L’Italia “regala” i giovani

L’emigrazione attuale non è più fatta di braccia, ma di cervelli, di teste cinte dal lauro accademico: emigrano in decine di migliaia l’anno, regalando ad altri Paesi una ricchezza che l’Italia costringe a portare altrove. Il nostro non è un Paese per giovani, ha sintetizzato Confindustria parafrasando la metafora del film dei fratelli Coen, in uno studio realizzato, mettendo in fila una serie di numeri, profili e previsioni sul mondo giovanile e l’istruzione. Qualche dato? Si calcola che il sistema Italia abbia speso oltre un miliardo di euro per l’istruzione di 11.700 giovani professionisti che ora lavorano (e producono) oltre confine. L’importo è stato quantificato dal blog “La fuga dei talenti”, incrociando gli ultimi dati Ocse (riferiti al 2006) sulla spesa per l’istruzione in Italia e il Rapporto sulla situazione sociale nel Paese del Censis, riferito allo stesso anno. L’istruzione di ciascun giovane italiano dalla scuola primaria fino all’Università costa infatti, secondo l’Ocse, oltre 100.000 euro. Se la moltiplichiamo per il numero dei giovani espatriati solo nel 2007 (almeno 11.700), tale esodo costa all’Italia oltre 1 miliardo e 170 milioni di euro investiti per la loro formazione, senza contare quello che non producono per noi. I neolaureati mettono le loro capacità al servizio di aziende e istituzioni straniere, che le investono in attività produttive e beneficiano dei loro frutti economici, e si tratta di fatto di un investimento “regalato” dall’Italia, dovuto in buona misura all’assenza di meritocrazia e alla poca partecipazione attiva degli under 40 nei processi decisionali del nostro Paese. Il processo non è certo controbilanciato dall’afflusso di “cervelli” stranieri nella penisola: come ha documentato la recente ricerca della Fondazione Rodolfo De Benedetti, in Italia - per ogni cento laureati nazionali - ce ne sono 2,3 stranieri contro una media UE di 10,45.

Una scuola di serie B

Ancora in tema di istruzione, i dati offerti da Confindustria non sono affatto incoraggianti. Il nostro sistema non riesce a raggiungere affatto i parametri europei fissati a Lisbona: i giovani che lasciano gli studi prematuramente (dopo l’istruzione di primo grado) sono il 19,8% contro l’obiettivo posto del 10%; il tasso di istruzione superiore è solo del 76% contro il traguardo dell’85%, i giovani italiani entrano nel mercato del lavoro mediamente tre anni dopo i colleghi europei e la nostra classe insegnante è la più vecchia d’Europa: un solo insegnante su cento (!) ha meno di trent’anni; in compenso, si fa per dire, l’età media dei ricercatori è ben oltre i 40. Abbiamo un quarto di borse di studio rispetto alla Francia e spendiamo per il diritto allo studio la metà della media UE. L’età media dei membri dei Consigli d’Amministrazione delle banche è di 15 anni superiore alla media continentale e, da un'analisi condotta sulla banca dati del Who's who (il database dei top manager pubblici e privati), risulta negli ultimi vent’anni un sensibile aumento dell'età dei dirigenti industriali italiani: si è passati da una media di 56,8 anni a una di quasi 61 (60,8 anni).

Che fare?

La ricetta di Confindustria

«Dobbiamo restituire il futuro ai nostri giovani», ha dichiarato il Presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia nell’illustrare 4 proposte che sono state presentate al vaglio del Governo. Al primo punto figura l'abolizione del valore legale dei titoli di studio; seguono la flexicurity alla danese, (non è una parolaccia, significa che il giovane ha diritto a una formazione continua e parallela in cambio di obblighi progressivi di accettazione delle proposte di lavoro): la Danimarca ha introdotto questo sistema nel 1994 e da allora la disoccupazione giovanile si è ridotta dal 30% al 12,5%, la più bassa in Europa. Poi un piano di patrimonializzazione giovanile per permettere il proseguimento degli studi anche a chi parte da posizioni sociali svantaggiate e il compimento della riforma degli Istituti tecnici. Le proposte verranno presentate anche al Governo per trovare sbocco legislativo. «L'obiettivo - spiega la Marcegaglia - è fare di tutto perché i giovani non siano più i grandi esclusi di questo Paese».

Libere professioni

Buio pesto anche nelle libere professioni. Il giornalismo, la medicina, l'avvocatura e il notariato hanno tempi di accesso lunghissimi; per di più stage, tirocini gratuiti e condizioni di estremo precariato o sotto-occupazione si susseguono senza soluzione di continuità fino a oltre 40 anni. Qualche esempio: l'età media dei praticanti giornalisti è di 36 anni; i medici sotto i 35 anni sono poco meno del 12%, mentre i 35-39enni, rispetto a 11 anni fa, sono diminuiti del 13,8%. Gli avvocati, pur iscritti all'albo, sono a loro volta costretti per anni e anni a un ruolo umiliante di passacarte, e tra i notai due su dieci sono figli d'arte.

Giovani senza lavoro: ma dipende sempre dagli altri?

In Germania all’età di 18 anni la quasi totalità dei giovani esce dalla famiglia: per studiare lontani, mantenendosi spesso con piccoli lavori, o iniziare un’esperienza lavorativa. Certo la famiglia è sempre un paracadute pronto a salvarli dai fallimenti, ma i ragazzi che “tornano” a casa sono una percentuale bassissima. Stessa cosa negli Usa, in Gran Bretagna, in Francia, ecc... Lo sanno bene anche tutti i giovani italiani che hanno vissuto per un periodo all’estero, dove certo non affrontavano la vita con la passività che magari avevano in Italia.
è vero che il sistema italiano è meno meritocratico, più nepotista, più governato dai “vecchi”, ma quanta energia, quanta creatività dedicano i ragazzi italiani alla ricerca del lavoro? Quanto sono disposti a rischiare? Quanto davvero conoscono le proprie potenzialità?

Stipendio più basso

Lavori meno qualificanti, minori possibilità di emergere, retribuzioni più basse: se nel 2003 il guadagno medio lordo di un giovane d'età compresa tra i 24 e i 30 anni - si legge nel rapporto del Forum Nazionale dei Giovani e del Cnel in collaborazione con Unicredit Group - era di 20.252 euro, rispetto ai 25.032 euro percepiti dagli over50, nel 2007 il divario si è significativamente ampliato: a fronte dei 22.121 euro corrisposti agli under30, i 51-60enni hanno percepito una retribuzione media lorda di 29.976 euro.

Politica

I neoparlamentari hanno un'età media di 51 anni. Dal 1992 a oggi i deputati under35 non hanno mai raggiunto la soglia del 10% degli eletti, fatta eccezione per la XII° Legislatura nella quale costituivano il 12,4%. Tra i partiti la Lega Nord, unica eccezione, presenta un 20,1% di eletti tra gli over35 contro l'11,4% tra i 25-35enni; per gli altri partiti la percentuale di eletti in età matura è quasi il triplo (47,4%). E quindi i giovani sino ai 25 anni, che costituiscono il 18,7% della popolazione maggiorenne, hanno una rappresentanza pari solo a un terzo dell'incidenza effettiva sugli elettori.

Sotto i 35 anni, 1 su 2 è precario

Oltre un collaboratore su due con meno di 35 anni è precario: secondo l'Istat, il 73,1% dei giovani che alla fine del 2006 erano assunti con un contratto di collaborazione, dopo un anno erano ancora nella medesima posizione. Ovviamente, chi lavora per 10 anni a progetto, come collaboratore o a tempo determinato, ogni volta è costretto a ricominciare dalla base della piramide, rimanendo escluso dalle posizioni di vertice.

Vecchi prof

Il mondo accademico somiglia sempre più ad un ospizio: tra i professori ordinari l'età media è di 59 anni. Nel dettaglio, la metà dei professori di prima fascia ha superato i 60 anni e circa 8 docenti su 100 (7,6%) hanno compiuto i 70 anni. Non va meglio per le fasce più basse: l'età media dei professori associati è di 52 anni e quella dei ricercatori è di 45. Solo il 3,4% di chi ottiene un dottorato di ricerca, infine, ha meno di 28 anni.

di Maurizio Targa

carta igienica

Una storia tenera e drammatica, come è tutto ciò che capita nelle scuole di questo nostro Bel Paese.

In alcune classi, dove ci sono alunni da pochi giorni nel nostro paese, la comunicazione è quasi impossibile per la distanza della lingua. Mi sono servito spesso del traduttore di google per un primo approccio e il sorriso amichevole di chi comprende l’ho visto disegnarsi sul loro volto. È bellissimo.
Peccato che il collegamento nella scuola è abusivo, o meglio è un wifi non criptato. Quando riuscirò a scoprire il proprietario lo ringrazierò per il prezioso servigio fornito alla scuola.

Abbiamo provato all’inizio dell’anno scolastico a diffondere la copertura wifi nella scuola per attivare lezioni multimediali, come la famosa lavagna interattiva del Ministero della Pubblica Istruzione, che altro non è, se non un proiettore, uno schermo pilotato da un computer. La risposta è la solita: non ci sono fondi. Per il progetto “copertura wifi” non sarebbero servite grosse cifre.

Questa mattina hanno bussato alla porta durante la lezione. Era il bidello, informava gli alunni che abbiamo esaurito la carta igienica…
…e io volevo il wifi…
Gabriele Sozzani lunedì 25 gennaio 2010
link:
http://gabrielesozzani.blogspot.com/2010/01/carta-igienica.html

La Scuola pubblica vista "nemica" da uno Studente di Liceo alla vigilia dell' Esame di Maturità 2009

I dati parlano chiaro: 28.000 studenti non ammessi all'esame di Maturità, il 50% in più rispetto allo scorso anno.
Tutto 'merito' del ministro più contestato degli ultimi anni, Mariastella Gelmini, soprannominata dagli studenti italiani Maria 'Star' Gelmini, per la sua totale indifferenza nei confronti delle manifestazioni studentesche contro i suoi provvedimenti. Manifestazioni che quest'anno sono arrivate a mobilitare anche più di un milione di persone tra studenti e professori nella sola città di Roma. Oltre ai numerosi tagli operati nella scorsa finanziaria e gli inutili provvedimenti per "ridare serietà alla scuola pubblica", alcune norme da lei introdotte hanno portato a questo esponenziale aumento dei non ammessi all'esame di stato (oltre a un raddoppiamento dei bocciati alle medie e un numero molto maggiore di studenti con debiti ai licei). Tra questi provvedimenti, i più duri da digerire sono l'obbligo di avere la media del 6 per essere ammessi agli esami e la bocciatura automatica con il 5 in condotta. Non trovo assolutamente giusto che due cambiamenti cosi significativi possano essere introdotti ad anno scolastico già inoltrato e debbano gravare sui ragazzi dell'ultimo anno, abituati nei 4 anni trascorsi nella scuola ad un minore rigore sui voti. Ma evidentemente il 6% di non - ammessi non era sufficiente per lei: infatti per gli studenti che dovranno dare l'esame il prossimo anno, Maria 'Star' ha in serbo un ulteriore inasprimento delle regole: per essere ammessi alla Maturità bisognerà avere il 6 in tutte le materie, obbligatorio e senza possibilità di medie. Personalmente in questi ultimi anni ho notato solo uno spacco sempre più profondo nella scuola, in seguito ai provvedimenti della Gelmini e alla riforma Fioroni: le scuole pubbliche si stanno svuotando.
Nel mio liceo (pubblico), negli ultimi due anni siamo passati da una media di 900 studenti complessivi a una media di 700. Molti miei amici e compagni si sono trasferiti in scuole private, costose ma di manica larga con i voti. Ragazzi che prima rischiavano il debito nel mio liceo, appena passati alle scuole private hanno iniziato a prendere tutti 8 e 9 nelle materie in cui prima zoppicavano, senza ovviamente cambiare metodo di studio o studiare di più. Anche molti ragazzi della mia scuola che quest'anno non sono stati ammessi agli esami cambieranno scuola, passando a una privata. Tutto questo processo secondo me porterà ad un unico risultato: si creerà, e si sta già creando, un enorme divario tra chi vuole studiare e chi non vuole o non riesce a farlo. Infatti, continuando di questo passo, nella scuola pubblica rimarrà solo chi è molto portato in tutte le materie e ha buone attitudini allo studio, mentre chi arranca in qualche materia, chi ha dei problemi a studiare e chi non ha una spiccata capacità di apprendimento sarà costretto a passare in scuole private o paritarie dove la promozione è garantita dalla retta pagata e dalle donazioni alla scuola. La mia opinione è che la scuola pubblica dovrebbe dare a tutti le stesse possibilità ed aiutare chi è in difficoltà in qualche materia, e non, come succede oggi, rinunciare a chi è in difficoltà, punendolo e bocciando, senza nemmeno provare a recuperare questi ragazzi. Spero che la Gelmini, dopo aver perso credibilità più volte nel corso del suo mandato che dura da appena un anno (l'ultima di queste gaffe è stata oggi, quando si è scoperto che uno degli allegati per una traccia dei temi della maturità riguardava il '68 e la sua cultura, quando appena ieri Maria 'Star' aveva dichiarato "La scuola buonista del '68 è stata archiviata"), verrà presto rimpiazzata da qualcuno più competente in materia di scuola, che sappia fare riforme che premino sì i meriti, ma che aiutino seriamente a recuperare chi è in difficoltà. Qualcuno che riesca a far capire il valore dell'istruzione e della cultura ai ragazzi della mia età, che non sanno più quali sono i valori da seguire e non sanno più pensare con la loro testa, merito della 'tivù spazzatura', del 'grande esempio moralmente formativo' dato da alcuni politici nell'ultimo periodo e di una scuola vista come 'nemica'.
luca92

fonte: diregiovani.it

Un'interessante proposta del Ministro Bondi per gli Insegnanti in esubero

E' una di quelle notizie che fanno saltare sulla sedia. Il Ministro dei Beni Culturali Bondi ha proposto, nel quadro della riforma del suo ministero, di utilizzare anche gli insegnanti in esubero (ovviamente con il loro accordo e d'intesa col ministero dell'Istruzione). La prima immagine che viene alla mente è quella di un insegnante seduto su una sedia a controllare i visitatori nella sala di qualche museo ma leggendo meglio la proposta emerge qualcosa di meno pessimistico.

(dal Corriere della Sera.it) "Questo è il pacchetto di proposte per il futuro dei Beni culturali firmato ieri dalla Uil-Beni culturali. La prima novità, che riguarda gli insegnanti, viene direttamente dal ministro Sandro Bondi che l'ha messa sul tappeto commentando il materiale prodotto dalla Uil: «Vorrei discutere col ministro Gelmini la possibilità di impiegare gli insegnanti in esubero nei musei e nella valorizzazione del nostro patrimonio artistico e ambientale. Potrebbero essere utilizzati anche come dirigenti di strutture se non addirittura di musei». Un'idea, quella di Bondi, che nasce da una considerazione: il personale dei beni culturali scarseggia, alcuni insegnanti invece potranno essere più numerosi del necessario."

Beh... direi che, a queste condizioni,  la cosa può essere molto interessante, se riguarda la direzione di strutture appartenenti ai Beni Culturali o dei Musei. Speriamo sia la volta buona che gli insegnanti vengano valorizzati per quello che meritano.

In crescita i giovani che dopo l’obbligo non proseguono gli studi, né trovano un impiego

Preccupante rapporto dell'Istat sull'occupazione, soprattutto quella giovanile che dopo la scuola dell'obbligo non prosegue gli studi superiori e, se lo cerca, non trova neanche lavoro.

(daFTAonline) In Italia, come in Europa, sembra non conoscere fine la caduta dell’occupazione. Se i dati di novembre erano stati i peggiori da molti anni a questa parte, quelle di dicembre hanno evidenziato un ulteriore scivolone. In questo contesto di difficoltà generalizzata, certo non sorprendono i numeri che dipingono le difficoltà nel rapportarsi al mondo del lavoro dei giovani italiani di età compresa tra i 19 e i 29 anni.

Occupazione mai così in basso dal 2004
A dicembre, la disoccupazione in Italia è salita a quota 8,5%, toccando il livello massimo dal 2004. Secondo i dati raccolti dall’Istat, nell’ultimo mese dello scorso anno gli occupati, nel nostro Paese, sono stati 22 milioni e 914mila (306mila unità in meno rispetto al dicembre 2008). Numeri simili equivalgono a dire che il tasso di occupazione italiano è pari al 57,1% (1,1% in meno rispetto a dicembre 2008), mentre le persone in cerca di lavoro sono 2 milioni e 138mila. Guardando all’andamento del mercato del lavoro, l’agenzia di rating Fitch ha stimato che in Italia il tasso di disoccupazione, nel 2010 e 2011, continuerà a crescere, mantenendosi tra il 9 e il 9,5%, con effetti particolarmente negativi su giovani, stranieri e lavoratori con contratti temporanei.

La generazione né-né
Tali numeri assumono un aspetto ancora più fosco se li si incrocia con altre statistiche derivanti da un’indagine del ministero del Lavoro a proposito del rapporto dei giovani italiani con il mondo del lavoro. Le rilevazioni, infatti, hanno messo in luce come in Italia il 9% dei ragazzi tra i 19 e i 29 anni dopo la licenzia media, nel 2009, non abbia né proseguito gli studi, né trovato un’occupazione. La generazione “né-né”, come è stata etichettata, è particolarmente presente nel Mezzogiorno: nelle regioni del Sud, infatti, il fenomeno tocca picchi del 15%; il che equivale a dire che su 3 milioni di ventenni che vivono al Sud, quasi mezzo milione non ha continuato la formazione dopo la scuola dell'obbligo pur non avendo un'occupazione.

Nel budget 2010 dei Conti Pubblici meno fondi alla Scuola

Tanto per cambiare nel 2010 saranno stanziati meno fondi alla Scuola. In particolare per l’istruzione scolastica si prevedono stanziamenti in calo del 2% (da 16,5 miliardi del 2009 a 15) concentrati soprattutto nella fascia della scuola secondaria. Per contro vi sarà un forte incremento degli stanziamenti per l’istruzione universitaria ma legati per la maggior parte ai fondi destinati agli istituti di alta cultura. A Ricerca e Innovazione vanno 75,5 milioni in più.
Stretta anche (-38,5%, -670 milioni) per le spese generali della Amministrazioni Pubbliche. Il costo del personale pubblico, tra retribuzioni e altre uscite, ammonta 79,9 miliardi, in lieve calo sul 2009.

Queste sono le novità contenute nel Budget dello Stato per il 2010, pubblicato oggi dalla Ragioneria generale dello Stato, da cui emergono anche più fondi destinati a sicurezza, ambiente e giustizia.

Meno Quantità e più Qualità nella riforma delle Superiori del Ministro Gelmini

Ancora una volta viene sbandierata una riforma “in stretto accordo con insegnanti e addetti ai lavori" come dice Silvio Berlusconi. Ed io ribadisco: chi sono questi insegnanti ed addetti ai lavori che hanno collaborato alla stesura di questa riforma? Esistono veramente o è un bluff per mettere un sigillo di condivisione ad un’iniziativa unilaterale e dirigistica? E poi, che fine ha fatto il Liceo Tecnologico?

( da periodicoitaliano.info) “Il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, non si è lasciata scoraggiare dagli scioperi e dalle contestazioni degli studenti e non ha alcuna intenzione di arrestare la sua opera riformatrice: “Più matematica, scienze e lingue straniere. Latino obbligatorio nei licei Classico, Scientifico, Linguistico e delle Scienze umane. Relazioni più strette con il mondo del lavoro e con l’università” ha dichiarato entusiasta. E questo sarà solo l’inizio per una delle Riforme del centro - destra che si preannunciano rivoluzionarie. La Gelmini ha già espresso il suo “No” a una scuola - parcheggio di studenti: ecco perchè l’obbligo d’istruzione è stato abbassato da 16 a 15 anni. Il ministero vuole offrire la possibilità di lavorare a chi non ama studiare, rendendosi dunque utile alla società e all’economia del nostro Paese. Il ministro, con il consenso del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha inoltre annunciato il via libera del Governo alla Riforma dele scuole superiori, Licei ed Istituti tecnici e professionali: “E’ un passo epocale che verrà attuato dal prossimo anno”, ha dichiarato. Ma non potevano mancare gli allarmismi: la senatrice del Pd, Mariapia Garavaglia, ha gridato subito allo scandalo, temendo una nuova Riforma Gentile del 1923, promulgata durante l’epoca fascista.
Sonora la risposta di Silvio Berlusconi: “La verità è che una riforma organica delle superiori era attesa da decenni. E il fatto che a vararla sia un Governo di centro - destra rappresenta per la sinistra una bruciante sconfitta. Con queste riforme, dal prossimo anno scolastico avremo delle scuole che potranno essere comparate a quelle dei Paesi europei più avanzati”. Una riforma avanzata, in stretto accordo con insegnanti e addetti ai lavori: leggi per il popolo e con il popolo. Secca la risposta del Ministro Gelmini alle critiche avanzate dall’opposizione: “La sinistra è allergica alle riforme e rappresenta solo la conservazione e la difesa a oltranza dell’indifendibile. La scuola cambia e non sarà più un ammortizzatore sociale”. Per il Presidente dell’Associazione nazionale Presidi, Giorgio Rembado, è una “riforma necessaria e ineludibile”.
Tra le novità: riduzione dell’orario delle lezioni, gli studenti italiani sono quelli che trascorrono più ore tra i banchi di scuola, ma con risultati scarsi. Da 1089 ore annue scenderemo a 977 (media Unione Europea);. Nei Licei: basta indirizzi sperimentali e progetti fittizi. I licei saranno solo sei. Nell’Artistico dominano sei indirizzi: arti figurative, architettura e ambiente, audiovisivo e multimedia, design, grafica e scenografia. Al Liceo classico più matematica e una lingua straniera. Al Liceo scientifico tre lingue straniere e potenziamento delle discipline matematiche. Ma le novità più attese sono il Liceo musicale e coreutico (“Sarà obbligatiorio studiare la mia musica e quella del maestro Apicella” ha ironizzato il nostro presidente del Consiglio) e il Liceo delle Scienze umane, che sostituisce il vecchio Liceo sociopedagogico.
Per gli istituti tecnici e professionali, la Gelmini promette che “non sarà istruzione di serie B”. Anzi, “sarà la migliore risposta della scuola alla crisi e favorirà il contrasto della dispersione scolastica”. Più ore di laboratorio, più stage, tirocini e alternanza scuola - lavoro. Perchè se tempo fa la scienza si affermò grazie alla tecnica, oggi il mondo del lavoro, per progredire, ha bisogno di tecnici e professionisti di alto livello. Non solo intellettuali da Liceo, dunque.

Fabio Giuffrida