L’AESPI (Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante) propone di eliminare il fondo di istituto e, con i
risparmi ottenuti, incrementare le retribuzioni. In questo modo i docenti
potrebbero contare su un incremento di 115 euro mensili.Ecco la proposta nel
dettaglio.
E’ questo tempo di risparmi, e la Scuola deve fare la sua
parte.
Bando, dunque, alle difese corporative di interessi
particolaristici: si mettano in primo piano le necessità dell’intera Comunità
Nazionale.
Ben consapevole della problematica realtà che si sta
attraversando, l’AESPI ha elaborato una proposta la quale si propone di venire
incontro alle esigenze della spending review cara all’attuale Governo. Poiché,
però, essa è e rimane un’associazione intesa alla riqualificazione
professionale ed anche economica dei docenti italiani, tale proposta si muove
anche in questa direzione, combinando armoniosamente rigore e sviluppo.
L’idea sottesa alla proposta è una sola, autentico e fulgido
uovo di Colombo da cui derivano alcune implicazioni assolutamente necessarie
quanto virtuose, che andremo di seguito ad evidenziare.
A quanto ammonta, complessivamente, il finanziamento annuale
del fondo dell’istituzione scolastica, a suo tempo istituito contestualmente
alla legge sull’Autonomia?
Tenuto conto delle sue diverse voci (quota base, quota
concessa per particolare complessità scolastica, ecc. ecc. ecc.) l’importo si
aggira intorno ai 150 milioni di euro. Una cifra, come si vede, non imponente
ma neppure trascurabile.
Ora, la nostra proposta è che il fondo venga senz’altro
abrogato, e che la metà di esso venga inglobata nella RPD (retribuzione
professionale docenti). Dividendo la somma così impegnata (75 milioni) per il
numero degli insegnanti Italiani (circa 670.000, secondo le stime ufficiali) si
ottiene la cifra di 115 euro, che in tempo di carestia è tutt’altro che
disprezzabile.
I restanti 75 milioni costituirebbero il risparmio per la
Pubblica Amministrazione, con profitto del Bilancio dello Stato anche tenuto
conto delle prescrizioni che l’Europa non cessa di indirizzarci.
Ma il vantaggio dell’operazione non è – come dicevamo –
esclusivamente di natura finanziaria. Esso si determina anche in ordine alla
stessa qualità della prestazione professionale nonché delle relazioni umane fra
i colleghi, come chi avrà la pazienza di seguirci potrà facilmente comprendere.
Di che genere sono le attività incentivate dal “fondo”?
Meramente burocratiche o, comunque, tali da non aver nulla a che vedere con
l’attività didattica. Accoglienza, salute, organizzazione delle gite
scolastiche, composizione delle classi, conferenze sulla vivisezione, danza,
teatro, chitarra, corsi di capoeira.
Attività, come si vede, che distraggono il docente da quelle
che sono, o dovrebbero essere, le sue attività istituzionali: la preparazione
delle lezioni, l’attività didattica in classe, la correzione degli elaborati.
Dunque la loro scomparsa, con contestuale affidamento al personale di
segreteria di quanto di sua competenza, permetterebbe agli insegnanti di
concentrarsi sui fondamentali della professione, migliorando il proprio rendimento
e, per conseguenza, la preparazione degli studenti.
Contestualmente l’estinzione della miriade di “commissioni”
“progetti” e “figure” legate ad incombenze organizzative ed impiegatizie
farebbe crollare i tanti potentati che nelle scuole si costruiscono su
fondamenta a-culturali: ci si riferisce a quelle piccole ma tracimanti
oclocrazie cui la maggior parte dei docenti non sa o non vuole opporsi,
offrendo ai loro stessi allievi spettacolo di pusillanimità invece di educarli
all’auspicabile libera fortezza d’animo.
Se poi si considera che questi potentati sono sovente
allocati in aule a loro riservate – autentici sancta sanctorum ai quali al
docente peone non è dato accedere – ben si comprende il vantaggio di recuperare
locali scolastici al loro utilizzo istituzionale, vale a dire ad ospitare gli
studenti con i loro insegnanti.
Quanto alle relazioni umane fra colleghi, tutti noi docenti
sappiamo quanto esse vengano compromesse dalle dispute economiche collegate
alla gestione del “fondo”. Invidie, maldicenze e ripicche sono le abituali
conseguenze della distribuzione del salario aggiuntivo. Per quanto ci si voglia
ispirare a criteri di merito ed equità, ci sarà sempre chi mormora e sparge
veleno, con nocumento della buona armonia all’interno dell’istituzione
Corollario dell’abrogazione del fondo, infine, sarebbe la
sparizione delle RSU. Non essendoci alcun salario accessorio da distribuire,
infatti, i sindacalisti d’istituto resterebbero in quanto tali disoccupati e
potrebbero di conseguenza concentrarsi sulle attività loro proprie: le lezioni,
se docenti; pulire le aule, se bidelli. Non si tratta di un vantaggio di poco
conto: assai sovente, infatti, la Rappresentanza Sindacale intavola trattative
col tipico piglio del sindacalista metalmeccanico, coinvolgendo la “categoria”
(così nomata nelle more della contrattazione d’istituto) in accanite quanto
invereconde battaglie con i dirigenti per la distribuzione di grami spiccioli.
Non si terrebbero più, ad esempio, estenuanti contrattazioni per “incentivare”
il docente che ha più “buchi” nell’orario di servizio, o quello che per
raggiungere la sede disagiata è costretto a utilizzare “ben due mezzi di
trasporto, bagnandosi in caso di pioggia” (di tale angusto tenore sono infatti,
quasi sempre, i contenuti delle trattative sindacali a scuola).
Cessate le questioni economiche, la RSU diventa afasica,
anzi defunge di sommessa eutanasia, senza la necessità di una legge abrogativa
ad hoc che impegni i partiti e il Parlamento in verbose e logoranti diatribe:
da ciò si evince che la nostra proposta ha conseguenze positive a cascata su
differenti piani della vita sociale e politica, a prescindere dal guadagno per
la dignità e il decoro dell’istituzione scolastica che ne costituisce la stella
polare.
Risparmio, dunque, coniugato a professionalità. Rigore, ma
finalizzato alla dignità della Scuola italiana. L’AESPI consegna questa sua
modesta proposta alla riflessione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici,
nonché – se non è ambizione eccessiva – delle autorità di Governo, affinché ne
facciano oggetto di compiuta riflessione, in una prospettiva di mutua
collaborazione fra le componenti del corpo sociale.
Il Presidente dell’Associazione Europea Scuola e
Professionalità Insegnante
Prof. Angelo Ruggiero